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"C'era un accordo con cui i mafiosi si dissociavano in cambio di un'amnistia"
1 giugno 2012
Palermo. Il giudice Paolo Borsellino sapeva della trattativa tra Stato e mafia dopo la strage di Capaci del '92. L'ipotesi investigativa dei magistrati di Palermo e di Caltanissetta che indagano sulla cosiddetta trattativa per fare terminare la strategia stragista, adesso viene confermata anche dal pentito di mafia Gaspare Mutolo. Interrogato oggi al Processo Mori in corso a Palermo, il collaboratore di giustizia, collegato in videoconferenza, ha ricordato uno sfogo del magistrato pochi giorni prima di morire nella strage di via D'Amelio. «Ricordo che durante un interrogatorio il dottor Borsellino - racconta - mentre parlava con delle persone delle istituzioni nel corridoio gridò all'improvviso: 'questi sono dei pazzi, questi sono dei matti'. Era disgustato e arrabbiato, era incazzato nero con personaggi dello Stato e delle istituzioni perchè volevano offrire ai mafiosi una eventuale dissociazione. Sapeva che c'erano questi contatti in corso. C'erano persone delle istituzioni che avevano fatto capire di essere d'accordo. Ho capito che c'era un accordo tra i mafiosi che si dovevano dissociare in cambio di una specie di amnistia». Lo stesso pentito racconta ancora al pm Antonino Di Matteo, che deve sollecitare spesso i ricordi del collaboratore, di avere detto al giudice Borsellino che «la mafia ha sempre fatto trattative con lo Stato. La mafia ha sempre raggiunto accordi con lo Stato».
"Quando tornò dal ciminale era contrariato". Nel corso dell'interrogatorio il pentito di mafia ha ricordato l'interrogatorio del primo luglio 1992 con il giudice Paolo Borsellino a Roma, diciotto giorni prima di essere ucciso nella strage di via D'Amelio. «Quel giorno, durante il colloquio - spiega Mutolo - il dottor Borsellino ricevette una telefonata dal Ministero dell'Interno e mi disse che doveva andare al Ministero e che sarebbe tornato da lì a poco». Il primo luglio del '92 si insediò l'allora ministro dell'Interno Nicola Mancino. Ma l'ex capo del Viminale, interrogato dalla Procura di Palermo, sostiene di non ricordare di avere incontrato quel giorno Borsellino o di avergli «al massimo stretto la mano». «Tornato dal ministero dove si recò con il dottor Aliquò (Vittorio, ex Procuratore aggiunto di Palermo ndr) - aggiunge il pentito Mutolo - il dottor Borsellino era turbato e nervoso, era una persona sensibile ed emotiva. A un certo punto mi misi a ridere perchè stava fumando contemporaneamente due sigarette, una la teneva in bocca e l'altra in mano e quando glielo dissi si mise a ridere. Dopo ho capito che al ministero aveva fatto un incontro non gradito con il dottor Bruno Contrada», l'ex 007 che sta scontando una condanna a 10 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. Mutolo è stato tra i primi accusatori di Contrada. «Borsellino mi disse che Contrada gli aveva detto: 'dica a Mutolo che se ha bisogno di chiarimenti sono a disposizionè. A quel punto ho capito che il mio interrogatorio che doveva restare segreto era il segreto di Pulcinella».

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