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di Sonia Cordella - 8 maggio 2015

Le vere istituzioni parlano con i cittadini messinesi durante il film-dibattito “La Trattativa”
É la 577° proiezione quella di Messina che vede protagonista il film “La Trattativa” di Sabina Guzzanti nelle sale delle città italiane. Il film del popolo, potremmo chiamarlo, perchè a volerlo vedere e diffondere sono proprio i cittadini italiani lontani dallo sguardo incattivito e minaccioso dei burattini del potere. La Multisala Apollo presso l'Auditorium Fasola ospita l'evento con la presenza attiva di Fabrizio la Scala, Loredana Pulizzi, Ninni Bruschetta registra teatrale e uno degli attori nel film, che hanno promosso l'evento in collaborazione con il Movimento Agende rosse di Messina (gruppo Graziella Campagna). Collegata anche una sala di Ferrara che trasmette in contemporanea lo stesso evento. Massimo Cavaleri, moderatore dell’incontro, presenta il dibattito al numeroso pubblico messinese dando la parola al sindaco della città Renato Accorinti, il quale si sofferma a sottolineare l'importanza di sapere e capire ciò che è accaduto nella recente storia italiana per poter insieme cambiare. “Facciamo sentire a Nino Di Matteo che non è solo” esorta Accorinti invitando tutti all'evento in cui verrà data la cittadinanza onoraria della città di Messina al magistrato più esposto d'Italia. “Non è uno scandalo come tutti gli altri quello della trattativa Stato-mafia, è l'atto fondativi della seconda Repubblica” afferma Sabina Guzzanti “il motivo per cui oggi ci ritroviamo in un paese al cento per cento mafioso non è solo perchè la mafia ha il controllo su tutto il territorio nazionale ma perchè la politica ha ormai da tempo adottato dei sistemi che sono mafiosi, a parte delle rare eccezioni, e continua sfrontata ed impunita a rubare” prosegue la regista del film sottolineando che il cambiamento dipende unicamente dalla consapevolezza, volontà e costanza dei cittadini. “Sabina con questo film ha rotto il silenzio degli intellettuali” sostiene l'avvocato Fabio Repici affermando che “la colpa dell'oscurità del biennio stragista ’92-'94 e soprattutto quello del 2011-2013 intorno al processo sulla trattativa Stato-mafia è un po' la colpa del silenzio degli intellettuali” citando tra gli esempi l'attacco di Eugenio Scalfari contro il potere autonomo e indipendente della magistratura. “Parlare di trattativa Stato-mafia per il cittadino comune è un po' un argomento tabù” asserisce il procuratore Sebastiano Ardita “bisognerebbe informarsi, leggere i giornali, si fa leva su questo diffuso sentimento di difesa - non si deve parlare di cose che mettono in discussione le istituzioni - e un po' si è creato un clima di criminalizzazione dello stesso argomento della trattativa” evidenzia il procuratore.

FOTOGALLERY © Antonella Morelli


“Falcone e Borsellino non erano persone che tutti amavano nella magistratura, non erano persone che tutti digerivano nell'ambito istituzionale, furono definiti professionisti dell'antimafia, Falcone fece un’esistenza tormentata, era un uomo che perse tutte le battaglie dentro e fuori il suo mondo” ricorda il giudice Ardita elencando le brucianti “bocciature” di Giovanni Falcone, così come Borsellino “emblema di una magistatura fortemente connotata da una dimensione di legge ed ordine, quindi di rispetto delle regole, che veniva avversata dai garantisti”, purtroppo ancora dopo 25 anni “molte volte attaccano la magistatura dopo aver magari ricordato Falcone e Borsellino. Chi si sente ferito da quelle morti oggi si rende conto che purtroppo c'è molta solitudine verso chi fa battaglie difficili, verso chi pensa di muoversi in sintonia con quello che era il loro modo di lavorare”. Ma ci sarà prima o poi la parola fine? “La parola fine ci sarà quando lo Stato italiano sarà composto da persone oneste e non corrotte” sostiene Giorgio Bongiovanni, direttore di Antimafia Duemila. “La parola fine ci sarà quando i governanti decideranno di dire la verità ai cittadini italiani, tutta la verità, in modo che questo paese diventi un paese veramente libero e democratico. La parola fine significa che un’intera classe dirigente attualmente al potere, di centro, di destra, di sinistra, deve andare quasi totalmente a casa. La parola fine potrà essere detta quando sapremo chi veramente ha ucciso Falcone e Borsellino e chi ha provocato le stragi. Nel processo sulla trattativa sta venendo alla luce chi ha provocato quelle stragi, perchè altrimenti la mafia o certi poteri non avrebbero condannato a morte il pubblico ministero simbolo di questo processo cioè Nino Di Matteo. Forse questo processo porterà a delle cose agghiaccianti e le indagini in corso ancora peggio, ecco perchè il pericolo c'è” conclude Bongiovanni. Il cambiamento parte dai giovani ed è di questo che parla Diego Giannetto in rappresentanza delle Agende rosse di Messina ricordando l'importanza di agire nelle scuole per poter creare una società migliore. “Abbiamo scelto di abbassare ogni riflettore e di parlare nelle scuole con i ragazzi” rivela anche Pasquale Campagna, fratello della giovanissima Graziella brutalmente uccisa il 12 dicembre '85 a soli 17 anni per essere casualmente venuta a conoscenza della identità di un boss mafioso. “Noi crediamo che i tempi possano diventare corti quando ognuno di noi farà la sua parte” asserisce il fratello di Graziella, “dobbiamo aiutare la magistratura e siamo noi civili a doverla aiutare perchè bisogna abbattere quel muro di paura e omertà”. Oltre alla famiglia Campagna è presente all'evento anche la famiglia di Attilio Manca, il cui caso oscurato da depistaggi e false dichiarazioni si intreccia con gli avvenimenti trattati nel “caldo” processo in corso a Palermo. “Commozione, emozione” rivela Angela, la mamma di Attilio, dopo aver visto il film, una donna esempio di grande forza e coraggio, così come lo furono altre vere donne siciliane come Agnese Borsellino o Felicia Impastato, “ma sento anche tanta indignazione al pensiero che ancora certi personaggi infedeli delle istituzioni continuino ad occupare certi posti. Ho provato una grande amarezza nel momento in cui ho visto il generale Mori che ha impedito di perquisire il covo di Provenzano, perchè ho pensato: mio figlio a quest'ora sarebbe stato vivo”.

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