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C’è una donna che compare nella strage del 27 maggio 1993, quando in Via dei Georgofili a Firenze un’autobomba uccide la famiglia Nencioni (Fabrizio, Angela Fiume, Nadia - 9 anni -, Caterina - 50 giorni -) e Dario Capolicchio, arrecando anche danni gravissimi al patrimonio artistico. La Commissione Parlamentare Antimafia della XVIII Legislatura ha il merito di aver fatto chiarezza sul ruolo della presenza femminile.
Secondo i consulenti tecnici, spiega la relazione conclusiva della Commissione, la strage di Via dei Georgofili fu commessa con 250 chilogrammi di esplosivo, con una approssimazione del 15-20%. Cosa Nostra ha contribuito alla strage con 140 chilogrammi. Se ne deduce che manca una quantità di esplosivo compresa fra i 60 e i 160 Kg, considerando la massima espansione della approssimazione per difetto o per eccesso. Inoltre, nell’esplosivo di Cosa Nostra erano assenti il compound b e il semtex, esplosivi di tipo militare, di cui, viceversa, è stata trovata traccia nell’analisi dei residui dell’esplosione. Insomma, l’esplosivo conferito dai mafiosi è sottodimensionato per quantità e qualità rispetto a quello usato per la strage.
La Commissione Parlamentare Antimafia ha, inoltre, evidenziato come, nel racconto dei mafiosi, ci sia un vuoto temporale di circa un’ora e, nei processi, non ci sia traccia di una importante testimonianza. Vincenzo Barreca è il portiere del civico 56-58 di Via de’ Bardi. Fra le 0.20 e le 0.30 del 27 maggio, vede due uomini con un borsone fermi dinanzi al portone dello stabile. Arrivano una Mercedes e il Fiorino bianco che poco dopo esploderà nella vicina Via dei Georgofili. Dall’autovettura scende una donna vestita come una hostess; dal furgone scende una persona di altezza incompatibile con Cosimo Lo Nigro, l’autista designato da Cosa Nostra che misura meno di un metro e settanta. La donna, con linguaggio sbrigativo e una truce bestemmia, intima ai due uomini in attesa di caricare velocemente il pesante borsone sul Fiorino. Quindi, mentre i due uomini si allontanano a piedi, il Fiorino e la Mercedes con la donna a bordo partono per la loro missione di morte. Attorno alle ore 0.40, un altro teste, Andrea Borgioli, vede il Fiorino bianco in Via dei Georgofili; l’autista, alto circa m. 1.85 parcheggia e ne esce precipitosamente. Il Fiorino esplode alle ore 1.04.
La Commissione Parlamentare Antimafia sembra non avere dubbi sul fatto che l’esplosivo dei mafiosi sia stato integrato nelle circostanze descritte dal portiere dello stabile di Via de’ Bardi 56-58 con circa 100 chili di esplosivo di tipo militare (compound b e/o semtex).
C’è un progetto eversivo finalizzato alla destrutturazione dello Stato voluto dai poteri forti. Il progetto, secondo un anonimo falangista, nasce sin dal 1986. Nel 1990, dopo l’omicidio di Umberto Mormile (Carpiano -MI-, 11 aprile 1990), assume il nome Falange Armata. Opera con una costante interlocuzione fra un nucleo centrale e gruppi di fuoco regionali. Rivendica decine di omicidi, comprese le stragi del 1992 e 1993.


strage georgofili vittime

Le vittime della strage dei Georgofili: Angela Fiume, Caterina (50 giorni), Nadia (9 anni), Fabrizio Nencioni e Dario Capolicchio


