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teresi2-c-giorgio-barbagallo-2013-2di Lorenzo Baldo - 11 novembre 2014
Intervista al procuratore aggiunto di Palermo, che è favorevole al rinvio dello sciopero delle toghe: "Meglio evitare lo scontro frontale, per non innescare confusione nell’opinione pubblica". E lancia l’allarme: "Attenzione ad un’approvazione annacquata della norma sull’auto-riciclaggio, indispensabile per fare prevenzione"

Dottor Teresi, all’assemblea straordinaria dell’Associazione nazionale magistrati che si è svolta domenica a Roma è stato stabilito che, in caso di modifiche legislative in materia della responsabilità civile dei magistrati, le toghe avvieranno una mobilitazione immediata con tanto di sciopero a fronte dei rischi sull’indipendenza e sull’autonomia della magistratura. Come valuta le decisioni prese?
Condivido nella sostanza il contenuto del comunicato finale approvato a larghissima maggioranza. Sono d’accordo a non andare ora allo scontro frontale decretando lo sciopero, o altra forma di protesta, perché la commistione tra provvedimenti diversi avrebbe creato confusione nell’opinione pubblica. Probabilmente sarebbe passato maggiormente il messaggio di uno sciopero contro le ferie tagliate, o contro i tagli agli stipendi dei vertici della magistratura (che tocca solo 3 magistrati in Italia!). La commistione tra queste questioni avrebbe inquinato la bontà della lotta che invece deve essere ferma nei confronti della problematica sulla responsabilità civile. Ho letto le dichiarazioni del Ministro della Giustizia che si trincera dietro il fatto che l’Europa chiede modifiche alla legge Vassalli (sulla responsabilità civile dei magistrati) per consentire al cittadino di rivalersi nei confronti degli errori giudiziari. Bisognerebbe ricordare, però, che in nessun Paese – di quella stessa Europa che ci chiederebbe tali modifiche – è prevista l’azione diretta contro il magistrato. L’azione viene intrapresa contro lo Stato. Noi siamo a tutti gli effetti un potere dello Stato. Ben venga, quindi, questo tipo di trasformazione, ma ci vuole onestà intellettuale. Ecco perché ribadisco che è stato giusto non indire immediatamente un’azione di scontro o di protesta, ma allo stesso modo auspico un dialogo che sia sereno su questi punti senza “slogan” sull’Europa.

Nessuna difficoltà, quindi a modificare la legge Vassalli?
Non credo che ci siano difficoltà a modificare la legge Vassalli per rendere più accessibile al cittadino l’azione contro lo Stato per errori giudiziari. Laddove, invece, questa “giustificazione” dell’Europa si dovesse trasformare in una norma che preveda l’azione diretta contro il singolo magistrato che fa un provvedimento, questo sarebbe un attacco intollerabile all’autonomia e all’indipendenza del singolo giudice (del civile e del penale) che, per la natura stessa del suo lavoro, scontenta sempre qualcuno delle parti in causa. Inevitabilmente, quando si vanno a toccare interessi forti, economici, patrimoniali, immobiliari, imprenditoriali; quando si va ad intaccare la libertà personale delle persone, fioccherebbero le azioni dirette contro il singolo giudice che ha emesso il provvedimento e questo comporterebbe un blocco sostanziale dell’attività. Se io, pubblico ministero (o giudice che sia), ho un’azione del cittadino diretta contro di me, ho conseguentemente una grave inimicizia nei confronti delle parti del processo, e sarei quindi costretto ad astenermi. Lo stesso processo passerebbe perciò di mano in mano a tutti i singoli giudici finchè non arriva quello che “accontenta” la parte “forte”. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con le finalità volute dall’Europa, bensì, probabilmente, con altre finalità “non dette”.

Lei allude a finalità “punitive” nei confronti dei magistrati…
Ovviamente.

All’assemblea dell’Anm si è discusso anche della questione della responsabilità inserita nel problema dell’interpretazione delle norme. Un altro nodo da sciogliere?
Anche su questo punto dobbiamo pretendere garanzie assolute. Non si può svilire il lavoro naturale del magistrato che è quello di interpretare la legge nella sua applicazione. La legge è un dettato che ha una sua astrattezza perché si deve adattare a innumerevoli casi di fatti specifici. L’azione di interpretazione non è altro che l’adattamento della norma ad un singolo caso che possibilmente presenterà delle peculiarità che non possono essere tutte previste dalla norma astratta. Se noi ancoriamo all’attività di interpretazione la responsabilità blocchiamo la giurisdizione.

Come valuta l’allarme del Presidente del Tribunale di Firenze, Enrico Ognibene, che ha parlato di un’Anm “screditata e divorata dalle correnti”?
Preferirei non rispondere. Da un po’ di tempo mi sono allontanato dalla vita associativa per motivi che hanno a che fare con la mia attività lavorativa. Sullo stato dell’associazionismo giudiziario, quindi, preferisco quindi non commentare.

