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acosta-neneco-vilmar-2di Jean Georges Almendras* - 16 maggio 2015
Molto curato l’aspetto fisico ed il suo abbigliamento. Capelli corti, barba appena rasata. Volto inespressivo. Modo di fare calmo. Praticamente solo, da l’immagine di un uomo prigioniero della paura e dell'incertezza. Vilmar "Neneco" Acosta Marques prende posto su una sedia nell’aula del Tribunale di Campo Grande, Brasile, dove si tiene la prima udienza pubblica per l’identificazione delle persone, prima di essere - un giorno - estradato in Paraguay, dove è accusato di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Pablo Medina e della sua assistente Antonia Almada, tra altri gravi delitti.
È venerdì 8 maggio 2015. Oggi "Neneco" Acosta, ex sindaco di Ypehjú, è in manette, controllato dai poliziotti. Sono lontani i tempi delle comodità e dei privilegi di cui godeva come sindaco. Sicuramente si trova a vivere una delle situazioni più scomode e difficili della sua vita, fosse solo per trovarsi alla mercè delle autorità e, quindi, potrebbe, (giustamente) essere caricato su un aereo per essere trasferito ad Asuncion, dove sarebbe giudicato ed eventualmente condannato ad una pena di 30 anni di carcere. L'udienza per l’identificazione, che rientra nell’ambito del processo di estradizione sollecitato dalla Giustizia paraguaiana, ha due ragioni: spiegare i motivi della sua detenzione e la richiesta di estradizione sollecitata dallo Stato paraguaiano, e determinare l’identità della persona, cioè, se la persona detenuta è Vilmar Acosta. Ad istruttoria conclusa, la parola spetta alle autorità brasiliane: negare o concedere l’estradizione dell’ex sindaco di Ypehjú.

L’accusa
acosta-almendras-oviedoI mezzi di comunicazione del Paraguay e dell’intera regione, in particolar modo del territorio brasiliano, hanno dato spazio a questa prima udienza che rientra nell’istruttoria aperta a carico di Vilmar Acosta, nel contesto delle indagini sul duplice omicidio di Pablo Medina ed Antonia Almada. I due morirono crivellati dai colpi di armi da fuoco, in un agguato avvenuto il 16 ottobre 2014, mentre, di ritorno da un servizio giornalistico, viaggiavano su un camioncino lungo una strada rurale nella regione di Villa Ygatimi, a Curuguaty. Solo Rut Almada, sorella di Antonia, sopravvisse all’attentato, sfuggita miracolosamente ai proiettili, trovandosi sul sedile posteriore del veicolo. Un imprevisto dannoso per i criminali che fece sì che la notizia si diffondesse pochi minuti dopo. Fu Rut stessa ad allertare le autorità tramite un cellulare, mentre si trovava ancora sotto shock. Rese inoltre possibile identificare i due sicari Wilson e Flavio Acosta, parenti diretti di Vilmar Acosta, mandante assoluto del mortale attacco, fino a quel momento sindaco di Ypehjú.  

