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Era stato scarcerato alcuni giorni fa da una prigione di Dakar per le elezioni. Il capo di stato uscente aveva cercato invano di rinviarle a fine anno, scatenando proteste

In Senegal ha vinto le elezioni presidenziali il candidato anti-sistema Bassirou Diomaye Faye (in foto).
Domenica scorsa Faye ha superato con largo vantaggio, il 54, 28% dei voti, il candidato di governo, Amadou Ba (che ha preso il 35,79% delle preferenze). La vittoria di Faye, che solo 10 giorni prima delle elezioni si trovava in carcere è stata celebrata da centinaia di sostenitori che si sono riversati nelle strade della capitale Dakar e nel quartier generale del partito, i Patrioti africani del Senegal per il lavoro, l'etica e la fraternità (Pastef), formazione che aveva dovuto nominare il candidato dopo l'esclusione del leader Ousmane Sonko, squalificato dalla corsa in seguito a una sentenza emessa dal Consiglio costituzionale lo scorso gennaio. Una folla di ragazzi festanti a piedi e in motorino hanno percorso le strade di Dakar intonando "alla presidenza!", mentre almeno sette dei candidati si sono pubblicamente congratulati con Faye alla luce delle prime indicazioni emerse dal conteggio dei voti, ancora in corso. I risultati ufficiali del voto non dovrebbero essere resi noti prima della fine della settimana. Al voto di domenica si sono presentati un totale di 19 candidati, ammessi a partecipare dal Consiglio costituzionale dopo la crisi politica aperta a febbraio con il rinvio del voto - inizialmente fissato per il 25 febbraio - annunciato dal presidente uscente Macky Sall. Fra loro c’è una sola donna, Anta Babacar Ngom, considerata senza possibilità di vittoria ma alla quale viene tuttavia riconosciuto il merito di portare avanti la bandiera della lotta per la parità di genere. Fra i grandi assenti mancano a queste presidenziali il principale rivale del presidente Sall, Ousmane Sonko, da poco uscito dal carcere grazie alla legge di amnistia approvata il 6 marzo dall'esecutivo nel tentativo di calmare gli animi, e Karim Wade, figlio dell'ex presidente Abdoulaye Wade, escluso dalla corsa presidenziale perché accusato di essere in possesso di una seconda nazionalità francese (da lui rinnegata), che impedisce ad un candidato di ricoprire una carica elettiva. In aperta contestazione con l'esclusione del loro leader, il Partito democratico del Senegal (Pds) ha chiesto di recente alla Corte suprema di annullare le elezioni del 24 marzo, mozione che è tuttavia stata respinta perché ritenuta infondata. Per quanto riguarda Sonko, l'oppositore è stato squalificato dalle elezioni presidenziali in seguito a una sentenza emessa dal Consiglio costituzionale lo scorso gennaio.
Arrivato terzo alle presidenziali del 2019, il politico ha vissuto una lunga trafila giudiziaria, con una condanna in appello a sei mesi di reclusione per "diffamazione e insulto pubblico" nei confronti del ministro del Turismo, Mame Mbaye Niang (da lui accusato di appropriazione indebita), fino ad una condanna a due anni di carcere per presunti abusi sessuali nei confronti di una ragazza. Il suo partito, il (Pastef), ha designato al suo posto Bassirou Diomaye Faye - anche lui scarcerato grazie all'amnistia - come candidato alla presidenza. Un discorso a parte meritano l'ex premier Idrissa Seck e l'ex sindaco di Dakar Khalifa Sall (il quale non ha alcun rapporto di parentela con il presidente uscente). Primo ministro sotto il presidente Abdoulaye Wade, Seck si candida per la quarta volta alla carica suprema dopo il 2007, il 2012 e il 2019. In quest'ultima tornata elettorale era arrivato secondo, entrando poi a novembre del 2020 a far parte della maggioranza presidenziale. Dal canto suo, Khalifa Sall, ex sindaco della capitale, era dato tra i favoriti per il voto. Condannato nel 2018 a cinque anni di carcere per i reati di frode e appropriazione indebita di fondi pubblici, il leader della coalizione Taxawu Senegal non ha partecipato alle ultime elezioni presidenziali ma, nonostante i suoi trascorsi con la giustizia, si è posizionato bene nelle prospettive di voto dei senegalesi.
Lo scorso 7 marzo il Consiglio costituzionale del Senegal aveva fissato al 24 marzo la nuova data per le elezioni presidenziali. La sentenza ha posto fine a oltre un mese di incertezza, aggravata dall'ipotesi - temuta dalle opposizioni - di un prolungamento al potere di Sall in attesa del nuovo voto. Nell'annunciare la risoluzione, i membri del Consiglio hanno ribadito che "fissare la data delle elezioni oltre la durata del mandato dell'attuale presidente della Repubblica e' contrario alla Costituzione", ricordando che non era quindi possibile farlo oltre il 2 aprile, come inizialmente prospettato dal capo dello Stato. In una precedente comunicazione, il Consiglio aveva denunciato a questo proposito "l'inerzia" dell'esecutivo nel fissare una nuova data per il voto. Il clima politico in Senegal e' rimasto comunque all'insegna del sospetto nei confronti delle reali intenzioni del presidente uscente, il quale di recente ha affermato di non avere rimpianti per i suoi tentativi di rinviare le elezioni presidenziali. In un'intervista concessa alla Bbc, Sall ha sostenuto che la decisione di rinviare il voto non e' stata presa unilateralmente, ma era dovuta a preoccupazioni elettorali sollevate dai membri del parlamento. "Non ho scuse da porgere, non ho fatto nulla di male. Vi parlo come presidente della Repubblica. Tutte le azioni che sono state intraprese lo sono state nel quadro della legge e dei regolamenti", ha dichiarato.

Fonte: Agenzia Nova

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