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10di Aaron Pettinari - Foto e Video
Per Scarpinato il potere nelle mani della “mafia mercatista”

“I mandanti esterni? Basterebbe leggere le sentenze dei giudici per comprendere che ci sono. Ci sarebbe anche la speranza per dare loro un nome e cognome ma manca in questo momento storico la volontà, al di là di quello che si dice agli anniversari, di cercare queste verità. In questo momento storico il completamento di questo percorso di verità è rimasto sulle spalle di pochi magistrati ed investigatori che pagano la loro pretesa di continuare ad indagare su quella stagione con un prezzo altissimo: la solitudine e la delegittimazione. La Procura di Palermo, con il processo sulla trattativa, ha portato alla sbarra contemporaneamente mafiosi riconosciuti come Riina, Bagarella e Brusca, esponenti politici, delle istituzioni e della polizia. Quel processo è diventato il bersaglio preferito da colpire perché è il simbolo della pretesa della magistratura di fare luce a 360 gradi. Quel processo è stato additato come bersaglio anche con il comportamento tenuto dall’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano".Antonino Di Matteo, sostituto procuratore nazionale antimafia, ha risposto così alla domanda secca di Gianni Barbacetto durante la Festa del Fatto Quotidiano al parco della Versiliana di Marina di Pietrasanta. Ospite, oltre a lui, anche il Procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato che ha immediatamente rafforzato il concetto: “Il pentito Spatuzza ci parla di un uomo presente nella fase di preparazione alla strage di via d'Amelio che non era di Cosa nostra mentre Mario Santo Di Matteo è stato intercettato mentre in carcere parlava con la moglie che gli chiedeva di non parlare degli infiltrati della polizia nella strage. Molti detenuti di mafia sono pienamente al corrente sui nomi degli strateghi politici di quanto avvenuto nel 1992 e nel 1993 ed anche sull'identità degli escutori materiali altri. Non parlano perché attendono di sapere quel che accadrà sul piano politico. E il rapporto di forza macro politici non sono rassicuranti per far dire loro quel che sanno”. Scarpinato ha ricordato dunque i casi del mancato collaboratore di giustizia Luigi Ilardo, ucciso pochi giorni prima che venisse ufficializzata la sua collaborazione con la giustizia e che aveva annunciato di voler parlare anche di importanti soggetti istituzionali, oppure quello di Antonino Gioé, morto “suicida” in carcere in circostanze tutt'altro che chiare.

dimatteo versiliana 2017

25 anni di verità parziali
I due magistrati, stimolati dal giornalista del Fatto Quotidiano, hanno passato in rassegna una serie di fatti avvenuti in questi venticinque anni che ci separano dalle stragi e dalle indagini milanesi su Tangentopoli. Anni di mancate verità anche se non è vero che niente è stato fatto, così come qualcuno vorrebbe insinuare. “Non sono stati 25 anni solo di menzogne e bugie – ha ricordato il pm Di Matteo – Sentenze ci spiegano chiaramente che quelle stragi non sono state solo di mafia e pochi oggi vogliono parlare o riflettere su sentenze come quella che ha visto la condanna di Marcello Dell'Utri che sancisce in maniera definitiva il dato che l'ex senatore, tra i fondatori del partito Forza Italia è stato riconosciuto il tramite per la stipula ed il mantenimento di un accordo, intervenuto nel 1974 e rispettato fino al 1992, tra l'allora imprenditore e poi Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi e le famiglie mafiose palermitane. Una sentenza che a livello politico non sembra avere un peso se si considera che ancora oggi proprio Berlusconi è un attore importante della politica italiana”. Ma cosa è avvenuto in questi 25 anni? Che correlazione c'è tra mafia e corruzione? E' Scarpinato a tracciare un quadro significativo sui cambiamenti politici internazionali che sono avvenuti tra la fine degli anni Ottanta ed i primi del Novanta. “Con la caduta del muro di Berlino e la fiine dell'Unione Sovietica finisce il bipolarismo internazionale che aveva ingessato l'Italia in una vera e propria camicia di forza. Fino a quel momento il sistema di potere era funzionale al contrasto all'ascesa della sinistra ed in quel momento si è di fatto aperto un vuoto di potere. E le stragi sono il modo scelto per interferire nuovamente sul corso della storia italiana degli anni avvenire”.


