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carabinieri-arrestiIndagini su estorsioni e traffico stupefacenti, interrotto summit
di AMDuemila - 29 aprile 2015
Eseguito dai Carabinieri di Catania un provvedimento restrittivo (emesso dal gip su richiesta della locale Dda della Procura etnia) nei confronti di 15 persone considerate affiliate a un clan mafioso della fascia ionica collegato alla famiglia Santapaola-Ercolano, dedito a estorsioni e traffico di stupefacenti. Le indagini hanno preso il via dopo numerosi danneggiamenti ed intimidazioni a imprenditori e commercianti del territorio. L'inchiesta ha consentito di ricostruire gli assetti criminali che regolavano le condotte illecite della cosca, ricostruendone la struttura e le modalità di gestione della cassa comune, di interrompere un summit mafioso e di scongiurare una escalation criminale per l'affermazione dell'egemonia sul territorio ed impedire interferenze esterne.
Sono quindici i provvedimenti restrittivi eseguiti dai carabinieri nei confronti del clan Brunetto, che opera tra Bronte, Castiglione di Sicilia e Fiumefreddo di Sicilia. 11 le persone arrestate, tra queste Vincenzo Lomonaco, 45 anni, ritenuto il capo del gruppo a Castiglione di Sicilia.

Il provvedimento è stato notificato in carcere ad altre tre persone già detenute per altra causa: Giuseppe Calandrino, di 58 anni, Alfio Papotto, di 34, e a Pietro Carmelo Oliveri, di 48 anni, che, secondo la Dda della Procura di Catania, dopo la morte, nel 2013, di Paolo Brunetto, sarebbe stato il reggente della cosca, e controllava la zona di Giarre e Fiumefreddo di Sicilia. L'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria è stato notificato a un quindicesimo indagato: G. L., di 30 anni. Le indagini dei carabinieri della compagnia di Bronte e del comando provinciale di Catania sono state coordinate dal procuratore distrettuale Giovanni Salvi e dal sostituto Iole Boscarino. L'operazione è stata denominata “Santabarbara" dal nome della via dove risiedono alcuni degli indagati.
Il gruppo gestiva il racket delle estorsioni e reinvestiva gli utili nel traffico di droga. Tra le vittime del clan almeno sette aziende vinicole, alcune di fama nazionale, alle quali sarebbe stato chiesto una tangente annua compresa tra mille e 12mila euro, secondo il fatturato della società. Ma anche un pizzo di 500 euro mensile legato alla 'guardiania' di vigneti e frutteti, o all'assunzione di personale. Chi non si metteva in regola continuava a subire danneggiamenti, come il taglio di alberi da frutto, uliveti e filari di viti. In quel caso, come emerge da un'intercettazione, l'invito era "di cercarsi un amico, ma d'urgenza...". Non tutte le aziende hanno ceduto al ricatto. E la rappresaglia era garantita: "Poi i cavalli - ordinano telefonicamente dai vertici del clan - glieli bruci nella stalla, ci vai e gli dai fuoco..." Le indagini sono state avviate dai carabinieri della compagnia di Randazzo e del comando provinciale di Catania alla fine del 2012.
Nell'aprile del 2013, a Giarre, militari dell'Arma sono riusciti a interrompere un summit di mafia dove, tra gli altri, Lomonaco e Oliveri stavano delineando strategie criminali. Il gruppo aveva una grande paura di essere intercettato, tanto da essere in possesso di strumentazione all'avanguardia per bonificare locali e auto da cimici e invitava alla cautela preventiva: "ha i telefoni sotto controllo - dice Lomonaco, ascoltato dai carabinieri suo malgrado - che non si confonda nel parlare...". Il clan aveva in uso anche armi, ma preferiva "quelle tradizionali". "Un fucile automatico a cinque colpi - commentava Lomonaco al telefono - ha la canna lunga, meglio un due colpi, sono di meno, ma sono sicuri...".

I nomi degli arrestati
Vincenzo Lomonaco, 45 anni, Salvatore Del Popolo, 54 anni, Giuseppe Lombardo Pontillo, di 28, Alessandro Lomonaco, di 24, Giuseppe Lomonaco, di 42, Filippo Mercia, di 30, Giuseppe Pagano, di 32, Salvatore Pantano, di 24, Antonino Tizzone, di 25, e Luca Daniele Zappalà, di 40.

Fonte ANSA

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