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putin-vladimir-web2di "Il Fatto Quotidiano" - 6 settembre 2013
Al centro del Summit la crisi siriana. Ma nel documento ufficiale non c'è alcun accenno al tema. Putin respinge le accuse contro Assad sull'uso di gas e ribadisce che l’attacco chimico è stata invece “una provocazione” per incoraggiare l’intervento militare esterno
Sul tavolo del G20 di San Pietroburgo, la questione della crisi in Siria, già oggetto di divisioni tra i leader (la cronaca di ieri), domina le discussioni, ma sparisce dal comunicato finale del summit. Perché i leader del Summit sono rimasti spaccati a metà sull’intervento militare contro il regime di Assad, come confermato dal presidente russo Vladimir Putin (foto) nella conferenza conclusiva del vertice, rendendo noto che i leader dei paesi partecipanti hanno discusso della crisi siriana fino a tarda notte. “La questione non è stata propriamente risolta”, ha detto Putin. Rimangono dunque su fronti opposti gli Usa, che continuano a spingere per un attacco mirato contro il regime di Bashar al Assad, accusato di aver usato armi chimiche contro i civili, e Cina e Russia contrarie a un intervento militare.
Non è bastato a Obama promettere un “intervento militare limitato”, sottolineando ancora una volta come “non saranno inviate truppe sul terreno”. Alla fine, il numero uno della Casa Bianca ha rinunciato a far cambiare posizione alla Russia e “non si aspetta di avere la sua collaborazione”, come dichiarato dal vice consigliere alla Sicurezza nazionale del presidente Usa, Ben Rhodes. “Mosca si rifiuta di agire anche in sede Onu perché semplicemente vuole evitare il problema”, aveva detto in mattinata Obama.

Questa seconda giornata del Summit, dedicata al confronto su occupazione, commercio estero e rilancio del Pil, è iniziata con un intervento del premier britannico David Cameron a margine del vertice sulla necessità di fornire aiuti umanitari alla Siria. Gli hanno fatto eco il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso e quello del Consiglio Ue Herman Van Rompuy, chiedendo inoltre a tutti i leader di “fare ogni sforzo possibile per trovare una soluzione politica al conflitto”. Mosca ha ribadito il ‘no’ secco a un intervento militare Usa: “Alcuni paesi sostengono che sia necessario un’azione forte senza la legittimazione delle istituzioni internazionali”, ha detto Dmitry Peskov, portavoce del presidente russo Vladimir Putin. “Altri paesi invece – ha aggiunto, riferendosi a Mosca e Pechino – sono contro una delegittimazione della legge internazionale e sottolineano come solo il Consiglio di sicurezza dell’Onu abbia il diritto di decidere se ricorrere alla uso della forza“.

Intanto però, sia Russia che stati Uniti continuano a posizionare navi verso la Siria. L’agenzia Interfax, citando lo Stato maggiore della Marina militare russa, riporta la notizia dello spostamento da Sebastopoli a Novorossiisk di una nuova nave da guerra, un’unità da sbarco denominata “Nikolai Filchenkov” della Flotta del Mar Nero che partirà poi alla volta delle coste siriane in servizio operativo.

Da parte italiana, Letta ha incontrato Obama in un faccia a faccia avvenuto prima dell’inizio dei lavori. Come riferiscono fonti governative, il presidente del Consiglio ha insistito con il presidente americano sulla possibilità di trovare una soluzione politica sottolineando che ci sono ancora margini di manovra e che è necessario lasciare spazio di azione all’Onu.

Secondo Abc news però, Obama avrebbe ormai abbandonato l’idea della mediazione. Gli Stati Uniti infatti, starebbero preparando un attacco aereo di larga scala in Siria, con l’utilizzo di missili sparati da aerei bombardieri B2 e B52 decollati dagli Usa. L’operazione dovrebbe durare almeno due giorni, decisamente più ampia quindi rispetto a quanto sinora trapelato. Il New York Times racconta invece che il presidente americano ha dato direttive al Pentagono affinché metta a punto una lista più ampia di potenziali bersagli in Siria sulla base delle indicazioni di intelligence secondo cui il governo di Bashar al-Assad avrebbe spostato le sue truppe e l’equipaggimento militare responsabili dell’attacco chimico. Obama, sempre secondo il NYT, è ora deciso a a mettere maggiore enfasi sul depotenziamento, uno dei due obiettivi di un intervento militare oltre alla “deterrenza” delle capacità di Assad di usare armi chimiche. Questo implica un ampliamento della lista originaria dei bersagli principali, che ne includeva circa 50. Per la prima volta, l’amministrazione sta parlando della possibilità di usare velivoli americani e francesi per raid contro bersagli specifici, oltre al ricorso ai missili Tomahawk, scrive il quotidiano online.

In Siria è nata la nuova coalizione di 33 gruppi di opposizione. Riunitisi nel sud-est della Turchia, insieme ai vertici dell’Esercito siriano libero, si sono auto-battezzati ‘Comunità nazionaldemocratica siriana’. Al termine dell’incontro, Suleiman Havari, portavoce della Comunità, ha diffuso un comunicato in cui si esprime sostegno per un possibile intervento militare contro il regime di Bashar al-Assad, che accusa di aver ucciso oltre 300mila persone. Non è chiaro come la Comunità si rapporti con la Coalizione nazionale siriana, principale raggruppamento delle forze di opposizione ad Assad. Hussein al-Amach, dirigente della nuova formazione, ha annunciato che “l’opposizione potrebbe riunirsi tra poche settimane”.

Su Twitter Papa Francesco ha lanciato l’hashtag (#prayforpeace) per le cinque ore di preghiera e digiuno (dalle 19 alle 24) annunciate per domani durante l’Angelus dell’1 settembre“per la pace in Siria, in Medio Oriente e nel mondo intero” perché “l’umanità – aveva spiegato il Pontefice – ha bisogno di vedere gesti di pace e di sentire parole di pace“. “Cari giovani, pregate insieme a me per la pace nel mondo”, ha scritto il Papa in un nuovo tweet, alla vigilia del momento di raccoglimento che si svolgerà in piazza San Pietro.

Tratto da: ilfattoquotidiano.it

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