Alla sbarra
Oggi, trascorsi sette mesi circa da quel pomeriggio di morte e di piombo, Vilmar è un uomo finito, ammanettato come un imputato di mafia. Guarda con diffidenza i presenti nella sala dove si svolge l'udienza pubblica presso il Tribunale Federale di Campo Grande. Prima dell'attentato di Villa Ygatimi la società paraguaiana lo vedeva sorridente ed orgoglioso nella sua veste di "cittadino onesto" e di "sindaco" virtuoso, altruista e pienamente immerso nell'attività politica. Ma oggi, 8 maggio, la società paraguaiana (ed il mondo), non lo vede più allo stesso modo. La sua immagine è quella di un delinquente, un mafioso, un individuo carente di ogni scrupolo, messo alle strette ed al punto di essere consegnato nelle braccia della Giustizia del Paraguay.  
Giornalisti paraguaiani, funzionari del Consolato paraguaiano in Brasile e della Procura paraguaiana (in qualità di osservatori), funzionari della procura brasiliana e personale della sicurezza di Campo Grande, costituivano la platea della sala. Nessun familiare, né amici dell'ex sindaco, seppure si trattasse di un'udienza aperta al pubblico. Vilmar "Neneco" Acosta era solo, contro il mondo. La stampa non ha potuto fotografarlo né filmarlo. Solo alla difesa e alla procura è stato concesso di registrare l'audio dell’udienza presieduta dal giudice Rodrigo Capez.  
"Neneco" Acosta era accompagnato dai suoi avvocati, i dottori Anderson Rodríguez e Hervitan Cristian Carulla. Al momento di parlare, è stato molto specifico, ratificando di essere brasiliano, come aveva affermato al momento del suo arresto in un piccolo negozio lungo la frontiera i primi di aprile. Ma in questa occasione, alla sua arringa difensiva ha aggiunto una componente drammatica: la sua vita sarebbe in pericolo in Paraguay. Così semplice. Così chiaro. Così sfacciato.  
Alla stampa paraguaiana, il giudice per gli Affari Internazionali Dr. Juan Emilio Oviedo (solo come osservatore), - accanto al magistrato brasiliano Analicia Ortega Hartz durante l'udienza – ha commentato l'intervento dell'ex sindaco di Ypehjú ricordando: “Lui ha detto che non vuole essere estradato, che è brasiliano e che diversi politici in Paraguay lo vogliono morto, è perseguitato e teme per la sua vita". Presenti all’udienza, oltre al magistrato Oviedo, il direttore di “Affari Legali del Ministero di Affari Esteri Dr. Ruben Ortíz ed il console paraguaiano di Campo Grande, Angel Gill  Lesme.  
Successivamente Oviedo ha ricevuto Antimafia Dos Mil Paraguay ed Uruguay nel suo ufficio, nella sede del Ministero Pubblico, ad Asunción. Ci ha raccontato che Vilmar Acosta era nervoso, che lo vedeva come stesse vivendo la situazione attuale nell’incertezza.
Oviedo ha espresso con enfasi: “Noi abbiamo fornito in un vassoio alla giustizia brasiliana quanto era necessario per risolvere per l’estradizione. Abbiamo consegnato loro un voluminoso espediente riassuntivo, con prove, file, informazioni, documenti. Dal Paraguay abbiamo fatto il tutto celermente. Ed io credo che il giudice brasiliano sia convinto che Vilmar Acosta è paraguaiano. Lui non deve considerarsi un perseguitato politico. Assolutamente, perché è responsabile di un fatto criminale, che va oltre il delitto in se. Questo crimine va contro la libertà di stampa. Io credo che la giustizia brasiliana si renderà conto che un no all’estradizione comporterebbe delle conseguenze bilaterali. Voglio dire inoltre che non è la stessa cosa essere giudicato in Brasile piuttosto che in Paraguay, dove il crimine è stato compiuto. Arrivare all’estradizione significherebbe dare un chiaro messaggio contro l'impunità", e ha aggiunto “l’attacco criminale contro la vita di Pablo Medina è maturato a causa degli articoli che scriveva il giornalista. Non era una fattore politico”. Oviedo ha precisato inoltre che in uno Stato di Diritto non si possono ignorare certi requisiti e procedimenti legali. Ha affermato che l'estradizione era l’unica strada da percorrere e non l’espulsione dal Brasile, perché significherebbe che si stanno applicando gli stessi parametri come nei tempi del Piano Condor.
Per concludere, alla domanda sull'eventualità che "Neneco" abbia goduto dell’appoggio di politici, sia per fuggire dal paese che per coprire la sua latitanza, essendo che la polizia lo cercava nei suoi posti abituali, Oviedo ha risposto:
"Ci consta che ha contato sull’appoggio di persone, ma non possiamo affermare che abbia avuto l’appoggio di politici, almeno per quanto riguarda la sua fuga dopo il crimine. Come politico, sicuramente è stato appoggiato dal suo stesso schieramento al momento di candidarsi a sindaco, ma voglio chiarire che non ci sono prove che la sua fuga sia stata appoggiata da politici".  
