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Due triangoli di luce gialla

sulle ali della farfalla notturna,

da una pannocchia escono capelli

in grado di coprire tutta la terra,

altre larve sonnecchiano pigramente nello stagno,

sempre immobili e sempre pronte all’assalto,

sul pilastro lesionato si aggrappano ragazzi

con ineguagliabile voglia d’esser creduti e sapere.

Lunghe albe si dilatano ancora

dentro i cipressi di recinzione,

è luce estiva stesa al filo dei panni.

Nei paraggi qualcuno predispone assalti,

ma ormai vacilla la sicurezza di farcela da solo.

Come un giunco mi sono chinato

sull’acqua corrente piena di musicalità,

c’erano registrazioni di grilli canterini,

ritagli di foto porno, cactus in fioritura.

Dentro germogliano ancora,

timidi sul ceppo centrale,

virgulti d’infanzia ormai male alimentati.

E’ andato il tempo dell’esplosione spontanea,

bisogna operare tagli, potare, castrare

per arrivare a un minimo di produttività,

altrimenti è schizofrenia.

Un uccello verde mi viene incontro,

non ho tesori, ma confido nella memoria,

piscia un cervo dove finisce la foresta,

calcoli d’una lucertola sulla sabbia:

ho ricostruito il passato,

era tutto errori rossoblu,

c’era un fossato difficilmente guadabile,

adesso, abbattute le mura, libero accesso

a chi è disposto al rapporto umano,

non omaggi, non fregature, neanche frattaglie

per spettatori non protagonisti.

Finalmente comincia a germinare

tutto ciò che avremmo voluto vedere

e non abbiamo visto

perché non volevamo volere né vedere.

Cielo rosso vagina,

in pochi andranno oltre il filo,

anche se è facilissimo saltare:

è più facile esercitare sugli altri

il ruolo che essi esercitano su di te.

E’ ancora possibile

che una minoranza di raziocinatori

ormai ex-classe ex-dominante,

possa indirizzare con sapienza e dolcezza

senatori allo sbaraglio e nobildonne alla fame,

possibile che ogni giorno sia un seme,

che il valore dell’argento

sia minore di quello del grano,

che su uno sperone della collina

qualcuno gridi e convinca gli altri a gridare,

possibile demolire tutte le barriere del potere,

penetrando direttamente nelle sue articolazioni

 e svuotando le sue viscere

dell’alimentazione necessaria.

Sabotaggio? Anche, specie quand’è in vista il big,

sassate a chi scolpisce nel cuoio della testa,

medaglie ai realizzatori di vivai

senza scopo di lucro. Volgono al limite

le residue colate laviche della notte,

sul fianco dei viottoli si disegnano idoletti,

dentro grandi case promesse, raduni, deviazioni,

si discute sugli sgambetti da fare

ai registi del male che declamano.

La rivolta dei peones, sogno eternamente sperato

da tutti coloro cui sono stati estirpati i denti

sin dalla nascita, come misura pre-cautelativa:

rimane la possibilità d’una ricrescita?

Deve esserci: troppo offesa per la ragione

che ha il merito di avere costruito,

distrutto, salvato quel che resta di noi stessi.

Se c’è ancora una ragione,

se le coordinate del passato hanno un senso,

se la coperta dell’oro e il lenzuolo dell’odio

non abbiano finito di coprirci.

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