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di Margherita Furlan
Il 12 settembre del 1990, più di 28 anni fa, sparì Davide Cervia, militare dell’esercito italiano, che poi si scoprì essere stato un esperto di guerra elettronica. Da quel giorno Davide non è più tornato a casa. Ad aspettarlo c’erano la moglie Marisa e i figli Erika e Daniele. Il caso venne subito bollato come un allontanamento volontario. Tesi immediatamente sposata dalle forze dell'ordine. Si parlò di tante motivazioni più o meno fantasiose, ma tutte sempre collegate alla fuga spontanea.
Poi però succede qualcosa. Spuntano due testimoni che parlano di un sequestro. La Marina militare ammette le specializzazioni di Davide dopo le iniziali reticenze. Un "monsieur Cervia" compare nella lista passeggeri di un volo Parigi-Il Cairo, con un biglietto acquistato dal ministero degli Esteri francese. Un anno dopo viene ritrovata l'automobile di Davide, che uno dei testimoni aveva visto guidata da uno dei rapitori. La macchina è completamente intatta e sul sedile si ritrovano addirittura i fiori che Davide aveva comprato per la moglie e che non le avrebbe mai potuto consegnare.
La sua esperienza in guerra elettronica poteva far gola a molti, Stati stranieri compresi, data la sua conoscenza dei sistemi di difesa Nato. C'è chi addirittura avanza l'ipotesi che Davide sia stato "venduto", tesi della quale ha a lungo parlato anche la famiglia.
La Procura generale presso la Corte d'Appello di Roma, pur confermando l'ipotesi del rapimento, il 5 aprile 2000 archivia il fascicolo per l'impossibilità di individuare i colpevoli. Nel 2012 la famiglia presenta una causa civile contro i ministeri della Difesa e della Giustizia. Il 23 gennaio 2018 il Tribunale civile di Roma condanna il ministero della Difesa a risarcire il danno causato ai familiari per avere violato il loro diritto alla verità.
Lo Stato, "condannato" a un risarcimento simbolico di un euro, attraverso il governo Gentiloni, annuncia immediatamente la decisione di impugnare la sentenza.
Mercoledì 16 gennaio il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, ha incontrato la famiglia consegnando un euro simbolico e certificando il cambio di passo del governo Conte su una vicenda che è rimasta insoluta per troppo tempo. Non solo insoluta, ma ancora peggio, totalmente ignorata.

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