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Accolta la richiesta della procuratrice Fatou Bensouda

Decisione storica: la Corte Penale Internazionale (CPI) ha stabilito venerdì 5 febbraio di avere la giurisdizione sui crimini di guerra o le atrocità commesse nei territori palestinesi, aprendo la strada a un'indagine penale, nonostante le obiezioni israeliane. La decisione ha provocato rapide reazioni sia da parte dell’entità sionista, che non fa parte della CPI e che continua a sostenere che la stessa non abbia competenza giuridica nei territori occupati, sia da parte dell'ANP, che ha accolto con entusiasmo la sentenza.
Per comprendere la portata di questa sentenza, dobbiamo tornare al 2019, quando la procuratrice capo Fatou Bensouda, aveva affermato che esisterebbe “un motivo per credere che crimini di guerra siano stati commessi nel contesto delle ostilità del 2014 a Gaza”, riferendosi in particolare all’offensiva Margine di Protezione. In quell'occasione la procuratrice aveva aggiunto che le forze israeliane avrebbero lanciato “intenzionalmente attacchi sproporzionati” e che le autorità israeliane avrebbero commesso crimini “trasferendo civili (i coloni, ndr) in Cisgiordania”.
L’Operazione Margine di Protezione è il nome in codice della campagna militare cominciata l’8 luglio 2014 da parte delle Forze di Difesa Israeliane contro i palestinesi nella Striscia di Gaza. Tel Aviv affermò che l’offensiva era rivolta contro i gruppi “terroristici” della Striscia, nei fatti fu una strage di civili: morirono più di 2.100 civili, tra cui molti bambini. Ricordiamo tutti le immagini dei bombardamenti sui bambini, colpiti  sia sulle spiagge che negli orfanotrofi di Gaza.
Proprio per queste azioni, la procuratrice sottolineò la necessità di un’indagine penale sui fatti ritenendo che “non vi sono ragioni sostanziali per ritenere che un’indagine non servirebbe gli interessi della giustizia. Date le questioni legali e fattuali uniche e altamente controverse legate a questa situazione, vale a dire il territorio in cui può essere svolta l’indagine, ho ritenuto necessario invocare l’articolo 19.3 dello Statuto per risolvere questo specifico problema”. La procuratrice ha, quindi, invocando l’art 19.3, chiesto alla Corte - ed è su questo aspetto in particolare che si concentrano le obiezioni del governo israeliano - “alla Sezione preliminare I di pronunciarsi sulla portata della giurisdizione territoriale della Corte Penale Internazionale nella situazione in Palestina, in particolare se include la Cisgiordania, Gerusalemme est, e Gaza”, ribadendo che avrebbe aperto un’indagine sulla perpetrazione di crimini di guerra in Palestina non appena i giudici avessero deciso se la situazione ricadesse sotto la loro giurisdizione
La problematica legale sorge dal fatto che Israele, come gli Stati Uniti, non fanno parte del Trattato di Roma istitutivo della Corte, in seguito al ritiro della propria firma in calce al testo. Questa tattica servirebbe agli Stati non parte di poter, di fatto, proteggere i propri criminali da un ipotetico procedimento contro di loro. Consapevoli di questi escamotage, i procuratori della CPI hanno la possibilità di chiedere un parere ai giudici della Corte e, in base alla loro pronuncia, si crea un precedente in merito alle competenze del tribunale internazionale. Ed è stato esattamente questo il caso.
La Corte ha, quindi, stabilito di avere giurisdizione sui Territori palestinesi occupati da Israele e, di conseguenza, di poter procedere all'apertura di inchieste contro Israele e Hamas per "crimini di guerra" e ha "deciso, a maggioranza, che la giurisdizione territoriale della Corte sulla situazione in Palestina, uno Stato membro dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, si estende ai territori occupati da Israele dal 1967”.
La sentenza è storica, non solo perché la CPI per la prima volta crea un precedente in merito alla sua competenza a procedere nei confronti di uno Stato non parte del Trattato di Roma, ma anche perché sottolinea che la Palestina fa parte della Corte, malgrado il suo status nel diritto internazionale.
Nonostante Netanyahu continui ad urlare al complotto politico persecutorio nei confronti di Israele, la notizia è stata accolta con favore da molteplici istituzioni di protezione dei diritti umani, in primis da Balkees Jarrah, direttore associato della giustizia internazionale di Human Rights Watch, che ha definito la decisione "fondamentale" e ha detto che "finalmente offre alle vittime di gravi crimini una reale speranza di giustizia dopo mezzo secolo di impunità. È giunto il momento che i responsabili [...] degli abusi più gravi - che siano crimini di guerra commessi durante le ostilità o l'espansione di insediamenti illegali - affrontino la giustizia".

Foto © Imagoeconomica/by شبكة برق | B.R.Q is licensed under CC BY 2.0

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