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riina-gaetano0Le mani delle mafie sul mercato ortofrutticolo
di Miriam Cuccu - 25 marzo 2014
Ci sono anche i parenti del boss camorrista Francesco "Sandokan" Schiavone e il fratello del capo dei capi Totò Riina tra i 9 condannati. Il processo sancisce l'esistenza di un patto tra casalesi e corleonesi per il trasporto dei prodotti ortofrutticoli e il controllo dei mercati. 6 anni di carcere per Gaetano Riina (foto a sinistra), mentre la seconda sezione penale del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduto da Luigi Picardi con i giudici Valentina Giovanniello e Nicola Paone (pubblico miniero Cesare Sirignano), ha dato rispettivamente 12 anni e 9 mesi e 10 anni e 3 mesi al cugino omonimo di "Sandokan" e a suo figlio Paolo. 13 anni di reclusione, invece, a Salvatore Fasanella, Felice Graziano due anni e 6 mesi, Antonio Pagano 9 anni, Antonio Panico 4 anni e 6 mesi, Almerico Sacco e Gaetano Sacco 13 anni. 9 condanne a fronte di 6 assoluzioni, tra cui il figlio di "Sandokan", Nicola Schiavone (foto in basso), insieme a Giuseppina Battista, Ferdinando Damato, Stefano Federigo, Micillo Francesco e Nicola Graziano.

L'inchiesta, nata sotto il coordinamento della Dda di Napoli e di Federico Cafiero de Raho, oggi procuratore a Reggio Calabria, ha permesso di mettere in luce il proficuo accordo basato sul principio del do ut des che intercorreva tra gli esponenti della mafia campana e siciliana. Attraverso l'azienda "la Paganese" (da cui prende nome il processo) i casalesi controllavano i mercati di Palermo, Trapani, Fonti, mentre i corleonesi, capeggiati da Gaetano Riina, esportavano i loro prodotti in Campania e nel Lazio.
Determinante il contributo dei pentiti Francesco Cantone, Salvatore Laiso e Gianluca Costa. Quest'ultimo, in particolare, ha rivelato ai magistrati l'accordo esistente tra Riina e i fratelli Sfraga, facenti capo al boss Matteo Messina Denaro e referenti per il versante dell'ingrosso dei prodotti ortofrutticoli. Antonio e Massimo Sfraga nel 2012 sono stati colpiti da una confisca di beni per il valore di 7 milioni di euro ma già nel 2010, con l'operazione “Sud Pontino” coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Napoli, era stato messo in luce il loro ruolo nell'organizzazione criminale. Referenti, secondo le indagini, del sodalizio mafioso riconducibile alle famiglie Riina e Provenzano per il settore agroalimentare, di concerto con altri soggetti, alcuni dei quali appartenenti ad alcuni gruppi camorristici, i due sarebbero stati garanti di quegli accordi finalizzati ad ottenere il monopolio del trasporto dei prodotti ortofrutticoli, con inevitabili ripercussioni sul libero mercato. Sempre Costa, in un'intervista a Repubblica, ha raccontato dell'incredibile rincaro che si cela dietro le casette di frutta e verdura, che può arrivare fino al 300%. Migliaia di chilometri lungo la penisola e anche all'estero per la consegna dei prodotti solo perché “I siciliani devono mangiare, e pure la camorra deve mangiare”.

Il mercato ortofrutticolo fa gola a molti. Solo lo scorso febbraio sono stati sequestrati 250 milioni di euro ai Galatolo, famiglia mafiosa del quartiere dell'Acqusanta a Palermo. Il prezzo della merce, il trasporto su gomma da e per la Sicilia e la gestione di attività commerciali del Mercato Ortofrutticolo era monopolizzato dai boss palermitani.
Un problema, quello dell'infiltrazione mafiosa, evidenziato anche dal Rapporto "Agromafie" di Coldiretti, nel quale emerge che "il volume d'affari complessivo dell'agromafia sale a circa 14 miliardi di euro nel 2013, con un aumento record schiavone-nicoladel 12 per cento rispetto a due anni fa, in netta controtendenza rispetto alla fase recessiva del Paese perché la criminalità organizzata trova terreno fertile proprio nel tessuto economico indebolito dalla crisi". "Le organizzazioni mafiose sono consapevoli che, pur non trattandosi del settore che garantisce i guadagni più consistenti e nel più breve tempo, il cibo costituisce la necessità primaria, di cui nessuno potrà mai fare a meno - prosegue il Rapporto - Mettendo le mani sul comparto alimentare le mafie hanno inoltre la possibilità di affermare il proprio controllo sul territorio. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza ed il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio Made in Italy".

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