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rifiuti-speciali-camorradi Nicola Tranfaglia - 18 novembre 2014
Uno degli aspetti caratteristici del nostro tempo è che la maggior parte di noi sa poco o nulla di quello che accade ogni giorno nel funzionamento fisiologico dell'umana società ma pochi, pochissimi, sanno che succede davvero e questo costituisce, per molti aspetti, il capitale immateriale più prezioso della società contemporanea. Così è difficile andando in giro, come a me pure ogni tanto capita, sapere che cosa capita a quelli che son definiti tecnicamente i rifiuti speciali che son definiti, dal punto di vista normativo, nell'art.183 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152 (cd Testo unico ambientale modificato dal decreto legislativo 3 dicembre 2010 n. 205) che recita "Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive” e definisce l'oggetto come "qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o l'obbligo di disfarsi".

"Nell'attività di gestione organizzata a Roma, alla Minerva il 9 luglio 2007 dalla Commissione Parlamentare di inchiesta sui rifiuti speciali - disse l'allora presidente della Commissione Roberto Barbieri - stando ai dati finora censiti circa il 54% è avviato ad attività di ricupero in materia, il 23,9% è smaltito in discarica, il 17% è avviato in impianti di trattamento chimico, fisico, biologico o di ricondizionamento preliminare. Ma - diceva l'onorevole Russo, presidente della precedente Commissione di inchiesta - di 128 milioni di tonnellate prodotte, 12,5 milioni di tonnellate sono inviate a impianti di stoccaggio e sono un vero e proprio serbatoio di illegalità". Sommando questi 12,5 milioni di tonnellate di rifiuti a quel 24 milioni per cento di rifiuti prodotti, di cui non si conosce la destinazione, ecco che arriviamo al cuore del problema.
Nel nostro Paese, ogni anno, scompaiono 28 milioni di tonnellate di rifiuti speciali che vanno negli interramenti clandestini alle esportazioni nei Paesi arretrati.  Né è frutto del caso il fatto che, in tutte le classifiche nazionali e regionali sull'illegalità ambientale negli ultimi anni il primato è saldamente in mano alla regione Campania con 5.327 infrazioni accertate e 1.234 sequestri effettuati dalla magistratura nel 2011 (per fare soltanto un esempio, seguita da altre regioni meridionali, delle isole e del Centro come la Calabria, la Sicilia, la Puglia, il Lazio e la Sardegna, come attesta l'Annuario Ecomafie di Lega Ambiente pubblicato nel 2012).
La spiegazione è limpida per chi ha a che fare, come tecnico o come osservatore, con l'attività delle associazioni mafiose che hanno il loro centro proprio in quelle regioni. Non passa giorno, potremmo aggiungere, o settimana, senza che la cronaca giudiziaria non ci informi che un noto imprenditore di rifiuti come Cipriano Chianese, avvocato e imprenditore di Parete nel Casertano, si è visto sequestrare dalla DDA di Napoli, supportata dai colleghi di Padova per un decreto di sequestro emesso dalla procura di Santa Maria Capua Vetere. E, a quanto pare, dalle indagini ancora in corso in questo caso, sarebbero presenti - nel corposo affare che sempre comporta la speculazione sui rifiuti speciali - personaggi di rilievo del clan dei casalesi. Già nel 2002, il collaboratore di giustizia Raffaele Ferrara raccontava: "Fu proprio il Chianese a proporci in diverse occasioni di allestire un ufficio nel nord Italia che, sotto la sua direzione, si occupasse della materia dei rifiuti e al Nord - ha accertato la procura che conduce le indagini - l'imprenditore casertano aveva stretto rapporti stretti con un altro esponenti dei Casalesi, Franco Caccaro, al quale aveva versato nel 2005 la somma di 3 milioni di euro, intrattenendo  con il camorrista fiorenti rapporti commerciali.
Il cerchio così sta chiudendosi e delinea un rapporto già sperimentato a lungo tra imprenditori e camorristi in quella sciagurata provincia della Campania. Il camorrista Caccaro, che ha un'azienda per i rifiuti con oltre duecento dipendenti e sedi operative sparse per il mondo (e una anche a New York) ha fatto un'offerta all'amministratore giudiziario dei beni sotto sequestro e poi confiscati di Chianese per l'acquisto di due auto
vetture Ferrari, si legge nel decreto che ha messo sotto accusa anche un magistrato, Donato Ceglie (sotto processo a Roma dallo scorso febbraio, per concussione, violenza sessuale e calunnia in quanto avrebbe costretto a rapporti sessuali la moglie di un imprenditore, promettendo anche benefici riguardanti il fallimento dell'azienda). Ma, a quanto risulta dal decreto, l'ex magistrato avrebbe avuto, a sua volta, rapporti con i fratelli Orsi a loro volta "organici con il clan dei Casalesi e in particolare con la fazione dei Bidognetti".
Insomma ancora una volta emerge il fatto che la questione ambientale è diventata un affare di grande peso nei rapporti, in certe regioni ormai organici, tra il mondo degli imprenditori e le associazioni mafiose. Come in Campania e in altre regioni di cui parlano purtroppo assai spesso le cronache.

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