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20170511 suicdate attilio manca intervento milazzodi Alessandro Di Bella
Un giovane medico originario di Barcellona P.G., Attilio Manca, un autentico luminare nel proprio campo, l’urologia, trovato morto a Viterbo, il 12 febbraio 2004, nell’appartamento in cui abitava, con due segni di iniezioni sul braccio sinistro. L’autopsia dichiarerà la presenza nel corpo di eroina, alcol e tranquillanti. C’è però qualcosa che non quadra per la famiglia e per i colleghi di lavoro di Viterbo. Innanzitutto, Attilio era una persona solare e amante della vita, mai nell’esercizio della professione aveva mostrato segni di dipendenze, mai alcuna traccia di buchi sulle braccia nude in sala operatoria, mai alcun cenno di squilibrio nella routine di 14-16 ore di lavoro quotidiano in ospedale. Inoltre, Attilio Manca era un mancino puro: perché, allora i segni delle due iniezioni erano proprio sul braccio sinistro? In aggiunta a ciò, come mai ai genitori è stato impedito, con dei pretesti, di vedere il cadavere e il volto sfigurato del figlio nella camera mortuaria? Questo e tanti altri interrogativi riguardano il caso della morte del dott. Attilio Manca. Il suicidio sembra una spiegazione troppo comoda. Al Liceo “G.B. Impallomeni” è stato presentato il libro del giornalista Lorenzo Baldo, “La mafia ordina. Suicidate Attilio Manca” (ed. Imprimatur) in cui si approfondiscono i contenuti della complessa vicenda del giovane medico barcellonese. Presenti, oltre l’autore, la Preside, Prof.ssa Caterina Nicosia, il Dott. Attilio Andriolo (Presidente dell’Ass. “Teseo”, che ha organizzato l’evento), la Sig.ra Angela Manca, mamma di Attilio Manca, studenti del Liceo (coordinati dalle Proff.sse Bonfanti e Stagno) che hanno eseguito dei brani musicali e letto alcune pagine dell’opera. Dopo i saluti della Preside del Liceo, che ha sottolineato il valore educativo dell’evento come attività di Educazione alla Cittadinanza, il Dott. Andriolo ha evidenziato “il diritto alla ricerca della verità” che si vuole rivendicare, verità da cercare nella “zona grigia” della trattativa tra Stato e mafia di quegli anni e nel collateralismo di certi ambienti e personalità “rispettabili” che offrivano copertura ai boss mafiosi latitanti.

Cosa sarebbe quindi accaduto ad Attilio Manca? Lorenzo Baldo ha mostrato la fretta con cui la Procura di Viterbo ha archiviato il caso come suicidio, nonostante le tante incongruenze emerse: i segni di due iniezioni sul braccio sinistro, quello “sbagliato” per un mancino", verbali del capo della Squadra mobile di Viterbo il cui contenuto sembra falso, intercettazioni ambientali del tutto ignorate in cui si ascoltano personalità collegate a clan mafiosi barcellonesi che si riferiscono all’omicidio di Manca. Ciò che si vuole ricostruire è una vicenda dai contorni ancora oscuri. Nell’ottobre 2003 l’allora latitante Bernardo Provenzano viene operato alla prostata a Marsiglia in una clinica privata. Negli ambienti del pentitismo si parla di un’operazione compiuta da un urologo siciliano. Forse Attilio Manca sarebbe stato ucciso proprio perché avrebbe operato Bernardo Provenzano a Marsiglia. Insomma, Attilio Manca sarebbe una delle tante vittime di mafia, una vittima ancora misconosciuta e la cui memoria è stata oggetto di oltraggio.

L’autore sottolinea che tutti noi “abbiamo il dovere morale di avvivare alla verità” di una vicenda che è stata, probabilmente, uno dei tanti tasselli della trattativa Stato-mafia per prolungare la latitanza di Bernardo Provenzano, protetto anche da pezzi delle istituzioni. Compito della società civile, ricorda Baldo, è quello di fare pressione affinché il caso Manca venga riaperto, dando in tal modo seguito a un fascicolo depositato presso la Procura della Repubblica di Roma. “Ogni vittima innocente delle mafie è stata per la sua famiglia, i suoi cari, la sua cerchia di affetti una perdita incolmabile. A maggior ragione se alla perdita si è aggiunto - come è accaduto spesso - il vuoto di verità e giustizia, o persino la calunnia e la diffamazione a danno della vittima”, queste le parole dell’introduzione al libro, scritta da Don Luigi Ciotti, lette da una studentessa del Liceo, parole che spiegano il perché della ricerca della verità da parte dei genitori di Attilio, i quali non si rassegnano ad accettare la spiegazione della morte per droga, un insulto alla memoria del figlio. Coinvolgente proprio il racconto della Sig.ra Manca: l’incredulità dei colleghi e degli amici viterbesi di Attilio a una morte per suicidio, i vari ostacoli che sono stati posti davanti alla sua famiglia come l’impedimento a vedere il viso sfigurato del figlio, la sensazione di “lottare contro un muro di gomma”, le intimidazioni subite all’interno della comunità barcellonese e da familiari stessi legati ad ambienti mafiosi, le azioni di depistaggio compiute da personaggi “rispettabili” (come ribadito da Santo Laganà in un intervento dal pubblico), la speranza che la Procura di Roma riapra il caso perché possa restituire dignità alla memoria del figlio, la forza che i giovani le danno per continuare a lottare per la ricerca della verità. Un invito per tutti a non dimenticare la vicenda di Attilio Manca, per il dovere morale di giungere alla verità.

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