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Per il senatore del M5S gravi condotte del Governo in tema di lotta alla mafia

Commissione antimafia, ergastolo ostativo e corruzione come ulteriore volto della criminalità organizzata. Sono questi gli argomenti affrontati dal senatore del Movimento 5 Stelle Roberto Scarpinato (già procuratore generale di Palermo) durante l’intervista realizzata da Lanfranco Palazzolo per Radio Radicale. “Il primo giorno del mio insediamento ho depositato il progetto di legge per la costituzione della nuova commissione parlamentare antimafia. Stiamo sollecitando in commissione affari istituzionali la sua istituzione in modo da non creare un buco istituzionale”, ha detto il senatore in merito alle difficoltà nell’avviare l’iter della legge istitutiva della commissione. L’assenza di una commissione antimafia pesa come un macigno, “soprattutto in una fase nella quale ci si appresta a varare una legge sull'ergastolo ostativo, che creerà gravi scompensi perché disincentiverà la collaborazione con la giustizia”. Per l’ex procuratore è fondamentale “aprire un faro di riflessione e avere un luogo istituzionale in cui si possa agire in fase di emergenza per aprire un dibattito nazionale, perché questa legge sulla riforma dell'ergastolo ostativo segnerà uno spartiacque tra un prima e un dopo - ha aggiunto -. Il Paese si renderà conto già nei prossimi mesi quando vedrà uscire dal carcere boss stragisti”. Quando ciò accadrà, “ci dovrà essere già un luogo, e deve essere la commissione parlamentare antimafia, dove si potrà dibattere e dove si potrà proporre degli interventi correttivi urgenti e poi riportare al centro dell'agenda politica il tema mafia che sembra essere scomparso”. L’ex procuratore Scarpinato ha anche lanciato un monito sulla normalizzazione del fenomeno mafioso nonostante “frequentemente vengono fatte operazioni antimafia importanti di cui la stampa non da più notizie come se la mafia in questo Paese fosse diventata una consuetudine, come se il Paese si fosse rassegnato”. L’augurio del senatore è che le risposte che attende arrivino quanto prima, essendo l’argomento “un tema trasversale alle divisioni partitiche che interessa al Paese”.
Roberto Scarpinato ha anche detto di aver apportato nel disegno di legge qualche innovazione rispetto ai precedenti compiti delle precedenti commissioni bicamerali antimafia. Il tutto dovuto ai cambiamenti del fenomeno mafioso. “La mafia della Prima Repubblica - quella che nell'immaginario collettivo era incarnata da personaggi come Riina, quella violenta delle estorsioni - sta cambiando come sta cambiando il Paese e il mondo - ha commentato -. Abbiamo nuove forme di crimine organizzato che non sono più inquadrabili nelle fattispecie che abbiamo pensato nella Prima Repubblica, come il 416bis o l'associazione a delinquere semplice”. Oggi siamo difronte ai “sistemi criminali” o addirittura “comitati crimino-affaristici”, la stampa, suggerisce Scarpinato, “li chiama P3 o P4”. “Occorre quindi fare un'analisi su queste nuove forme di soggettività criminale più complesse dove si incontrano colletti bianchi e alte gerarchie mafiose che non usano la violenza e quindi non rientrano nel 416bis e che non si limitano a commettere 3/4 reati (quindi non rientrano nel 416: associazione semplice) ma che hanno lo scopo di creare centri occulti di potere per controllare interi comparti della produzione, nei grandi affari, lì abbiamo un buco normativo”, ha aggiunto. Scarpinato poi rivela di aver chiesto di “inserire le cosiddette 'nuove mafie', ovvero le nuove forme del crimine organizzato che caratterizzano il terzo millennio”, all’interno del decreto. “Ho anche proposto, per quanto riguarda la stampa, non soltanto di porre a mente i casi in cui ci sono giornalisti che vengono intimiditi dai mafiosi ma anche di aprire una riflessione sull'eventuale infiltrazione di centri di potere occulta all'interno dei media. E quindi della possibilità di un condizionamento dell'informazione da parte de poteri occulti”, ha detto. Non è una novità che anche il mondo del giornalismo e del mainstream è stato infiltrato - quanto meno in passato - da ambienti criminali. “È già avvenuto nella storia di questo Paese - ha aggiunto Scarpinato -. Ci siamo dimenticati che la P2 si stava impadronendo del Corriere della Sera? Credo che non dobbiamo smarrire memoria che abbiamo avuto die giornalisti che sono stati anche sanzionati dall'albo dei giornalisti perché erano dei servizi segreti e tuttavia carpivano notizie e poi pubblicavano articoli di giornali certamente non con etica giornalistica”.
L’ultima domanda di Lanfranco Palazzolo ruotava attorno al PNRR e al reddito di cittadinanza e su come questi due strumenti rappresentano un “malloppo sul quale la mafia sta mettendo le mani”. Una riflessione che ha stuzzicato non poco il senatore, il quale si è detto “meravigliato di questa domanda”. “Tutti si pongono questa domanda, ma sa qual'è il vero pericolo? - ha risposto al giornalista - È la corruzione, non la mafia. Ovvero i colletti bianchi che nelle stanze del potere e muovendosi nelle commissioni o nei centri di amministrazione sono in grado di drenare quote significative al PNRR. Noi dobbiamo iniziare a pensare che la corruzione è una forma di criminalità organizzata. Se la mafia mette le mani sul PNRR ci arriva attraverso i reati della corruzione. Non ci arriva con la pistola puntata alla tempia”. Proprio sul punto, per il senatore Scarpinato “è gravissimo” che il governo Meloni “stia disarmando la magistratura prevedendo la sostanziale abolizione o la riforma di reati come l'abuso d'ufficio; il traffico di influenze; togliendo la legge sull'ergastolo ostativo; i reati dei colletti bianchi; e diminuendo le spese per le intercettazioni”. “Dobbiamo cominciare a pensare che il pericolo per i fondi pubblici prima ancora che per i mafiosi è costituito dai colletti bianchi. E la mafia che pensa ha capito che deve seguire le stesse strade di quest’ultimi, perché i colletti bianchi hanno azzerato il rischio penale e si autotutelano”, ha concluso Roberto Scarpinato.

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