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crisi-venezueladi Paolo Maccioni - 19 febbraio 2014
Non è solo l'Ucraina ad essere sotto pressione. Anche in Venezuela (altro punto di frizione ai confini dell'Impero) registriamo disordini e sistematiche manipolazioni dei media occidentali. Per comprendere qualcosa sui disordini di queste ore in Venezuela, e diradare la cortina di versioni discordanti che puntualmente avvolge questo tipo di notizie, può essere utile un semplice esercizio di comparazione fra quotidiani. Prendiamo ad esempio La Stampa e Il Fatto Quotidiano.

Il quotidiano torinese pubblica un'intervista a Moisés Naím, il Fatto invece riporta un articolo firmato da Fabio Marcelli. Interessante il raffronto fra i titoli che raccontano i guai di Nicolás Maduro, il presidente chavista in carica.
Agli antipodi il titolo del Fatto Quotidiano: "Venezuela, il fascismo non passerà".
 
Così sulla Stampa:
«Maduro però dice che l'opposizione è pilotata dall'estero e prepara il colpo di stato [chiede l'intervistatore Paolo Mastrolilli].
«È curioso sentire una denuncia del genere da chi controlla l'esercito e reprime la protesta, uccidendo gli studenti in strada [risponde Moisés Naím]. Quanto all'influenza esterna, quella vera è di Cuba, che decide le politiche interne venezuelane, e in più arma e addestra i gruppi di civili responsabili delle violenze. L'opposizione non ha strumenti, e se ci sarà una grande manifestazione con l'arresto dei suoi leader, la gente non lo saprà perché Maduro ha chiuso le televisioni, come ha fatto con l'emittente colombiana Ntn24, e ha tolto la carta ai giornali».
Che cosa dovrebbe fare la comunità internazionale?
«È triste vedere come il petrolio e i regali di Caracas abbiano ridotto al silenzio l'interna America Latina. A Cuba si è appena tenuto il vertice della Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños (Celac), e nessuno ha fatto alcuna obiezione».
 
Verrebbe da commentare: E ci mancherebbe! Gli altri "Estados Latinoamericanos y Caribeños" conoscono benissimo gli stessi attacchi per averli subiti ripetutamente; l'intera seconda metà del XX secolo è stata contrassegnata dall'ingerenza violenta di Washington che ha imposto col sangue dittature o governi fantoccio compiacenti, come, al contrario della Stampa, riferisce Fabio Marcelli (ricercatore dell'Istituto di studi giuridici internazionali del CNR) sul Fatto Quotidiano:
 
«[In Venezuela]... nella destra ha preso il sopravvento la corrente più violenta e oltranzista, che gode con ogni evidenza del sostegno degli Stati Uniti. O meglio di quelle correnti, tuttora egemoni, nel governo di Washington che ritengono, con forte miopia e cieca tracotanza, che gli interessi del popolo statunitense sono meglio garantiti, in tutto il mondo e in particolare in America Latina da governi di servi sciocchi, come furono a suo tempo Pinochet e i gorilla argentini, brasiliani e uruguayani.» E ancora: «Tutti gli Stati latinoamericani, compresa la Colombia di Santos, stanno esprimendo la propria solidarietà al governo venezuelano bersaglio dei tentativi di colpo di Stato e del vero e proprio revival del fascismo più efferato e selvaggio che sta avendo luogo nello Stato caraibico sotto l'egida dell'ambasciata di Washington, come dimostrato da numerosi documenti rivelati da Wikileaks sul finanziamento e appoggio che l'amministrazione Obama ha portato ai gruppi eversivi.»
 
Ogni punto di vista è legittimo, si potrebbe obiettare a buon diritto... purché si conosca il profilo completo di chi lo esprime, e che da questo non emergano conflitti di interesse, altrimenti si esce dall'ambito delle opinioni e si entra in quello della propaganda.

