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cannabis-jamaica di Piero Innocenti - 10 aprile 2013
La Giamaica, immersa in quello straordinario contesto geopolitico che è la zona caraibica, ha un posto d’onore non soltanto nell’atletica mondiale (con i suoi centometristi) ma anche in quello culturale per la grande varietà dei motivi della musica locale. Il riferimento va al genere “reggae”, collegato al credo religioso, d’ispirazione cristiana (Rasta) importato dall’Etiopia, di moda tra i giovani negli anni Settanta, in particolare per la filosofia legata all’uso della cannabis (Giamaica è uno dei paesi maggiori produttori di cannabis al mondo) e al rifiuto della società occidentale.

Il paese, 2milioni e 900 mila abitanti (circa 300 gli italiani residenti alla fine del 2012), 3 Contee e 14 Parrocchie (così vengono chiamate le articolazioni amministrative), è una democrazia parlamentare, ma, in quanto membro del Commonwealth, è anche monarchia costituzionale e, quindi, la Regina Elisabetta II d’Inghilterra è anche “Regina della Giamaica”.

La situazione economica e sociale, agli inizi del 2013, non è certamente delle più entusiasmanti se si pensa al debito pubblico pari al 131,7% del Pil, ad una inflazione annua dell’8%, ai seri problemi della criminalità (non solo di quella collegata al narcotraffico) e della corruzione. Lo scivolamento nella graduatoria della competitività sui mercati stilata (2011) dal World Economic Forum è dovuto, secondo il governo giamaicano, al fatto che “…lo sviluppo economico è rallentato dal crimine e dalla paura del crimine che frena lo sviluppo dell’economia, distrugge la formazione del capitale e scoraggia gli investimenti stranieri”. La criminalità del narcotraffico è in pole position nella graduatoria nazionale. L’organismo deputato al suo contrasto è, in via prioritaria, l’agenzia governativa del Jamaica Constabulary Force (JCF), supportato dal Jamaica Defense Force (JDF) e da un ufficio di investigazioni finanziarie del Ministero delle Finanze. Per combattere la corruzione all’interno della JCF è operativo, dal 2008, uno speciale ufficio che ha dimostrato la sua efficacia facendo incriminare, nel 2011, 39 operatori di polizia e 19 impiegati dei ruoli amministrativi sempre in servizio presso l’JCF. Attraverso, poi, il servizio telefonico gratuito, denominato  1-800-Corrupt, che assicura l’anonimato, si possono denunciare episodi di corruzione della polizia e della dogana (circa 400 le segnalazioni fatte sino al dicembre 2012). Particolarmente allarmanti gli episodi segnalati di violenze commesse dagli addetti alla sicurezza se si pensa ai 236 casi  di omicidi attribuiti ad agenti in servizio su strada o incaricati della vigilanza su cittadini fermati e accompagnati negli uffici di polizia ( i dati si riferiscono al 2011 e sono gli ultimi disponibili). Tornando alle droghe, come detto, la Giamaica è un grande produttore di cannabis ed esportatore di marjiuana ( detta anche “ganja”, è molto diffusa tra gli isolani) verso il mercato americano. Sarebbero circa 15mila gli ettari destinati alla coltivazione della cannabis e distribuiti in tutte le quattordici “parrocchie”, in prevalenza in zone montagnose e lungo gli affluenti del fiume Nera (parrocchia di Santa Elisabetta).

L’eradicazione delle piante avviene manualmente ( sono vietati erbicidi) e nel 2012 la Polizia e le Forze Armate hanno distrutto, con l’impiego di “tagliatori civili”, circa 400 ettari di colture di questo tipo sequestrando oltre 26 tonnellate di marjiuana. Particolarmente “apprezzato” sul mercato l’olio di hashish giamaicano ( 42 kg sequestrati nel 2012), diretto principalmente in Canada dove risiedono consistenti comunità di giamaicani che provvedono al successivo smistamento locale. Nessun sequestro di eroina negli ultimi cinque anni sui quali si dispongono di dati certi, mentre per la cocaina e il crack si sono rilevati, rispettivamente, 300 kg e 1,16 tonnellate di “merce” sequestrata. Per le pasticche di ecstasy, dopo il picco di 2.785 del 2009, sono state sequestrate solo 25 pillole negli ultimi tre anni. Quindicimilacinquantasette le persone arrestate nel 2012 per delitti collegati alle droghe di cui 14.946 giamaicani ( di questi 600 donne), contro le 17.511 del 2011 e le 8.482 del 2010. Il traffico è gestito da bande locali, dedite anche alle estorsioni, alle rapine, allo sfruttamento della prostituzione, che si sono andate spartendo il territorio dopo una serie di conflitti violenti. Sono, così, scomparsi dalla scena criminale i “don” delle aree urbane ( famoso Cristopher Michael Coke, meglio noto come “Dudus”, capo della Shower Posse, condannato alcuni mesi fa a 23 anni di carcere dal Tribunale di New York) e da questa frantumazione sono nati i “corner dons”, piccoli capi su ridotte porzioni territoriali che trafficano sul mercato locale. Restano, tuttavia, alcune temibili aggregazioni (“posses”) criminali come One Order e Clanzmen, con cellule anche a New York, Toronto e Londra, che, oltre al traffico di droghe, contrabbandano armi, compiono attentati e intimidazioni per conto di politici locali in cambio di appalti pubblici e sono di una ferocia spietata contro i “traditori” dell’associazione. Le zone di Kingston, Montego Bay e Spanish Town, sono teatro giornaliero di omicidi, conflitti a fuoco, sequestri di persona, violenze sessuali. Nonostante la reintroduzione, nel 2008, della pena di morte per impiccagione (1.682 esecuzioni nel 2009 e 1.428 nel 2010), dopo che nel 2005 si erano avuti 1.674 omicidi in tutto il paese (un rapporto altissimo, pari a 58 omicidi per 100mila abitanti), la Giamaica continua ad avere tra i più alti indici di omicidi al mondo e non si riesce a vedere uno spiraglio di miglioramento.

Tratto da: liberainformazione.org

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