Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

ciancimino-massimo-web31di Sara Donatelli - 17 novembre 2014
Il processo sulla trattativa stato-mafia è scomodo. I PM che lo stanno seguendo sono scomodi. insieme, naturalmente, al testimone chiave del processo stesso, Massimo Ciancimino. Questo processo vuole innanzitutto far luce sui patti scellerati stretti da un lato dai più sanguinari boss mafiosi che la storia del nostro paese abbia mai conosciuto e dall'altro lato da politici smemorati, istituzioni traballanti, servizi non segreti ma segretissimi ed esponenti delle forze dell'ordine che tutti hanno fatto tranne che difendere il nostro paese. Questo processo vuole svelare il segreto che lega tutti questi personaggi. Segreto che ha garantito l'avanzamento di carriera dei maggiori protagonisti della trattativa appartenenti alle istituzioni. Segreto che ha reso possibile l'indisturbata latitanza di Provenzano (Riina, troppo "addumato", è stato fatto fuori quasi subito).

Segreto che viene svelato solo quando alcuni collaboratori di giustizia iniziano a parlare. Ma anche e soprattutto quando inizia a parlare Massimo Ciancimino. Testimone scomodo, creduto da PM scomodi che seguono un processo scomodo. E sì, è giusto criticare le impostazioni dei vari processi, la credibilità dei testimoni e gli impianti accusatori. Giustissimo mantenere un senso critico. Doveroso. Così come, al contempo, è doveroso INFORMARSI, prima di muovere critiche (o ancor peggio sentenze). Facile criticare e sentenziare perchè "ho sentito dire che...", "a me da l'impressione che...", "a me sembra..". Tanto facile quanto sbagliato e, soprattutto, pericoloso. Screditare Massimo Ciancimino significa screditare ciò che lui dice (con tanto di prove), significa screditare i PM che a lui hanno creduto, ed essendo lui il testimone chiave al processo sulla trattativa stato-mafia, si rischia di screditare il processo stesso. Ecco la pericolosità del muovere critiche senza sapere. E per sapere basta davvero poco. Basta leggere gli atti dei vari processi. Per quanto riguarda il processo sulla trattativa stato-mafia, ad esempio,

NELLA MEMORIA A SOSTEGNO DELLA RISCHIESTA DI RINVIO A GIUDIZIO scritta da Antonio Ingroia insieme a Lia Sava, Antonino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia,

SI LEGGE:

"Gli sviluppi investigativi e l'acquisizione di ulteriori elementi hanno consentito di ampliare la visione delle vicende inerenti la trattativa e di coglierne meglio genesi, matrice, obiettivi ed esiti. Un ruolo prodromico di nuove certezze derivava innanzitutto dalle dichiarazioni di un testimone privilegiato dei fatti, l'odierno imputato Massimo CIANCIMINO, fonte di prova dalla controversa attendibilità intrinseca (visto che in questo processo assume anche la veste di imputato del delitto di calunnia), ma a cui, d'altra
parte, va riconosciuto di aver fornito notizie e informazioni, che, laddove ed in quanto riscontrate, si sono rivelate preziose: queste hanno infatti consentito di ricostruire genesi, dinamiche ed esito dei contatti intercorsi fra i capi di Cosa Nostra e i rappresentanti delle Istituzioni, attraverso il canale dell‘ex Sindaco di Palermo, Vito CIANCIMINO, padre del dichiarante. E di particolare valore e significato sono state, di certo, le successive e conseguenti rivelazioni di "testimoni eccellenti", alti esponenti delle 6 Istituzioni del tempo, i quali, solo allorquando sono venuti a conoscenza delle dichiarazioni di Massimo CIANCIMINO (in parte divenute pubbliche), sono stati finalmente indotti a riferire, per la prima volta, circostanze che avevano a lungo taciuto e che, una volta inserite nel mosaico probatorio, evidenziavano in modo più chiaro uomini, protagonisti e complici della trattativa. Va detto per inciso che questo Ufficio è consapevole del fatto che non si è del tutto rimossa quella forma di grave amnesia collettiva della maggior parte dei responsabili politico-istituzionali dell'epoca (un'amnesia durata vent'anni), che avrebbe dovuto arrestarsi, se non di fronte alla drammaticità dei fatti del biennio terribile '92-'93, quanto meno di fronte alle risultanze (anche di natura documentale) che confermavano l'esistenza di una trattativa ed il connesso – seppur parziale - cedimento dello Stato, tanto più grave e deprecabile perché intervenuto in una fase molto critica per l'ordine pubblico e per la nostra democrazia.

