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scuto-sebastiano-c-ansaAnnullata condanna con rinvio: depositate le motivazioni della Cassazione
di AMDuemila - 29 settembre 2014
Catania. Nelle motivazioni della sesta sezione penale di Cassazione viene annullato con rinvio a un’altra Corte d'appello di Catania il processo per associazione mafiosa al re dei supermercati, Sebastiano Scuto. Per lui i giudici di secondo grado, il 18 aprile 2013, avevano previsto 12 anni di reclusione all'imprenditore modificando la sentenza emessa il 16 aprile 2012 dal Tribunale di Catania, che lo aveva condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione e assolto dall'accusa di avere gestito a Palermo centri commerciali in comune con i boss Bernardo Provenzano e i fratelli Lo Piccolo. "Correttamente i giudici di merito hanno ritenuto che Sebastiano Scuto non fosse un imprenditore vittima" della mafia, con la quale "veniva a patti" ricavando "ingenti guadagni economici per sé e la propria famiglia", ma il "giudice d'appello non ha adeguatamente motivato le ragioni" per la quale ha "ritenuto provata l'effettiva realizzazione del 'Grande progetto", ovvero l'apertura di nuovi punti vendita Despar nel Palermitano con l'auto di Cosa nostra, è quanto si legge nelle motivazioni.

Secondo la tesi accusatoria, l’imprenditore Salvatore Zappalà dopo aver ricevuto minacce e atti intimidatori si sarebbe rivolto all’amico Sebastiano Scuto, che avrebbe consigliato di “mettersi a posto” pagando, poiché anch’egli era vittima di estorsioni. Una sorta di tramite etichettato dall’accusa come “l’amico buono” che avrebbe però fatto gli interessi della famiglia Laudani in quanto, scrive il procuratore generale, Scuto era “organico al clan a pieno titolo e avendo un ruolo preminente non pagava ovviamente alcun pizzo”. Tesi avallata dalle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, Testa e Castro, i quali sostengono che sarebbero stati proprio Scuto e l’ex costruttore Carmelo Rizzo (assassinato e bruciato nel 1997) a fornire in passato al clan mafioso i numeri di telefono e le indicazioni su imprenditori ai quali indirizzare richieste estorsive.
La Corte di Cassazione ha precisato che il Tribunale aveva attestato che sul 'Grande progetto' era stata "pienamente dimostrata la fase ideativa", ma "non provata la realizzazione del progetto di espansione palermitana delle attività di Scuto". La Suprema Corte ha infatti sostenuto che la Corte d'appello "non ha adeguatamente motivato" la decisione "limitandosi a sovrapporre le proprie valutazioni a quelle del giudice di prime cure", e senza "considerare i contributi offerti dalla difesa” rappresentata dagli avvocati Guido Ziccone e Giovanni Grasso. Secondo i due legali  il 're dei supermercati' in Sicilia avrebbe agito da "vittima di estorsioni da parte delle mafia" e "pagava il clan per evitare ritorsioni personali”.
La Cassazione è convinta che le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sono credibili e utilizzabili, ma "concernono fatti risalenti al 1992 e quindi soltanto alla sola fase di programmazione del 'Grande progetto'". E la Corte d'appello "non ha ben spiegato la circostanza che in uno dei 'pizzini' sequestrati nel covo di Bernardo Provenzano, interessato ai supermercati a insegna Despar, il capo storico di Cosa nostra affermasse in modo netto di non avere 'agganci' con Catania”.

Fonte ANSA

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