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csm-palermo-510In lutto per la giustizia
di Paolo Flores d'Arcais
Si avvicinano le feste di Natale, ma per la giustizia questi sono giorni di lutto. Ieri la Procura di Palermo è stata commissariata dal PUP (Partito Unico della Politica). Tutti i membri “laici” del Csm (tutti! Compreso quello votato, con evidente leggerezza, dal M5S, sugli altri di “sinistra” non stendiamo neppure un velo pietoso, ormai “sinistra” è sinonimo di inciucio e altri patti del Nazareno) al Csm hanno votato compatti per Lo Voi, privo dei requisiti solitamente indicati per un incarico dirigenziale del genere, allo scopo di impedire che due magistrati da anni diversamente impegnati contro la mafia, Lo Forte e Lari, potessero prevalere (quella di Lo Forte era la nomina praticamente ovvia, se il Csm applicasse i criteri sbandierati in ogni documento, cerimonia solenne, monito presidenziale).

I migliori tecnici del diritto sostengono che ci sono tutte le premesse per un ricorso al Tar che rovesci una decisione in cui la negazione dell’imparzialità grida al cospetto del cielo. Ma ormai la tecnica giuridica sempre meno detta il diritto, sempre più la giustizia e i suoi annessi e connessi obbediscono ai voleri del Palazzo, agli umori dell’establishment, alla “legge” del più forte, che della giustizia è negazione. Quindi, una sentenza giusta del Tar sarebbe un miracolo, come sarebbe stato un miracolo una decisione equa, meritocratica, da parte del Csm (lo avevamo già scritto del resto un paio di settimane fa).

Perché i due tratti salienti della carriera del neo-procuratore Lo Voi sono il rifiuto di firmare l’appello con cui tutti magistrati antimafia chiesero, dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, l’allontanamento del procuratore Giammanco, indimenticabile nemico di Falcone, e la nomina a un importante incarico europeo (Eurojust) da parte del governo Berlusconi. Mentre il curriculum anti-mafia (e non solo) di Lo Forte è impressionante, e assai cospicuo anche quello di Lari: ragioni inoppugnabili per NON nominarli, da parte di un establishment che NON vuole la lotta alla mafia proprio quando di tale lotta si riempie vieppiù la bocca.

Di fronte al carattere ciclopicamente scandaloso della scelta fatta dall’organo che dovrebbe assicurare l’autogoverno dei magistrati (sic!) i membri togati che hanno votato in ottemperanza ai criteri che tutti solennemente proclamano, dovrebbero trovare l’elementare coraggio di dimettersi in massa, unico modo per porre di fronte all’opinione pubblica la drammaticità di una situazione che oltretutto mette irresponsabilmente ad ulteriore repentaglio la vita dei magistrati che a Palermo la mafia la combattono davvero. Perché è stato scritto infinite volte, e ripetuto in infinite commemorazioni ufficiali e solennissime, che isolare Falcone e Borsellino che la combattevano è stato per la mafia il segnale che si poteva colpirli.

Sarebbe consolante poter scrivere che comunque ci sarà un’ondata di indignazione nell’opinione pubblica, nelle grandi testate “indipendenti” che in altri momenti e per molto meno (or non è guari, non decenni fa) chiamavano a mobilitarsi in piazza, tra i colleghi dei magistrati così ingiuriosamente privati di quanto i criteri stessi proclamati dal Csm doveva loro conferire. Non accadrà nulla, probabilmente, complice anche il clima natalizio, festoso di mega-applausi per gli etici comandamenti in salsa catodica ma vilmente indigente di indignazione quando nella realtà i valori più elementari della nostra Costituzione vengono calpestati.
E il sonno dell’indignazione genera mostri.


Il ritorno del Gattopardo
di Marco Travaglio, da il Fatto quotidiano, 18 dicembre 2014
Ieri, con la nomina di Franco Lo Voi a successore di Francesco Messineo, il Palazzo si è ripreso la Procura di Palermo che aveva dovuto mollare 22 anni fa, dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, con la rivolta dei pm ragazzini cresciuti al fianco di Falcone e Borsellino che misero in fuga il famigerato Pietro Giammanco e propiziarono l’arrivo di Gian Carlo Caselli.

