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di Alessandra Ruffini
Il coraggioso artigiano siciliano

Non è più possibile abbandonare i nostri cittadini migliori: se veramente vogliamo far fronte a questo schifoso cancro che è la mafia

Partiamo da qui, per raccontare un'altra storia fatta di denunce, ribellione e coraggio contro la mafia. Ma anche per parlare della solitudine e dell’abbandono di chi questo coraggio lo trova.
Un'altra vita rovinata dalla violenza delle mafie che chiedono il pizzo, esercitano l'usura, minacciano, tolgono tutto.
Un’altra vittima di mafia è Bennardo Mario Raimondi: ceramista di Palermo, artigiano da 44 anni, un lavoro il suo che è, soprattutto, una passione.
Un'azienda affermata quella di Mario con oltre 40 dipendenti, poi i problemi economici, la richiesta di aiuto alle banche che non rispondono come dovrebbero, quindi le difficoltà e a malincuore il ricorso agli usurai: da qui il baratro, anni di minacce, di violenza problemi economici sempre più grandi.
Ma Mario Raimondi non accetta e denuncia tutto all'autorità giudiziaria. I suoi aguzzini verranno processati e nel 2013 le condanne definitive per molti di loro (alcuni già fuori dopo aver scontato la pena).
Ma cosa resta di tutto questo? Come ci racconta con rabbia e disperazione Mario Raimondi, resta l'isolamento e l'abbandono, un danno di centinaia di euro e l’inevitabilmente chiusura della sua amata attività.
La situazione di chi denuncia la mafia, il racket, l'usura è sempre la stessa: la vittima di mafia non trova conforto né da parte dei familiari, né da parte dei concittadini e, soprattutto, non trova l'atteso e necessario sostegno di istituzioni e Stato.
Come tutti quelli nella sua posizione, Mario Raimondi non chiede un sussidio, vorrebbe solo tornare a lavorare; con i pochi soldi ricevuti a titolo di risarcimento, ha riaperto un piccolo laboratorio. Le sue opere sono uniche, lavorate totalmente a mano, oggetti e presepi in ceramica e terracotta.
Un mestiere quasi scomparso il suo e che potrebbe trasformarsi in un laboratorio per le nuove generazioni, tramandando una vera e propria arte per non disperdere la grande tradizione siciliana.
Mario ha già fatto esperienze del genere nelle scuole e con i ragazzi del carcere di Palermo: insegnare questo fantastico mestiere a ragazzi e detenuti è una preziosa attività che tuttavia necessita di organizzazione e di supporto da parte di tutte le istituzioni locali.
Pur tra tante difficoltà economiche e personali questo coraggioso artigiano siciliano ha provato a reagire. Aiutato anche dall'Associazione Agende Rosse e dall'amicizia con Salvatore Borsellino, porta i i suoi oggetti all'interno di mostre e mercati locali, vendendo fuori dalle chiese e attraverso il suo sito on-line.
Tuttavia in questo periodo la pandemia ha creato ulteriori problemi non consentendo la vendita, aggravando ulteriormente la situazione familiare.
Questa è una delle tantissime realtà che vogliamo raccontare senza stancarci mai: storie di persone diverse fra loro, con diversi mestieri, ma il risultato è sempre lo stesso: le vittime di mafia dopo la denuncia diventano anche vittime dell'abbandono e della solitudine. Cittadini lasciati soli da una parte dalla società non ancora pronta a dire basta per liberarsi dalla morsa delle mafie un po' per paura, per mentalità, per necessità; ma soprattutto cittadini non sempre adeguatamente supportati dai rappresentanti dalle istituzioni che, dopo un iniziale ringraziamento alle vittime, magari con qualche foto per apparire sulle pagine dei giornali locali, non affiancano realmente le vittime nel percorso che li attende dopo la denuncia, lasciando onesti cittadini che non si piegano alla violenza mafiosa, abbandonati ad un destino già segnato fatto di isolamento e grossi problemi economici.
Ci ha detto con amarezza Mario: «il boss della zona porta lavoro a chi non ne ha e porta voti alla politica. Una vittima di mafia porta solo paura e problemi».
La richiesta del pizzo, l'esercizio dell'usura, le minacce, avvengono nelle piazze della Sicilia alla luce del giorno, sempre con le medesime modalità da anni: ci chiediamo dove sono i sindaci dei tanti comuni dell'isola, dov'è la Commissione Antimafia Siciliana, perché non si riesce (perché non si vuole) affiancare chi denuncia rompendo questa rete decennale di sopruso e ricatto?
Non vi sarà mai una normativa da sola sufficiente a debellare la mafia se prima non verranno incentivate le denunce di tanti imprenditori onesti caduti nella rete della malavita. Se non ci si schiererà apertamente dalla parte dei magistrati che fanno inchieste serie senza risparmiare nessun colore politico. Se non si farà rete con i tantissimi giornalisti che fanno luce sul malaffare. Come possono essere spinti a denunciare la mafia i cittadini, vedendo che le istituzioni abbandonano chi lo fa?
Questa ennesima storia non fa altro che allungare la folta lista di disperati che cercano di vivere onestamente in un paese ricattato dai mafiosi. Mario Raimondi chiede solo di poter lavorare, non altro.
Sulla pagina Facebook di Bennardo Mario Raimondi è possibile ammirare tutte le sue opere e anche acquistarle on-line: possiamo fare questo per aiutarlo, per non dimenticarlo e per portare avanti un pezzo di tradizione siciliana quella che ci piace perché profuma di onestà e rispetto della legge.
Non è più possibile abbandonare i nostri cittadini migliori: se veramente vogliamo far fronte a questo schifoso cancro che è la mafia. Anche Giovanni Falcone ce lo insegna: «la mafia non è affatto invincibile: è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà una fine».

Tratto da: wordnews.it

Foto © Emanuele Di Stefano

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