Per capire i comunicati della strage di Via dei Georgofili bisogna partire da una coda a sorpresa della rivendicazione della strage di Via Fauro (Roma, 14 maggio 1993), meglio nota come l’attentato a Maurizio Costanzo. Alle ore 11.20 del 25 maggio, 11 giorni dopo l’attentato e 37 ore prima della scena descritta dal portiere di Via de’ Bardi, i falangisti affermano la presenza di una militante nella fase operativa dell’azione di Via Fauro. Come mai decidono di comunicare l’operatività di un soggetto femminile della organizzazione?
I comunicati sulla strage di Via dei Georgofili seguono l’abituale rituale rivendicativo: due rivendicazioni in rapida successione poco dopo la strage (alle ore 12.35 e 12.50 del 27 maggio); poi, alle 20.40, il comunicato politico con cui la Falange Armata spiega il senso e le finalità del delitto (un avvertimento a Conso affinché intervenga sul 41 bis). Anche questa volta c’è una sorpresa, ma è impossibile coglierne l’importanza senza conoscere le circostanze evidenziate 29 anni dopo dalla Commissione Parlamentare Antimafia sulla composizione della bomba.
Alle 12.40, sapientemente incasellato nei 15 minuti d’intervallo fra la prima e la seconda rivendicazione della Falange Armata, il centralino dell’Ansa di Cagliari riceve il seguente comunicato: Codice 766321. Qui parla il Gruppo 17 novembre – Falange Armata. Rivendichiamo l’attentato a Firenze, con 70 chili di semptex, un esplosivo. In altre parole, meno di 12 ore dopo la strage, il gruppo “17 novembre - Falange Armata” si propone come il soggetto che ha integrato l’esplosivo dei mafiosi, indicandone la quantità e la qualità mancante.
La sigla “17 novembre” identifica un gruppo di estrema sinistra greco responsabile di innumerevoli omicidi ai danni di cittadini ellenici e statunitensi, fra cui agenti della CIA e autorità diplomatiche; la data, infatti, celebra la rivolta degli studenti contro il regime dei colonnelli e la feroce repressione che ne seguì.
In Italia, dalla seconda metà degli anni ’80, ha operato un gruppo di anarco–insurrezionalisti (o anarchici informali, nome derivato dal rifiuto di ogni forma di democrazia) in forte e radicale contrapposizione con il resto della galassia anarchica. Il tema del contendere è proprio l’uso della violenza, predicato dagli anarco-insurrezionalisti come mezzo di propaganda che non ha bisogno di essere legittimata dalle condotte della vittima. C’era da giurarci che un simile gruppo sarebbe entrato nell’orbita d’interesse del nucleo centrale della Falange Armata. Infatti, la sigla “Falange Armata-17 novembre” si spiega con gli stretti rapporti fra il movimento anarco-insurrezionalista italiano e quello greco.

