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medina salvadordi Jorge Figueredo
Ucciso 18 anni fa per aver lottato contro il sistema mafioso nel Paraguay

La vigilia della festività dell'Epifania del 2001, in una calda giornata, dove il sudore e l’astio tendono ad essere normalmente come una seconda pelle che portiamo addosso noi paraguaiani, per Salvador Medina fu una giornata abbastanza impegnativa. Aveva avuto da fare a casa, era uscito a prendere il ‘terere’ con i suoi amici ed ebbe persino il tempo di passare da un'autofficina, scambiando scherzi ed aneddoti con vicini e compaesani.
Nonostante i suoi 27 anni, Salvador era un giovane singolare, pieno di entusiasmo e di ideali. Oltre a frequentare il quarto anno della facoltà di legge, era insegnante di guaranì e si occupava di un programma di musica folcloristica nella radio della sua comunità, dove oltre a diffondere le melodie della cultura guaranì, denunciava i trafficanti di legname, di droga e le attività illecite del crimine organizzato della regione.
Aveva uno sguardo malinconico, profondo, come quello di un anziano, nonostante la sua giovane età. Gli piacevano gli scherzi, giocare con i suoi amici, ridere delle loro battute. Nella sua breve vita sembrava avere vissuto già cento anni o anche di più. Aveva raggiunto una condizione simile alla saggezza, come pochi ventenni.
Non lo vidi mai di cattivo umore. Al contrario, aveva sempre un sorriso fraterno ed amichevole. Non era chiacchierone né polemico. Diceva sempre la parola giusta, con equilibrio, esprimendo sempre le sue idee con molto rispetto. Sembrava inoltre, di trasmettere sempre un messaggio filosofico, spontaneo. Non parlava molto, gli piaceva riflettere, osservare, ascoltare e infine esprimere quello che sentiva e percepiva.
Salvatore si distinse sempre per la sua umiltà, la sua semplicità di giovane campagnolo educato lontano dalla capitale, ma con una ricca cultura guaranì. Non cercava mai di imporre le sue idee, ma si esprimeva sempre con molta aristocrazia, come un cavaliere templare.
Lo preoccupava la sofferenza e l'ingiustizia che vivevano i più emarginati del Paraguay, la mancanza di terre per i contadini, gli operai che non avevano lavoro o erano sfruttati retribuiti con una misera somma di denaro. Sognava una riforma agraria totale del settore, e una città dove le persone percepissero un salario degno, che potessero accedere ad un’abitazione e ad un'educazione di qualità. Insomma, sognava la giustizia sociale, in un paese dove la corruzione e l'impunità erano il nostro pane quotidiano.
Salvador fu il migliore dell’Istituto nazionale di Capiibary nel 1994, quando prese il diploma e ricevette la medaglia di oro.
Suo fratello Francisco Medina ricorda che Salvador alla cerimonia di diploma fece un discorso memorabile. Denunciò la disuguaglianza sociale, la mancanza di opportunità dei contadini di studiare all'Università, i quali, anche se hanno talento devono superare molti ostacoli per potere accedere ad un'istruzione superiore. E denunciò la corruzione e l’impunità regnante dentro lo Stato che permette questa ingiustizia.
Quando morì, Salvador aveva progetti e sogni come ogni giovane: per esempio finire gli studi di legge e dopo ritornare alla sua terra nativa e dedicarsi all'insegnamento della lingua guaranì; continuare con i suoi programmi radio in difesa della natura, in una regione dove la deforestazione già in quegli anni era allarmante e criminale, con la complicità delle autorità di polizia e giudiziarie.
Ore prima della sua morte, il giovane direttore della Radio Comunitaria Remití, della Città di Capibary, non si sarebbe mai immaginato che sarebbe andato all’incontro con il suo assassino Milciades Maylin. Nonostante avesse ricevuto varie minacce di morte per le sue denunce dai microfoni della radio comunitaria; non pensò che la malvagità e la crudeltà dei criminali potessero arrivare a tanto.