La forza del Sistema criminale integrato
Entrambi i magistrati hanno spiegato le trasformazioni che la mafia ha avuto nel corso degli anni interagendo sempre di più con il potere. “Riina diceva è necessario fare la guerra per poi fare la pace – ha ricordato Di Matteo – così intendeva giocare un ruolo decisivo negli assetti del potere mafioso, politico ed imprenditoriale e questa strategia ha inizio con la morte di Salvo Lima nel marzo 1992.Per questo è importante capire cosa è avvenuto in quel tempo, ciò che avvenne nel 1993 e cosa accadde nel 1994 quando all'improvviso le stragi si sono fermate”. “Le stragi degli anni 'Novanta – ha ribadito Scarpinato – sono il prolungamento di quella strategia della tensione che si era sviluppata in precedenza negli anni Settanta. Un certo sistema di potere temeva quel che sarebbe potuto accadere qualora di fosse presentato un governo con Falcone ministro della Giustizia e Violante ministro degli Interni. Così Cosa nostra diviene braccio armato”. Scarpinato ha anche fornito alcuni spunti di riflessione su una figura come Elio Ciolini, implicato nella strage di Bologna, che con una lettera anticipa quel che sarebbe avvenuto nei mesi successivi ovvero le stragi di Capaci, via d'Amelio e quelle in Continente. Medesime informazioni che vennero divulgate dall'agenzia di stampa “Repubblica” (vicina ai servizi segreti) che “48 ore prima della strage di Capaci annunciò il Grande botto”.

scarpinato versiliana 2017

Mafia mercatista o “Mafia 2.0”
Durante il dibattito il tema si è spostato anche sui nuovi rapporti che la mafia ha con il mondo della politica e dell'economia. Rapporti sempre più stretti e che si concretizzano anche grazie al fenomeno sottovalutato della corruzione. “Contro la corruzione si è fatto poco o nulla – ha affermato il Pg Scarpinato – Questo è oggi il principale elemento di penetrazione delle mafie nelle istituzioni perché non si ricorre più alla violenza. Per capire la gravità della situazione basta osservare il numero di carcerati per fenomeni di corruzione che sono veramente irrisori con tempi di prescrizione dei reati che sono minimi e che garantiscono un'effettiva impunità”. “La mafia è cambiata così come è cambiato il Paese sul piano sociale – ha proseguito – Oggi il dibattito sulla mafia è post datato, si continua a guardare la mafia di oggi con gli occhi della Prima Repubblica. La mafia è inevitabilmente cambiata perché quel sistema non c’è più. Si continuano a fare dibattiti su Riina e Provenzano, che però appartengono a una mafia che è in fase terminale. Il discorso dell’antimafia comincia a non essere più percepito come prima. Prima la legalità era l’affermazione e la garanzia dei diritti, al lavoro, al salute, alla pensione. Nella Seconda Repubblica la legalità è diventata legalità sostenibile, nel senso che le leggi invece che darti diritti te li tolgono. Basti pensare a quello che è successo nel campo del lavoro”. Un ragionamento, quello del Procuratore generale, che si sposta anche a quanto avvenuto lo scorso anno con il Referendum costituzionale: “Hanno cercato di cambiare la Costituzione ma non ci sono riusciti, e siccome non ci sono riusciti la stanno svuotando dall’interno in primis togliendo il diritto dei cittadini di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento”.
Quindi è tornato sul concetto di “mafia mercatista”: “E' quella che si è evoluta e gestisce i veri affari in maniera elitaria. E' quella in grado di offrire beni servizi e porta capitalismo investendo capitali nel territorio. E' quella che offre sul libero mercato la libera contrattazione della droga, del gioco d'azzardo, della prostituzione e non è un caso se dal 2014 addirittura l'Europa dice che bisogna inserire certi traffici nel conto del Pil”. “La presenza di questa nuova mafia – ha concluso Scarpinato – è data da indagini come quelle della Procura di Reggio Calabria che ci parla dell'esistenza de 'La Santa'. Una struttura in cui vi sono solo alcuni membri della 'Ndrangheta che poi sono anche massoni e che hanno relazioni con altre organizzazioni. Siamo di fronte ad un'oligarchizzazione del potere in grado di influenzare anche le decisioni politiche. Così entrano nella cabina di regia, truccando le regole del gioco e manovrano miliardi da una parte e dall'altra”.

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