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Umberto Mormile


Alfredo Bonanno è l’indiscusso e carismatico punto di riferimento ideologico del movimento italiano, autore di un must del pensiero d’area, “La Gioia Armata”, tradotto in decine di lingue il cui pensiero contestualizzato al 1993 è ben illustrato nella introduzione alla edizione inglese del libro scritta il 14 luglio di quell’anno: Lo spirito del libro è tutto qui. Fa vedere come da una pratica quotidiana di liberazione, e di distruzione, possa venire fuori una logica gioiosa di lotta e non un metodo mortale e schematico di irrigidimento dentro i canoni prefissati da un gruppo dirigente. Bonanno è stato coinvolto in vari fatti delittuosi in Grecia. Inoltre, nel carteggio fra Alfredo Bonanno e Gianfranco Bertoli, l’ambiguo anarco-individualista responsabile materiale della strage alla Questura di Milano del 17 maggio 1973, si trova una lettera del 13 luglio 1999, in cui Bonanno comunica a Bertoli di essere andato in Grecia perché chiamato dai compagni di laggiù … a testimoniare … assieme a altri compagni italiani (sardi) in favore di Nikos Matiotis, un compagno ellenico accusato di gravi delitti.
I compagni sardi che testimoniano in Grecia assieme a Bonanno ci riportano alla “Falange Armata–17 novembre”, che nasce in Sardegna. Nelle vicende falangiste, il nome di questa organizzazione si legge per la prima volta in un lancio d’agenzia dell’Ansa di Olbia dell’8 dicembre 1991, abbinato alla Falange Armata e al gruppo Comitato clandestini sardo, affiliato alla organizzazione patriottica Falange Armata. Nell’occasione si rivendica l’omicidio dell’appuntato dei carabinieri Giuseppe Nieddu, assassinato a Olbia la mattina di quello stesso giorno. La sera, la Falange Armata, quella ufficiale, conferma e approva il comunicato e l’azione del Comitato Clandestino Sardo. La Sardegna costituisce il luogo di maggior operatività della “17 novembre” italiana e l’Ansa di Cagliari il luogo cui indirizza molte sue rivendicazioni. Da segnalare che, secondo il telefonista con accento tedesco, una sorta di voce ufficiale della Falange, vi sarebbero dei Comitati Clandestini anche fra Brindisi e Lecce. È plausibile che sia un riferimento a Surbo ove opera un pastore sardo coinvolto in vari sequestri di persona, che si sarebbe proposto anche come mediatore nel sequestro di Farouk Kassam, un bimbo rapito a Porto Cervo il 15 gennaio 1992, su cui la Falange Armata interloquisce il 18 aprile 1992, dicendosi pronta a dettare a chi sappiamo … le garanzie politiche e economiche per l’immediato rilascio del bambino.
La miscellanea fra anarco insurrezionalisti e banditismo sardo costituisce l’ossatura dell’ORAI (Organizzazione Rivoluzionaria Anarco Insurrezionalista). La pericolosità dell’ORAI è svelata il 9 maggio 1991, quando i carabinieri del ROS di Roma irrompono in un covo dell’organizzazione in via Cristoforo Colombo e sequestrano un arsenale imponente, documenti falsi, divise da finanziere, esplosivi e altro materiale. La scoperta del covo induce alla clandestinità molti esponenti, fra cui varie donne, nessuna delle quali è mai stata indagata né per le stragi del ’92 e ’93, né per gli altri delitti rivendicati dalla Falange Armata, nemmeno per quelli in versione “17 novembre”. Fra loro Scrocco Rose Ann, una ex hostess americana, arrestata ad Amsterdam il 16 gennaio 2006 dopo una lunga latitanza. È stata coinvolta in fatti gravissimi come il sequestro di Mirella Silocchi, una signora parmense rapita il 28 luglio 1989 e morta dopo mesi di stenti e di botte trascorsi in una buca scavata nel terreno. È stata, inoltre, condannata assieme ad altri componenti dell’ORAI, fra cui un’altra figura femminile, per l’omicidio dell’orefice Antonio Lo Feudo (Pescara, 21 dicembre 1990). Ai fini che qui interessano è rilevante ricordare che è coinvolta anche nella detenzione della imponente armeria trovata nel covo della Cristoforo Colombo, fra cui innumerevoli detonatori elettrici e a miccia, nonché rotoli di miccia a combustione lenta. L’ORAI è, infatti, responsabile dell’attentato commesso con una autobomba il 24 agosto 1989 in via Fatebenefratelli di fronte alla Questura di Milano, già luogo dell’attentato del 17 maggio 1973 commesso da Gianfranco Bertoli. D’altra parte, la Scrocco era la compagna di Luigi De Blasi, un esponente di rilievo del movimento insurrezionalista, morto nel confezionamento di un’autobomba nella c.d. strage del Prenestino (Roma, 24 agosto 1989).
È interessante la comparazione delle immagini della Scrocco al momento dell’arresto (sono rinvenibili in rete) con gli identikit della donna vista in Via de’ Bardi (sono allegati alla relazione conclusiva della Commissione Parlamentare anch’essa rinvenibile in rete). In tal senso, giova ricordare che l’identikit non è una fotografia ma un disegno che l’operatore di polizia redige sulla base della narrazione del testimone, mettendo in risalto i ricordi di quest’ultimo relativi ai tratti somatici che gli sono rimasti impressi. Nel caso di specie, si colgono interessanti profili di similitudine, per un complessivo giudizio di compatibilità da mitigare sulla base del mezzo tecnico utilizzato per la comparazione, di cui si è detto.


