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Le intercettazioni avrebbero evidenziato i tentativi di ostacolare le indagini con strumenti tipici del crimine organizzato

A distanza di 5 anni dal crollo del ponte Morandi, Report, la nota trasmissione di Rai Tre condotta dal giornalista Sigfrido Ranucci, è tornata ad occuparsi della tragica vicenda che il 14 agosto 2018 ha causato la morte di 43 persone. Il processo sul disastro del ponte che collegava l’Italia con la Francia vede imputate 59 persone, tra queste anche l’ex amministratore delegato di Autostrade, Giovanni Castellucci, insieme a Michele Donferri, all’epoca dei fatti, responsabile della manutenzione. Secondo l’accusa, gli imputati, pur sapendo dei gravi problemi di stabilità del ponte, non avrebbero fatto nulla per rimediare. Lo ha ricordato anche l’ex Procuratore della Repubblica di Genova, Francesco Cozzi, che ai microfoni di Report ha ribadito che “il ponte era un malato che si stava aggravando, ma non erano presenti nemmeno sistemi di rilevazioni” per individuare anomalie strutturali. Durante la prima conferenza stampa che si è tenuta dopo il crollo del ponte, Castellucci, in qualità di Ad di Autostrade, non ha ammesso alcuna responsabilità e lo ha fatto garantendo il pieno appoggio al lavoro della magistratura. Peccato che Spea, la società di Autostrade che si occupava dei controlli relativi alla sicurezza di ponti, viadotti e gallerie, dopo la notizia dell’inchiesta avviata sul crollo del ponte Morandi, avrebbe avviato la bonifica dei computer, l’installazione di telecamere per impedire eventuali intercettazioni e l’attivazione di alcuni disturbatori di frequenza: strumenti solitamente utilizzati dalla criminalità organizzata per sfuggire ai controlli. Anche Donferri, responsabile della manutenzione, sulla base di alcune intercettazioni che Report ha rivelato al grande pubblico, avrebbe provato ad ostacolare le indagini chiedendo ai suoi collaboratori di portare via dei documenti dall’ufficio, forse nel tentativo di cancellare le prove che confermerebbero una cattiva gestione in seno alla manutenzione del ponte Morandi. Ciò che potrebbe contestualizzare il tipo di gestione della rete autostradale, oltre al catalogo rischi scoperto dalla Guardia di Finanza come prova dei forti ritardi nella manutenzione, anche le cifre che descrivono i guadagni di Autostrade. Guadagni che avrebbero gonfiato le casse della famiglia Benetton con 1 miliardo e mezzo di liquidità nel 2018, anno in cui è crollato il ponte Morandi. In particolare, Report ha sottolineato i guadagni dell’Ad Castellucci che, nell’anno in cui è crollato il ponte, ha percepito quasi 4 milioni di euro grazie “al raggiungimento degli obiettivi annuali”; anche se il record, Castellucci, lo ha ottenuto con la sua buonuscita da Autostrade: oltre 13 milioni di euro come “indennità di fine carica”. Ma la carenza di manutenzione è stata evidenziata anche dall’ex gestore della cassaforte della famiglia Benetton, Gianni Mion, il quale, intercettato, ha detto: “Le manutenzioni le abbiamo fatte in calare. Più passava il tempo e meno facevamo per distribuire più utili”.


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Giovanni Castellucci, ex amministratore delegato di Autostrade


Dalla revoca alla beffa
Il giorno dopo il crollo del ponte ligure, Giuseppe Conte, in qualità di Presidente del Consiglio, annuncia in conferenza stampa la revoca della concessione autostradale per grave inadempimento. Peccato che la procedura di revoca della concessione viene ostacolata da una postilla inserita nel 2008 dal governo guidato da Silvio Berlusconi: “In caso di revoca, anche per grave inadempimento, è dovuto un indennizzo al concessionario per i mancati ricavi dal giorno della revoca fino alla fine della concessione” - così come ha ricordato Report - fino al 2038. Un ostacolo che l’allora ministro delle infrastrutture e dei trasporti Danilo Toninelli ha provato ad aggirare con una nuova norma pensata per evitare che il danneggiato indennizzi il danneggiante. Tuttavia, alla norma anti-postilla, prima si mette contro l’allora ministro dell’economia e delle finanze, Giovanni Tria, che decide di non firmare il decreto dal momento che “in Autostrade sono presenti fondi internazionali che vanno garantiti”. Poi, la crisi di governo innescata da Matteo Salvini. Infatti, il governo successivo, anche questa volta a guida Conte, porta con sé due novità: la presenza del Pd in sostituzione della Lega e l’assenza di Toninelli come ministro. “La mia mancata conferma - ha ribadito Toninelli ai microfoni di Report - rappresenta la sconfitta dello Stato.” - prosegue - “Conte ha avuto coraggio ma non abbastanza. Io mi sarei dimesso se qualcuno mi avesse detto: ‘Tu non revochi, vai e stai zitto’”. Segue la vendita di Autostrade a Cassa Depositi e Prestiti per 8,8 miliardi di euro, oltre all’aumento in Borsa della società dei Benetton per 2,3 miliardi di euro. Anche il risarcimento di 3,4 miliardi che avrebbe dovuto pagare la società della famiglia Benetton allo Stato passa a Cassa Depositi e Prestiti. Insomma, quello che inizialmente doveva essere un intervento punitivo per il grave inadempimento della società dei Benetton, in conclusione, sembra essersi trasformato in un vero affare. Inoltre, occorre ribadire che i retroscena di questa vicenda sono stati presentati all'opinione pubblica grazie alle tracce audio inedite che sono state trasmesse da Report. Tuttavia, questo tipo di informazione, presto, potrebbe essere preclusa al cittadino per effetto della riforma della giustizia promossa dal ministro Carlo Nordio, che vieta la pubblicazione del contenuto delle intercettazioni.

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