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"Rieducazione in carcere per i mafiosi? Non può prescindere dalla rottura netta dei legami con l'organizzazione mafiosa e quindi con la collaborazione con la giustizia". A dirlo è il magistrato Alfonso Sabella intervistato nei giorni scorsi dalla rubrica "Informazione Antimafia". Da giovane era un convinto sostenitore dell'abolizione dell'ergastolo ostativo perché lo riteneva incompatibile con la Carta costituzionale, ma, dopo l'esperienza da pubblico ministero a Palermo (1993 - 1999), nel tempo cambiò idea. Sul Ministro Nordio, invece, aspetta non esprime un giudizio perché "siamo ancora alla fase dei proclami".

Ma è sulla dissociazione che il magistrato si è voluto soffermare, "una trattativa assolutamente accertata e documentale tra la mafia e lo Stato", ha detto. “Nell'aprile-maggio del 2000 il procuratore nazionale Piero Luigi Vigna incontra alcuni boss mafiosi, 4 capi mandamento, tra cui Pietro Aglieri e Peppino Farinella, i quali sarebbero disponibili a dissociarsi da cosa nostra, cioè a rinnegare cosa nostra, senza pentirsi e accusare nessuno, senza rendere dichiarazioni; quindi, a tirarsi indietro purché anche per i mafiosi venisse estesa la normativa premiale prevista dalla legge per i terroristi”.

Il procuratore nazionale antimafia prosegue questi colloqui. Questi mafiosi chiedono di incontrarne altri 5, quindi in tutto erano 9 i boss e stiamo parlando di 9 capi mandamento cioè i due terzi della commissione di cosa nostra che stavano in carcere per parlare chiaro, chiedono di incontrarsi tutti in carcere per discutere di questo progetto e quindi di formulare la loro proposta allo Stato, purtroppo è questa la realtà ed è documentata. Il procuratore nazionale antimafia gira la richiesta al ministro Fassino al fine di valutarne la possibilità di fare incontrare questi soggetti; Fassino, che ovviamente stupido non era, gira la cosa a Caselli e a me, che siamo in quel momento al dipartimento di amministrazione penitenziaria, e gli diciamo non se ne parla proprio", ha aggiunto.

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