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NEWS 260363Entra in campo anche la Cina per sostenere il presidente siriano contro l'ISIS. Pechino parteciperà con l'invio di aiuti umanitari e di istruttori militari
di Luisanna Deiana

Nello scenario siriano entra in campo anche la Cina per sostenere il presidente Bashar al-Assad nella lotta contro l'ISIS. Pechino parteciperà attivamente al conflitto con l'invio di aiuti umanitari alla popolazione siriana e di istruttori per l'addestramento delle truppe lealiste.

Lo ha dichiarato martedì 16 agosto all'agenzia Xinhua, l'ammiraglio cinese Guan Youfei, direttore della Commissione Militare Centrale della Cina (il vertice delle forze armate al cui apice siede il presidente Xi Jinping), volato a Damasco per incontrare il Vicepremier e Ministro della Difesa siriano, Fahd Jassem al Freij.
Durante la visita, Guan ha incontrato anche il generale del corpo d'armata russo Sergei Charkov, incaricato di coordinare in Siria le operazioni tra gli alleati di Assad. Dello scambio tra i due non è trapelato quasi nulla, se non il ringraziamento del direttore cinese verso Mosca per l'impegno dimostrato nella lotta al jihadismo.
La prospettiva di un coinvolgimento diretto della Cina in Siria ha colto di sorpresa i circoli diplomatici occidentali tanto da risultare "inaspettata" alla sempre citata "comunità internazionale". La Cina ha sempre basato la propria politica estera sulla non ingerenza negli affari interni di altri paesi, e in Siria è finora intervenuta per favorire la soluzione diplomatica del conflitto prendendo contatti con le opposizioni siriane in esilio, sostenute dai paesi occidentali e da quelli arabi del Golfo.
L'alleanza di Pechino e Damasco ha alle spalle una lunga storia di scambi economici e politici. All'inizio del XXI secolo Bashar al-Assad, seguendo il modello cinese di Deng Xiaoping, aveva intrapreso la "via cinese" dell'introduzione dell'economia di mercato, affiancando alle istituzioni socialiste di impronta baathista l'apertura agli investimenti stranieri.
Il tentativo di riformare l'economia di piano siriana, che incentivava l'introduzione di capitali stranieri nello sviluppo del settore dei servizi e riduceva la percentuale di PIL prodotta dal settore petrolifero, trovava in Pechino uno dei maggiori finanziatori. La China National Petroleum Corporation (CNCP) è proprietaria per un terzo delle due più importanti joint ventures di capitali realizzate in Siria nel settore petrolifero, la Al Furat Petroleum Company e la Siria Shell Petroleum Development. Oggi, considerando la fuga degli investitori stranieri e l'imposizione dell'embargo internazionale, la Cina svolge un ruolo critico nel determinare il corso dell'economia siriana.
Le ragioni che spingono la Cina a intervenire in Siria restano quindi essenzialmente due: la dipendenza energetica dal Medio Oriente per le importazioni di petrolio e la preoccupazioni per la diffusione del terrorismo islamico nella regione autonoma dello Xinjiang. La Cina importa dal Medio Oriente circa il 60% del suo fabbisogno energetico annuo e partecipare alla liberazione della Siria garantirebbe sicuri vantaggi in ambito diplomatico e finanziario.
Il ruolo crescente della Cina nel conflitto siriano è stato preceduto da una serie di incontri diplomatici a Teheran nella primavera scorsa e dalla rinnovata intesa tra Vladimir Putin e Xi Jiping in occasione del vertice del 24 giugno a Pechino.

Le massicce operazioni militari russe e i successi delle forze governative siriane nella regione di Aleppo spingerebbero la Cina a intervenire prima che il conflitto si avvii alla sua fase finale.
Sebbene la guerra sia ancora lontana dal concludersi, è chiaro che la liberazione tanto attesa della città di Aleppo da parte della coalizione siro-russo-iraniana avrebbe un'importanza e un peso notevole sulla nuova divisione dei confini siriani che inevitabilmente verranno ridefiniti con la fine della guerra. Aleppo è la seconda città più importante della Siria e risulta strategica per circondare i ribelli nella provincia settentrionale di Idlib.
La battaglia di Aleppo è quindi dirimente sia per i ribelli sia per il governo di Damasco, ma rischia di trasformarsi in una guerra di logoramento. Assicurare la presa di Aleppo da parte delle truppe governative siriane permetterebbe ad Assad di trovarsi in una posizione di forza nei negoziati internazionali.
È oramai chiaro che il piano USA-saudita di rovesciare il governo di Bashar al-Assad e istituire al suo posto il Siraq, il califfato sunnita siro-iracheno sotto protezione USA risulta irrealizzabile: la Russia e l'Iran non lo consentono e la Cina si trova sulle loro stesse posizioni.

Tratto da: megachip.globalist.it

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