maylin milciades

Aveva dedicato i suoi migliori anni della gioventù a coltivare il suo spirito, a diffondere non solo la lingua guaranì, bensì la cultura di una civiltà che era all’opposto della cultura occidentale: imperialista, capitalista, invasiva e violenta. Lui incarnò nella sua vita la cultura guaranì, silenziosa, ma decisa, con una saggezza millenaria, che non lasciò in eredità grandi opere architettoniche, ma una lingua antidiluviana, con una visione del mondo in sintonia con la madre terra, rispettosa delle leggi cosmiche e della natura.
Lo scorso cinque gennaio 2019, abbiamo ricordato il 18º anniversario dell'assassinio di Salvador Medina, per mano di un sicario: Milciades Maylin, al servizio del crimine organizzato.
Salvador, con la sua voce limpida e chiara, smascherò la mafia del narcotraffico, del traffico di legname e la complicità dei politici della zona con il crimine organizzato.
Fu un giovane rivoluzionario che aspirava a vivere in un paese libero dalla corruzione, dalla ingiustizia e dalla mafia. Lottò sempre contro i mali del mondo: la mafia, la distruzione dell'ecosistema, l'egoismo e l'indifferenza della società consumistica, scommettendo sulla cultura, la cultura guaranì solidale, umanista e saggia: cercava la terra senza il male come strumento di liberazione del popolo.
Fu sempre coerente con i propri ideali. Lui rappresentava il giovane del futuro, molto umano, amante della giustizia, buono, trasparente e affrontò faccia a faccia il mostro del sistema criminale. Perché la sua guerra non fu solo contro la mafia, ma anche contro il capitalismo disumanizzante, la schiavitù mentale e spirituale dell'uomo moderno.
È per questo motivo che i veri responsabili della sua morte si servirono di Milciades Maylin per liberarsi di una persona scomoda che attentava contro i loro progetti criminali. Dietro il sicario c’era tutta una struttura, tutto un sistema mafioso, che non poteva permettere che qualcuno osasse risvegliare la coscienza della gente e tanto meno tollerare che fosse promotore di una nuova cultura, la cultura della giustizia e della libertà.
Il vero motivo per cui misero fine alla sua vita, è che Salvador Medina era un giovane che accese la fiaccola della libertà, della verità, della passione per la giustizia, in un paese e in un sistema dove prevalevano (e prevalgono), la mafia, il crimine organizzato, la cultura dell'illegalità e la paura.
Fu un autentico giovane rivoluzionario. Ma i suoi ideali non sono morti. La sua energia vitale, il suo amore per l'umanità continuano ad ardere nei cuori dei giovani del presente, come nei membri del movimento culturale internazionale "Our Voice" che lottano contro i mali del mondo, come faceva lui.
Salvador Medina è stato un martire come Santiago Leguizamón, Pablo Medina e tanti altri giornalisti e combattenti sociali che furono i pionieri nella lotta contro il sistema criminale dominante. Ma oggi tocca a noi assumere la responsabilità di seguire le orme e l'eredità che ci hanno lasciato questi uomini che illuminarono le tenebre in cui vivevamo, e non possiamo permettere che quella luce si spenga, al contrario, dobbiamo continuare a mantenere accesa quella fiaccola, renderla ancora più luminosa, fino a riuscire a ragggiungere lo splendore della liberazione dalla dittatura mafiosa che ci opprime e ci tiene prigionieri.
Solo così saremo liberi come sognava questo giovane, fermo nei suoi ideali, con la conoscenza di un saggio ed una volontà di ferro.
(Asunción, 6 gennaio 2019)

Foto di copertina: www.diarioabescolor.com
Foto 2: www.diarioabeccolor.com / Milciades Maylin, sicario che uccise Salvador Medina in un'udienza del processo che lo condannò alla prigione; non rivelò mai l'identità dei mandanti del crimine.

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