Facciamo un passo indietro: la settimana scorsa il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, durante un convegno sul “contrasto all’economia criminale” organizzato da Via Nazionale e dalla Fondazione Cirgis ha invocato la rapida approvazione del reato di auto-riciclaggio in discussione al Senato. Visco ha specificato che il nostro Paese sta perdendo competitività a causa delle organizzazioni illegali e quindi, senza una normativa ad hoc in materia di auto-riciclaggio del denaro sporco, la strada per recuperare posizioni in Europa sotto il profilo della trasparenza rimane in salita. Cosa rappresenta l’appello di Visco?
E’ indubbiamente un appello disperato di chi capisce che l’economia illegale sta soffocando quella legale. Se dobbiamo raggiungere un difficilissimo pareggio di bilancio, uscendo dal pantano della crisi economica, non possiamo non tenere conto dell’allarme del Governatore della Banca d’Italia. Che è totalmente vero e che noi, tra l’altro, abbiamo lanciato da moltissimi anni. L’auto-riciclaggio è un problema fondamentale che andrebbe a colpire con una norma efficace il cuore vero del problema della corruzione. Che non è quasi mai disgiunto dalle organizzazioni criminali che operano in tutto il Paese.

Certo è che il reato di autoriciclaggio, atteso da anni, rischia di essere controproducente. Basta leggere il testo. Che prevede di colpire soltanto chi ha commesso “un delitto colposo punito con la reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni”. Di fatto restano fuori i reati tipici dei riciclatori, la truffa, l’appropriazione indebita, ma soprattutto l’infedele dichiarazione e l’omessa dichiarazione dei redditi. Reati puniti nel massimo fino a tre anni. Quindi fuori dal futuro reato di auto-riciclaggio. Si potrà fare una truffa, o fare una dichiarazione infedele, e riciclare conseguentemente i proventi di quel reato senza che il magistrato possa fare nulla.
Siamo a un bivio: o questo argomento si affronta con serietà e determinazione per stroncare del tutto il fenomeno della corruzione, oppure è “acqua fresca” che “mette le carte a posto” dal punto di vista mediatico… con quelle forze politiche che approvano in un modo così “annacquato” una norma che invece sarebbe indispensabile per fare prevenzione.

E proprio in merito alle “forze politiche” che annacquano una norma così determinante lo stesso Visco ha dichiarato che la sfida nei confronti del crimine che resta è proprio quella “politica”. Che si concretizza innanzitutto nel far emergere e perseguire più efficacemente reati come la corruzione e l’evasione fiscale. “In molte occasioni – ha ricordato il Presidente di Bankitalia – la Banca d’Italia ha segnalato l’urgenza di introdurre nell’ordinamento il reato di auto-riciclaggio. Ma quella che Visco definisce “la sfida politica al crimine” sembra che a tutti gli effetti si stia combattendo a corrente alternata dal mondo politico.
Io non so se le lobbies economico-finanziarie, che hanno paura del reato di auto-riciclaggio, hanno dei “referenti” nella politica. Se così fosse si spiegherebbe questo impegno a corrente alternata. E’ probabile che sia così…

Quindi è pacifico che rientra in campo la responsabilità politica.
Certamente. Ma entra in campo anche la questione della responsabilità civile dei magistrati: quando si vanno a colpire interessi così forti fioccano immediatamente le azioni contro il singolo magistrato che sarebbe impossibilitato a proseguire su questa strada. Gli argomenti seri che riguardano la riforma della giustizia non sono mai disgiunti, non sono mai delle monadi isolate. Si tratta di un discorso complessivo che va affrontato con grande razionalità.

Sicuramente, anche perché il discorso travalica decisamente i confini nazionali. Lo stesso Visco ha ribadito che la criminalità ha un effetto negativo sugli investimenti in generale e in particolare su quelli diretti dall’estero. Quindi il problema va inquadrato a livello nazionale e internazionale.
Ovviamente va inquadrato a livello internazionale, anche perché non ci sono più confini per le attività imprenditoriali, finanziarie ed economiche. A livello Europeo è del tutto fondamentale l’esigenza di una normativa che sia efficace per la prevenzione della corruzione e della distorsione dell’uso del pubblico denaro. Se l’Italia, a livello di prevenzione del crimine, diventa l’anello debole della catena, si converte in una culla per lo sviluppo del crimine economico in Europa.

Non resta che l’appello rivolto al Governo attuale di fare il prima possibile per far fronte a questa emergenza.
Il problema non è tanto velocizzare: prima ancora che essere veloci con una cattiva norma è preferibile essere più lenti con un’ottima norma. La questione non è quella di fare presto, bensì fare bene. Noi crediamo che i testi attuali non siano finalizzati a fare bene, ma solo a fare presto. Che, addirittura, può essere controindicato.

Tratto da: loraquotidiano.it

Foto © Giorgio Barbagallo

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