Per quanto riguarda la risoluzione della Giustizia brasiliana il dottore Juan Emilio Oviedo è stato categorico: “Ci sono scadenze. Procedimenti. È imprevedibile. Come ho detto prima, la Giustizia del Brasile ha tutto nelle mani. Ripeto. Abbiamo dato loro tutto in un vassoio. Speriamo che l'estradizione di ‘Neneco’ non si faccia attendere come quella di Peirano dall’Uruguay al Paraguay".  
acosta-oviedo-docIl giudice Oviedo è stato intervistato anche da altre testate giornalistiche: "Se Vilmar afferma di essere brasiliano, non può chiedere asilo. Credo sia una strategia da lui adottata, in caso fosse dichiarato paraguaiano, allora lui chiede asilo. In realtà non dovrebbe parlare di asilo, ma rifugio. Secondo il mio criterio è una questione che non ha base”, ha dichiarato Oviedo ad un giornalista del diario Ultima Hora.  
"Dopo l’udienza la difesa di Vilmar Acosta ha dieci giorni per presentare la sua arringa. Dopo toccherà alla Procura Generale del Brasile emettere il suo giudizio in quanto all’estradizione" ha spiegato Oviedo ai giornalisti di ABC Color.   
"Parallelamente al processo per l'estradizione di ‘Neneco’ è in corso nel Tribunale di competenza di Sete Quedas, la causa per definire la sua nazionalità. Vilmar dovrà essere presente all’udienza che si terrà probabilmente il 25 maggio prossimo. Il tribunale paraguaiano sostiene che Acosta è paraguiano e che è nato ad Ipehjú, mentre che le difesa del detenuto imputato di essere il mandante dell’omicidio di Medina e di Almada che assicura che Vilmar Acosta è nato a Paranhos, Brasile, ed è di nazionalità brasiliana”, ha detto Oviedo ai suoi colleghi di Ultima Hora.
Il pubblico ministero di Affari Internazionali Juan Emilio Oviedo, dialogando con i colleghi di ABC Color, ha qualificato positivamente l'avanzamento del processo e gli sviluppi dell'udienza, dove per la prima volta Vilmar Acosta ha avuto l'opportunità di dichiarare pubblicamente, fornendo la propria versione. Alle autorità del Brasile, il procuratore generale dello Stato, Dr. Javier Díaz Verón, ha assicurato che in caso di estradizione Vilmar Acosta avrebbe garantito un giusto processo.  
Risultano ancora latitanti Wilson Acosta e Flavio Acosta, fratello e nipote rispettivamente di Vilmar Acosta, e autori materiali del doppio crimine, di cui non si ha traccia.
Il ritmo cittadino nelle vie di Asunción, in questi freschi giorni del mese di maggio, non si assopisce né rallenta per le udienze giudiziari in corso per il caso Medina. Tutto trascorre con una naturalità incredibile. Quella naturalità garantita dalla routine delle popolazioni. Popolazioni a volte estranei a quanto succede al di là del proprio orizzonte, perché assopiti dalla lotta per la vita. Una lotta giornaliera e spesso crudele, frutto di un consumismo violento e dannoso che sottomette e narcotizza. I cittadini del terzo millennio, di oggi - i lavoratori, di sempre - si affollano negli autobus che circolano sobbalzando, a causa del pessimo stato dell’asfalto delle strade di Asunción. Viali e strade di traffico intenso, macchine di lusso che si mescolano a persone senza soldi in tasca, dall’espressione stanca e stressate da bollette arretrate non pagate, e sotto pressione.
I viali e le strade di Asunción sono prese d’assalto da bambini e ragazzine, quasi adolescenti (molte di loro già madri), che sopravvivono come venditori informali o deambulando senza meta fissa. Sempre meglio che ritornare a casa dove trovano violenza, maltrattamenti ed abusi sessuali. Viali e strade di Asunción, nelle cui piazze si vendono e si rivendono speranze, prodotti artigianali e succhi di arancia. Dove si lustrano scarpe e si partecipa ad un “giro di terere’.
Una città al ritmo di una popolazione immersa nella lotta per sopravvivere giorno per giorno. Una quotidianità vissuta gomito a gomito con il narcotraffico, con la narcopolitica e da sette mesi con la morte del giornalista Pablo Medina. Ma certo, una morte, che se ben eccellente e che ha trovato spazio nei media, non è stata ancora beneficiata dalle braccia della giustizia, perché ancora il mandante resta impunito.
Ecco il Paraguay oggi, che cerca di abbattere questo muro d’impunità, non solo per far sì che sia fatta giustizia, ma perché si possa credere in essa e negli uomini che dicono di amministrarla.

#Foto di copertina di Vilmar "Neneco" Acosta. Foto di Abc Color  
#Foto al centro. Giudice Affari Internazionali, Juan Emilio Oviedo, in conversazione con Jean Georges Almendras della Redazione dell’Uruguay ed Omar Cristaldo della Redazione del Paraguay. Foto ADM Paraguay.
#Foto in basso. Espediente inviato dalla Procura del Paraguay alla Giustizia del Brasile. Foto di ADM Paraguay.  

* inviato speciale ad Asuncion, Paraguay

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