Di Moises Naím la Stampa ci dice che "è stato ministro dell'Industria e del Commercio" e ricorda che è "studioso del Carnegie Endowment for International Peace, ex direttore della rivista Foreign Policy e autore del celebrato saggio «La fine del potere»". Una verità incompleta, perché Moises Naím è stato anche direttore esecutivo prima, e primo consigliere del presidente poi, della Banca Mondiale (basta banalmente cercare su Wikipedia per saperlo). Inoltre "ministro dell'Industria e del Commercio" è un titolo vero ma reticente: più precisamente è stato ministro del gabinetto di Carlos Andrés Perez, il quale il 27 e 28 febbraio 1989 (ancora Wikipedia): «mobilitò l'esercito per soffocare nel sangue la rivolta popolare contro un pacchetto di misure anti-crisi imposte al Venezuela dal Fondo monetario internazionale. La repressione ordinata dal presidente fu particolarmente brutale in tutta la cintura dei quartieri popolari (i ranchos) alla periferia di Caracas e il numero delle vittime non fu mai reso ufficialmente noto (alcune fonti indipendenti parlarono di 3500 morti).»
Una figura non disinteressata insomma.
Moises Naím viene pubblicato con frequenza sul Corriere della Sera, L'Espresso e Il Sole 24ore, e la sua opinione è inghiottita da lettori che la metabolizzano, in buona fede, totalmente ignari del suo profilo. Quanto ai suoi trascorsi come direttore esecutivo e successivamente primo consigliere del presidente della Banca Mondiale (il cui presidente viene nominato dagli USA, giova ricordarlo) basterebbe ricordare come questa rispettabile istituzione, insieme al Fondo Monetario Internazionale, abbia imposto politiche economiche di indebitamento e privatizzazioni (altrimenti chiamate svendite) a pressoché tutti i Paesi latinoamericani e non solo.
 
Per non limitarci alla stampa nostrana, suggerirei la lettura di un articolo di María Páez Victor che illustra le dinamiche dell'attacco al Venezuela, nonché - per chi mastica l'inglese - di un articolo apparso su The Guardian, firmato da Mark Weisbrot, condirettore del Centre for Economic and Policy Research di Washington DC ("L'appoggio di Washington al rovesciamento del potere in Venezuela è un errore").
 
Weisbrot, a dispetto di Moises Naím, il quale sostiene che Washington non c'entri niente, scrive:
«Quando il Segretario di Stato John Kerry dice "Siamo parecchio allarmati dalla notizia che il governo venezuelano ha arrestato e detenuto diversi manifestanti anti-governativi", sta prendendo una posizione politica, poiché parecchi di questi manifestanti hanno commesso crimini: hanno attaccato e ferito poliziotti con blocchi di cemento e bottiglie Molotov, hanno incendiato automobili, cassonetti, in qualche caso appiccato il fuoco a edifici governativi e commesso altri atti di violenza e vandalismo.»
Toh!, questi dettagli non emergono nell'intervista a Moises Naím. Così come i ribelli armati nazistoidi di Kiev non vengono raccontati dai nostri media.
Continua Weisbrot: «E' chiaro, tutti sanno a chi gli Stati Uniti diano il loro sostegno in Venezuela. Nel budget federale 2014 ci sono 5 milioni di dollari stanziati per finanziare attività di opposizione in Venezuela, e questa è senz'altro la punta dell'iceberg, poiché vano ad aggiungersi ai finanziamenti erogati alla luce del sole di centinaia di milioni di dollari negli ultimi quindici anni».
Weisbrot inoltre riconosce, dati alla mano, che «da quando il governo di Chávez prese il controllo dell'industria nazionale del petrolio, l'indice di povertà si è dimezzato e la povertà estrema ridotta del 70%.» Informazione spesso taciuta dai media nostrani. Eppure, proviene nientemeno che dalla sopraccitata Banca Mondiale.
 
Insomma, le vicende possono essere declinate in diversi modi a seconda di chi le racconta, di quali interessi (manifesti o taciuti) rappresenti chi ne tesse la narrazione e di quali siano i soggetti coinvolti. Si può essere "criminali" da condannare o "oppositori" da sostenere a seconda che si sia No-Tav oppure "manifestanti" venezuelani o ucraini.

Tratto da: megachip.globalist.it
  

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