MENTRE NEL DECRETO DI RINVIO A GIUDIZIO PER I DIECI IMPUTATI
(Bagarella Leoluca Biagio, Brusca Giovanni, Ciancimino Massino, Cinà Antonino, De Donno Giuseppe, Dell'Utri Marcello, Mancino Nicola, Mori Mario, Riina Salvatore e Subranni Antonio)

SI LEGGE:

"Sui contatti tra gli ufficiali del ROS e Ciancimino Vito a partire dal giugno del 1992, va poi evidenziato il contributo reso da Ciancimino Massimo.
Ciancimino Massimo riferisce sui seguenti punti, ricordando cose apprese direttamente e da confidenze fattegli dal di lui padre, Vito:

- sull’avvicinamento da parte del capitano De Donno nei suoi confronti, nel giugno del 1992, per chiedere un incontro con il di lui padre Vito;
- sugli incontri tra il di lui padre e il capitano De Donno e il colonnello Mori prima della strage di via D’Amelio (quest’ultimo in almeno due occasioni);
- sulla richiesta da parte di Mori e De Donno a Vito Ciancimino di cosa volessero in cambio i capi di Cosa Nostra per cessare le stragi;
- sulla rassicurazione che Mori esprime a Ciancimino Vito sulla serietà di quella 'trattativa' di cui erano stati informati esponenti politici (Ciancimino Massimo fa i nomi degli onorevoli Mancino e Rognoni) e il comandante del ROS, il Generale Subranni;
- sulla richiesta di Ciancimino Vito all’allora colonnello Mori di coinvolgere anche l’onorevole Violante per la sua influenza su settori nevralgici come la magistratura e la commissione parlamentare antimafia;
- sull’avere lui stesso (Massimo), nella prima fase dei rapporti con gli ufficiali dei carabinieri, su richiesta del padre, tentato di contattare Lipari Pino attraverso i figli e la moglie per arrivare al Riina;
- sul fatto che quel 'dialogo' tra i carabinieri e Ciancimino Vito sfociò nella redazione di un documento proveniente da Riina Salvatore, il cosiddetto 'papello‛, con una serie di richieste scritte sui benefici per la organizzazione mafiosa, relativi principalmente alla legislazione penale, in cambio delle cessazione delle stragi; documento fatto pervenire per il tramite di Cinà Antonino, uomo vicino a Riina;
- sul fatto che di tutto era informato dal padre Vito un non identificato‚ 'Signor Franco‛, che lo invitava ad 'andare avanti‛ parlandogli della 'affidabilità‛ del canale di comunicazione attivato;
- sulle esose richieste contenute nel menzionato 'papello‛ ricevuto dopo la strage di via D’Amelio, e sul conseguente spostamento del terminale mafioso della interlocuzione da Riina a Provenzano, con cui il padre Vito aveva rapporti più stretti;
- sulla elaborazione di una sorta di 'contropapello‛ con richieste meno esose di benefici per la organizzazione mafiosa e le garanzie di impunità e protrazione della latitanza per Provenzano;
- sul diretto rapporto tra Provenzano e Ciancimino Vito per fornire ai carabinieri anche notizie utili per la cattura di Riina Salvatore;
- sul ruolo di 'anello di congiunzione‛ con Provenzano assunto da Dell’Utri Marcello, dopo cattura di Riina e l’arresto del padre Vito;
- sulla non veridicità delle dichiarazioni rese, a partire dal 1993, dal padre Ciancimino Vito alla autorità giudiziaria sui contenuti e sulle date della interlocuzione, per avere quest’ultimo concordato il tutto con ufficiali del ROS dei carabinieri al fine di non svelare l’esistenza di una 'trattativa‛ coltivata sin dal giugno del 1992 e di conseguenza nell’evitare una incidenza sulla individuazione dei responsabili morali della strage di via D’Amelio".

BASTA POCO.
DICEVAMO.

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos