Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

di Margherita Furlan - Video
Fumata nera alla Cop 25 di Madrid che, nonostante i tempi supplementari, si è chiusa senza un'intesa. La regolazione globale del mercato del carbonio il nodo più difficile da sciogliere. Come se non bastassero le difficoltà politiche, le pressioni esercitate sui negoziatori da alcuni grandi gruppi energetici alla venticinquesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite non è passata inosservata. Ma l’agenda della COP 25 forse era troppo ristretta.
Può l’economia umana crescere indefinitamente, sdoppiandosi dai vincoli posti dalla finitezza del pianeta Terra? L’inglese Tim Jackson e il canadese Peter A. Victor, circa un mese fa, hanno proposto questa domanda su Science, la rivista dell’Associazione americana per il progresso delle scienze.
Una domanda antica, cui aveva dato una risposta nel lontano 1972 il rapporto The Limits to Growth (I limiti alla crescita) realizzato per conto del Club di Roma, presieduto da Aurelio Peccei. La risposta dei due autori è secca: no, non possiamo pensare che la crescita economica sia in linea di principio e in linea di fatto senza limiti su un pianeta finito.
E allora, come fare? Tim Jackson e Peter A. Victor citano il premio Nobel per l’economia, Paul Krugman, che sostiene che non esiste un accoppiamento tra crescita dell’economia e fisicità della crescita. Tim Jackson e Peter A. Victor sembrano accusare il premio Nobel di un vecchio difetto dell’economista, secondo il quale la libera crescita dell’economia può contare su due teoremi indimostrati (anzi, decisamente falsi): il principio dell’illimitatezza delle risorse naturale e il principio dell’infinità tecnologica. Detto in altro modo, non bisogna preoccuparsi della finitezza del pianeta e dei capitali naturali anche perché, in caso di bisogno, interviene la tecnologia.
Ma Krugman non dice questo. Il premio Nobel riconosce la finitezza delle risorse del pianeta e anche i limiti di un eccesso di fiducia nello sviluppo tecnologico che spontaneamente e certamente risolverebbe ogni tipo di problema. Egli sostiene, invece, che l’economia può continuare a crescere più o meno senza limiti purché si disaccoppi totalmente dal consumo di beni materiali ed energia rinnovabile. E si fondi, invece, su di una base immateriale: la conoscenza.
Per fare questo occorre dunque studiare. Senza lasciar fare alla mano invisibile del Mercato, quello con la “m” maiuscola. Al contrario, ciò significa indirizzare fortemente l’economia senza rinunciare all’aumento del benessere dei cittadini del pianeta.



Un nuovo modello di sviluppo? Sì, ma solo se subordinato agli interessi della collettività umana. Un compito complesso certo, ma la cui realizzazione non può essere rimandata perchè si stanno compromettendo le basi stesse della vita sulla Terra. Alcuni scienziati, per esempio, hanno calcolato che se l’intera popolazione mondiale avesse un consumo pro-capite pari a quello statunitense servirebbero cinque pianeti come la Terra.
Di certo, come scrive Riccardo Petrella, “mettere al centro della sopravvivenza dell’umanità il “cambio climatico” come si trattasse solo di fenomeni specifici alla “natura” e non di un’evoluzione della vita globale dovuta piuttosto a fattori antropici, equivale a mentire”.
Non dovrebbe essere una sorpresa per nessuno che le attività economiche estrattive, la deforestazione e la degradazione del suolo, l’uso sconsiderato delle risorse idriche, mettono a dura prova gli equilibri ecosistemici planetari. L’inquinamento, da quello dell’aria nei contesti urbani e industriali, a quello chimico, è semplicemente il frutto dell’azione disturbatrice dell’uomo. Tanto più che, mentre scarseggiano, almeno così si dice, le risorse per proteggere l’ambiente e ridurre la povertà, nel mondo si spendono in armi, guerre, eserciti ben 3,5 milioni di dollari al minuto.
La risposta? Non potrà più arrivare dalla politica, morta ai piedi delle grandi lobbies finanziarie, i più immediati e visibili produttori della devastazione ecologica del pianeta, delle guerre, delle ineguaglianze crescenti a livello planetario, e nuovi padroni universali che hanno privatizzato quella che un tempo si chiamava democrazia.
La transizione energetica, tanto propagandata, serve solo a definire enormi interessi nel potersi dichiarare “sostenibili” senza cambiare il proprio modello di impresa. “Sostenibile” ma non etica. Ecco a voi il greenwashing dei colossi della finanza, che guidano i camerieri messi a servire nei vari governi, e i cittadini divenuti da homo videns rapidi consumatori dei social networks, della finzione. È un approccio questo che il Pianeta non può più permettersi. Ma per buona parte dei padroni universali, l’attuale visione di finanza sostenibile è semplicemente insostenibile.
L’alternativa? Armarci di conoscenza e forse spegnere per qualche ora lo smartphone per ritornare a pensare in libertà.

Foto © Afp

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos