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travaglio-marco-web18di Pippo Giordano - 7 marzo 2015
Nella puntata di giovedì scorso di Servizio Pubblico, Marco Travaglio le ha cantate per benino a Davide Faraone, luogotenente renziano nell'Isola, la cui convention è stata affollata da personaggi che non vorremmo più vedere. Mi ha reso felice, ma anche amaraggiato perché certe cose vorrei sentirle dai Siciliani
Giovedì sera, Marco Travaglio, nella puntata di Servizio Pubblico, mi ha reso felice e nelle steso tempo amareggiato. Mi ha reso felice perché, finalmente, Marco ha detto cose che tantissimi siciliani pensano, ma che per onorare le tradizioni, non rinunciano al “mutu sugnu!” Parimenti, mi ha amareggiato, perchè dev'essere sempre un non Siculo, che parla di noi siciliani, come se noi non avessimo gli attributi per farlo.
In parte è vero, registro la mediocrità partecipativa a quelle che sono le scelte politiche della Sicilia. Tutti, taliano (guardano) attraverso quelle famose persiane socchiuse, convinti che al di là del proprio orticello, dovrebbero essere altri a decidere del loro destino. Una sorta di delega in bianco, che potrebbe andar bene se non fosse che i delegati sono sempre gli stessi, ovvero uomini (si fa per dire) del passato mondo di Cuffaro, Lombardo e Dell'Utri e non solo loro.

E questo, l'altra sera, Marco Travaglio l'ha urlato con tutte le sue forze. Da parte mia aggiungo, che altri ignobili individui, oggi regolano la vita di cittadini. E i Siciliani? I Siciliani consentono a questi Soloni del nulla di perpetuare, in nome di una delega elettorale, la rapina dei loro sogni, le loro aspettative e la loro onestà.
Tuttavia, a malincuore, affermo che a loro sta bene come un bel vestito della prima comunione, perchè quando un Popolo non vede oltre le persiane chiuse è un Popolo destinato a soccombere. Un Popolo ben citato nella poesia "Lentamente muore" di Martha Medeiros.
Giovedì sera, Davide Faraone (luogotenente di Matteo Renzi in Sicilia, ndr), con le sue abbanniate (urla), giustificava la presenza dei soggetti citati da Marco alla convention da lui organizzata. E ai miei occhi è apparso come un difensore che si affannava a difendere gli indifendibili.
Veda signor Faraone, non sono i seimila o i sessantamila presenti alla convention, che avrebbero potuto formare un esercito di una moltitudine di pensieri, ma quel che appare incongruo, sono i “generali”: generali, espressioni di un passato recente legati a vario titolo ai loro strateghi infarciti di Cosa nostra. Ed è questa netta presa di posizione, ossia la condanna etica dei “generali murmuriati”, che manca in Sicilia. Il signor Faraone, si può gongolare coi numeri dei partecipanti, ma sovente i numeri non sono espressione genuina di un progetto politico.
Lo abbiamo acclarato in questi ultimi anni di forsennata politica, basata sull'errata convinzione che il numero dei voti giustifichi la governabilità del nostro Paese. Convinzione miseramente fallita. Ma anche i nostri cugini napoletani non hanno di che gioire, allorquando per avere i “numeri” si sceglie un candidato, pur sapendo che non potrà essere eletto a Governatore. E nel caso di specie, ovvero di Vincenzo De Luca, è pronto il 118 che interverrà con una massiccia dose di flebo, per scacciare vie le tossine di una condanna.
Avanti tutta signor Faraone, la prossima volta che organizza una convenction, faccia convergere seicentomila partecipanti, sarà più credibile. Infine, un invito a Giuseppe Cimarosa: “Giuseppe, mi permetta di suggerirle, 'n si faccia accattare! Rimanga il Siciliano che ho visto il lei” Sono convinto che se lei si farà ammaliare dalle sirene di “generali murmuriati”, perderà quella Sicilianità diversa che milioni di spettatori hanno visto ieri sera.
Mi sentirei tradito.

Tratto da: lavocedinewyork.com

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