Ora quella stagione che, fra alti e bassi, aveva garantito risultati eccezionali nella lotta a Cosa Nostra e ai suoi tentacoli politico-affaristico-istituzionali, si chiude violentemente con un colpo di mano che ha nel Csm l’esecutore materiale e negli alti vertici dello Stato e dei partiti i mandanti. Un replay, ma in peggio, dell’operazione che nel 1988 portò l’anziano Antonino Meli e non l’esperto Giovanni Falcone al vertice dell’Ufficio Istruzione. In peggio perché, allora, prevalse nel Csm l’osservanza delle regole formali dell’anzianità. Stavolta tutte le regole, fissate in precise circolari del Csm, sono state travolte per premiare il candidato più giovane, inesperto e totalmente sprovvisto dei titoli minimi richiesti per quell’incarico.

Lo Voi ha 9 anni in meno dei due concorrenti – i procuratori di Messina, Guido Lo Forte, e di Caltanissetta, Sergio Lari –, non ha mai diretto né organizzato un ufficio giudiziario, non è mai stato né capo né aggiunto, ma solo sostituto (e per tre anni appena). L’unico incarico di prestigio l’ha ottenuto per nomina politica: delegato italiano in Eurojust per grazia ricevuta dal governo B. Il che, a prescindere dagli altri handicap, avrebbe dovuto escluderlo in partenza dalla corsa per la Procura che ha fatto condannare per mafia Marcello Dell’Utri e lo sta processando per la Trattativa. Invece è stato questo uno dei pregi che gli sono valsi la vittoria. Non è qui in discussione l’onestà personale né la capacità professionale di Lo Voi, che ha fama di buon magistrato. Ma la violazione sfacciata della legalità da parte di un Csm che, totalmente asservito ai diktat della politica, ha rinunciato per sempre al ruolo costituzionale di “autogoverno” dei magistrati e ora non tenta neppure di spiegare perché non rispetta neppure le proprie regole.

L’ordine partito dai piani alti era ben noto agli addetti ai lavori fin da luglio, quando il Quirinale bloccò il Csm che stava per nominare Lo Forte (uscito primo in commissione Incarichi direttivi): normalizzare Palermo e commissariare la Procura che ha osato trascinare sul banco degli imputati boss, politici e alti ufficiali per la trattativa Stato-mafia, fino allo sfregio finale di disturbare il presidente Napolitano. E l’ordine è stato puntualmente eseguito da tutti i membri laici, cioè politici, di centrodestra e centrosinistra: il Patto del Nazareno con l’aggiunta sorprendente del “grillino” Zaccaria (complimenti vivissimi) e quella scontata dei togati di Magistratura Indipendente (la corrente di Lo Voi) e dei vertici della Cassazione.
Cioè del presidente Giorgio Santacroce, già commensale di Previti; e del Pg Gianfranco Ciani, che due anni fa parlò con Piero Grasso di avocare l’indagine sulla Trattativa a gentile richiesta del Quirinale e dell’indagato Mancino. Di fatto, Lo Voi è il primo procuratore di nomina politica della storia repubblicana, sulla scia di quel che accadde nel 2005 per la Procura nazionale antimafia, quando il governo B. varò tre leggi (poi dichiarate incostituzionali dalla Consulta) per eliminare Caselli e intronare il suo unico concorrente, Grasso.

Dopo due anni di condanne a morte targate Riina e Messina Denaro – con tanto di tritolo già pronto – contro il pm Nino Di Matteo, e di minacce di servizi vari (“deviati”, si dice) al Pg Roberto Scarpinato, totalmente ignorate dai vertici istituzionali, Palermo attendeva un segnale da Roma. E quel segnale è arrivato: Lari, scortato col primo livello di protezione per le sue indagini su stragi e depistaggi, non può guidare la Procura di Palermo; e nemmeno Lo Forte, reo di aver processato Andreotti, Carnevale, Contrada, Dell’Utri & C.: rischiavano di sostenere il processo sulla trattativa e le indagini sui mandanti esterni delle stragi. Lo Stato di Mafia Capitale non se lo può permettere.

(18 dicembre 2014)

Tratto da: temi.repubblica.it

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