strage via fauro fattoquotidiano

Strage di via Fauro


Si notino, in particolare, la forma delle sopracciglia che risultano molto distanti tra loro, lasciando scoperta una vasta porzione della glabella (ovvero al di sopra della sutura naso-frontale tra le arcate sopracciliari); la forma del naso, la cui base è ben più ampia della radice; la forma della bocca, dove i prolabi risultano decisamente più carnosi nella parte centrale; l’attaccatura dei capelli che è inclinata sulle tempie; la forma del mento visto di prospetto, che risulta tondeggiante; la forma degli occhi e il loro colore; la morfologia dei solchi naso-labiali (ossia i solchi cutanei che partono dai lati del naso per scendere fino agli angoli della bocca) che risultano più marcati nella parte superiore.
Inoltre, si deve rammentare che il teste parla di “una donna, di aspetto giovanile, dall’apparente età di 25/30 anni, alta circa m. 1.70”: laddove l’età potrebbe corrispondere, poiché all’epoca la Scrocco aveva 31 anni, viceversa, gli scriventi non hanno notizie circa l’altezza della medesima.
C’è, tuttavia, un elemento che vivifica il giudizio di compatibilità fra le immagini della Scrocco e gli identikit: la donna vista dal teste Barreca era vestita come una hostess e la Scrocco è una ex hostess americana. Una coincidenza che prova troppo? Potrebbe non essere così.
La scena vista dal portiere di Via de’ Bardi fotografa un incontro fra soggetti che non si conoscono nemmeno. D’altra parte, se si fossero conosciuti, non ci sarebbe stata ragione per darsi un appuntamento in una strada pubblica. In tale contesto, la divisa da hostess ha il sapore di un segno di riconoscimento.
Il semptex riconduce incontrovertibilmente ad apparati dello Stato. È irreale, infatti, pensare che anarchici o mafiosi possano disporne, specie nella quantità intuibile dalla pesantezza del borsone, dal tenore della rivendicazione della “17 novembre” e dagli accertamenti tecnici sulla bomba. Chiunque sia la donna vestita da hostess, uno strano comunicato, arrivato il 28 maggio 1993 il giorno dopo la strage, può illuminare sull’incontro notturno in Via de’ Bardi. Un soggetto dice di parlare a nome della Legione Disarmata, una evidente antinomia della Falange Armata. Non sappiamo chi sia (un falangista pentito? – una lotta fra apparati?), ma sa molte cose della Falange Armata e dice che ne fanno parte agenti segreti italiani, piccoli delinquenti, militari di ritorno dal Libano, personaggi anarcoidi, personaggi insospettabili, trafficanti d’armi o di droga da integrare con elementi mediorientali mafiosi che aggiunge nel comunicato del 3 giugno 1993. In effetti, l’esame sistematico e documentale di oltre mille comunicati della Falange Armata mostra una realtà molto variegata per estrazione regionale, culturale, ideologica e settoriale, coordinata da un nucleo centrale che dirama i comunicati ufficiali e detta la linea della organizzazione. Il solito portavoce con accento tedesco della Falange Armata, in un comunicato del 4 aprile 1992, parla di un compromesso politico a termine.
Può succedere che, talvolta, alcuni di questi mondi diversi debbano incontrarsi sul campo ed è quello che potrebbe essere successo in Via de’ Bardi nella notte fra il 26 e il 27 maggio 1993. Ovviamente, in un incontro la cui regia è stata curata da menti raffinatissime.

Giorgio Mezzetti, consulente di Tribunale,

Stefano Mormile, presidente associazione parenti vittime Falange Armata,

Giovanni Spinosa, ex magistrato, presidente Tribunale di Ancona.

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