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“Rompere il Silenzio”, a Reggio Emilia “Emilia Romagna, da decenni terra di conquista delle organizzazioni criminali mafiose”. Questo il titolo con il quale la “ Associazione Culturale Falcone e Borsellino” ha organizzato una Conferenza con la presenza del Procuratore Capo di Reggio Emilia, Gaetano Paci, della Europarlamentare, giornalista del caso Aemilia, Sabrina Pignedoli e del coautore del docufilm E.R.Connection, Marco Solaroli, sociologo, professore Università di Bologna, nella serata del 12 Aprile 2024 presso il Circolo Arci Pigal di Reggio Emilia. Il movimento Agende Rosse di Reggio Emilia e le Associazioni Libera di Reggio Emilia e Parma hanno dato la loro adesione. Moderatore della serata: Guietti Cristiano.
L’intento era quello di rendere più consapevole il pubblico verso il fenomeno dell’infiltrazione mafiosa nelle nostre vite e di conseguenza diventare reattivi.
Dopo la visione del Docufilm “E.R. Connection” il professor Marco Solaroli ha spiegato come si è svolta la ricerca che nel 2014 ha portato alla realizzazione del film, frutto di una collaborazione tra l’Università di Bologna, lo storico e studioso del fenomeno mafioso Marco Santoro, il regista Paolo Fiore Angelini, lo stesso Solaroli, e la Regione Emilia Romagna.
“Prima dell’esplosione della visibilità mediale del processo Aemilia”, ha spiegato Solaroli, "sono state svolte molte interviste a sindaci, sindacalisti, preti, imprenditori, giornalisti, dalle quali si evince, quali sono i corrotti, quali i corruttori e chi si contrappone". Emerge, molto chiaramente, la tematica della forte convergenza, affinità elettive, tra alcuni metodi comportamentali, valori culturali tipici mafiosi ed elementi strutturali della cultura imprenditoriale che ha reso così celebre il “modello emiliano”. Ha aggiunto Solaroli: “Mi occupo di come i media possano facilitare la comprensione di certi fenomeni”, è dunque molto attivo in tale impegno.
Guietti ha dunque posto diverse domande a Paci, inerenti la riforma della Giustizia, i limiti posti a magistrati e giornalisti nel poter esprimersi e comunicare ai cittadini, cosa sta accadendo nei processi in corso e l’enorme potere economico della mafia.
“Si fa fatica a parlare alla comunità su questi temi - ha affermato il Procuratore Paci - chi ha paura di diffondere queste cose? Sicuramente i diretti protagonisti, la mafia, l’ndrangheta, non sono gli unici ad aver avuto paura a far conoscere queste situazioni. Se c’è una comunità interessata al proprio bene collettivo, quello che si esprime nell’uguaglianza dei rapporti tra persone, operatori economici, professionisti, coloro che hanno diritto ad accedere alle prestazioni che lo stato sociale deve garantire, è necessario che la comunità conosca, sappia cosa accade, nel proprio territorio. Le persone devono conoscere, essere consapevoli, ma anche libere di poter esprimere il proprio punto di vista, la propria partecipazione anche ai destini della comunità, non possono aspettare che siano altri a farlo”.
Il magistrato ha poi messo in evidenza quanto sia inaccettabile modificare le norme sulle intercettazioni: in questi giorni inizierà in Parlamento la discussione di una norma che riguarda la durata delle intercettazioni, secondo la quale, verrebbe fissato un limite massimo di 45 giorni. Con tale limite, diventerebbe impossibile quasi iniziare un'indagine. Come ad esempio fa il suo ufficio in materia di frode fiscale. Parla inoltre, della ricorrente, insistente volontà di attribuire alla magistratura inquirente i mali d’una Giustizia che, invece, soffre di carenze strutturali e mancanza di risorse.
Ne è un esempio il tribunale di Reggio Emilia che ha organici ed una struttura fisica assolutamente inadeguati. Negli uffici giudiziari si utilizzano ancora computer del 2011, tecnologie ormai obsolete. “C’è un accanimento costante contro gli uffici di procura - ha proseguito - contro la stessa magistratura giudicante, quando emette dei provvedimenti che non sono graditi al potere politico, di qualsiasi colore esso sia. C’è la volontà di colpire la manifestazione di indipendenza della magistratura. La separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici, non serve assolutamente a migliorare le performance della giustizia italiana, ma serve soltanto a creare i presupposti per sottoporre il pubblico ministero al potere esecutivo.
C’è in Italia, una criminalità organizzata da ormai oltre 200 anni, che è diventata una componente strutturale, non solo dell’economia illegale, ma anche di quella legale. L'Emilia Romagna è stata un terreno fertile, essendo una realtà molto produttiva, capace di proporsi come economia propulsiva, e tutto ciò ha coinciso con una fase evolutiva della criminalità organizzata, non più solo predatoria, sanguinaria, ma che vuole fare affari, capace di adeguarsi, di infiltrarsi, per conquistare il territorio”.
Guietti ringraziando il procuratore per la sua approfondita e coraggiosa analisi, ha poi passato la parola a Sabrina Pignedoli la quale ha iniziato così il suo intervento: “Sono già passati tanti anni, e le cose ritornano in modo così uguale”. Nel docufilm infatti vengono fornite molte informazioni relative ai processi in corso e continua dicendo che “nel 2009, in prossimità delle elezioni, si era costituita l’Associazione AIER , composta da costruttori edili emiliani, che aveva come obiettivo primario quello di fermare le interdittive antimafia, avevano fatto un elenco di richieste alla politica. Erano stati eletti in Consiglio Comunale a Reggio Emilia, dove avevano trovato tanto spazio, trattati meglio di Confindustria, fino a sembrare il punto di riferimento dell’Imprenditoria Edile Reggiana. Ad un certo punto l’Associazione scompare quando, Roberto Alfonso, Procuratore Capo di Bologna, svela che è in corso una grossa indagine contro l'Ndrangheta a Reggio Emilia. Si scopre che AIER aveva l’obiettivo di infiltrare la politica reggiana”. Oggi, in prossimità delle elezioni, si costituiscono di nuovo associazioni che ancora mettono in discussione le interdittive. Ha continuato: “Qui c’è sempre stata una sottovalutazione del fenomeno mafioso. La mafia non è in un altrove, ma è qui, vicino a noi. Qui si dice ‘cose di calabresi’, in Europa si dice ‘cose italiane’, in realtà il fenomeno è transazionale. E’ difficile far comprendere come si muove la criminalità organizzata di tipo mafioso, le sue infiltrazioni all’interno dell’economia, i cosiddetti colletti bianchi”.
Nel corso della serata il Procuratore Paci ha anche lanciato un allarme rispetto al fenomeno della costituzione di Associazioni da parte di imprenditori che, “partendo da un presupposto falso di un vittimismo inesistente, di una presunta emarginazione del proprio ruolo nella comunità emiliana, si schierano, non per promuovere un comportamento di supporto, ma per contestare uno strumento legislativo che si è rivelato di fondamentale importanza nel contrasto alla criminalità organizzata, cioè quello delle interdittive”. “La storia si ripropone - ha proseguito il magistrato - Nel processo Aemilia si è visto che l’azione di AIER ha svolto un ruolo depistante, determinante per fare affermare la ’Ndrangheta. E’ falso affermare che le interdittive nei rapporti con la P.A. ed i privati, colpiscono solo perché parenti di mafiosi. In realtà sono persone che hanno condotte e comportamenti controindicati”.

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