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cassazione webSui rapporti tra “mafia” e “politica” si inseriscono una serie di sentenze della Corte di Cassazione si attualità per una serie di procedimenti penali che hanno coinvolto alcuni esponenti politici locali.
Il fenomeno dei rapporti mafia politica "è sempre riconducibile alla fattispecie di concorso esterno nell'associazione ex art. 416 bis cod. pen. quando in mancanza di prova dell'organico inserimento si sia appurata l'esistenza di relazioni tra esponenti politici anche locali ed organizzazioni criminali, rappresentate da membri delle stesse, in virtù dei quali, ottenuto l'appoggio elettorale ovvero altro tipo di sostegno "politico", a seguito dell'esito elettorale il rappresentante politico si impegni ad assicurare corrispettivi in termini di appalti, forniture, atti amministrativi comunque favorevoli all'organizzazione ovvero "consegni" ad esponenti del gruppo criminale la macchina amministrativa comunale o singole branche, permettendo una totale o comunque pervasiva presenza di rappresentanti della cosca all'interno della stessa che la gestiscano di fatto ed in concreto nel proprio esclusivo interesse".
Dove, quindi vi sia prova dello stabile inserimento dell'esponente politico all'interno dell'organizzazione criminale, ottenuta attraverso prova dell'affiliazione o di plurime condotte poste in essere per nome e per conto dell'associazione mafiosa o ‘ndranghetistica, nell'ambito di un rapporto di organico inserimento e stabile collaborazione duratura "potrà essere affermata la responsabilità ex art. 416 bis cod.pen.; ove invece, in mancanza di dimostrazione dello stabile inserimento di un esponente politico in un determinato gruppo criminale, sussistano elementi per affermare che sulla base di un patto di scambio il politico abbia assicurato all'organizzazione il controllo di tutto o parte delle attività politiche amministrative una volta eletto, il fatto andrà ricondotto all'ipotesi di cui agli artt. 110, 416 bis cod.pen.. Ove infine manchi la prova della conclusione di un patto di tal genere nessuna delle ipotesi criminose riconducibili al delitto di partecipazione ad associazione mafiosa sarà configurabile fatta salva la possibilità di applicare la norma di cui all'art. 416 ter cod.pen. ove ne sussistano i presupposti".
La “prova” della partecipazione dell'esponente politico all'associazione di cui all'art. 416 bis cod.pen. pertanto: "non può essere ravvisata nella sola esistenza di rapporti tra lo stesso ed esponenti anche di vertice dell'organizzazione criminale aventi ad oggetto fatti privi di illiceità poiché altrimenti l'area della punibilità del delitto citato verrebbe estesa anche al di fuori di condotte realmente partecipative e sintomo di un concreto e reale inserimento organico che sussiste solo in presenza della cosciente adesione al programma criminale indeterminato; i rapporti anche reiterati e le relazioni tra esponenti politici e membri dell'associazione criminale possono invece essere sintomo del patto di scambio richiamato dalla pronuncia Sezioni Unite Mannino e, quindi, in tal caso, proprio in virtù della predetta autorevole giurisprudenza, andrà accertato che al sostegno elettorale e politico da parte dell'organizzazione criminale sia seguita poi la contro prestazione sinallagmatica in capo all'esponente politico, altrimenti rimanendo provata soltanto una frazione della condotta non idonea ad integrare neppure la responsabilità ex artt. 110-416 bis cod.pen..".
Infine, sul punto, si richiama una sentenza della VI sezione penale, la n. 2285 del 15/05/2000, Rv. 216815, dalla quale si evince che: "non appare necessaria, per la consumazione del reato, la concreta esecuzione delle prestazioni promesse anche se, il più delle volte, essa costituisce elemento prezioso per la dimostrazione del patto e della sua consistenza".

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