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La denuncia e l’appello al cambiamento nel film di Giulia Innocenzi e Pablo D’Ambrosi

“Dobbiamo guidare i nostri leader verso un cambiamento radicale. Il problema non riguarda solo alcune mele marce che corrompono la politica, il problema è nel sistema stesso. Un sistema governato dalle lobby che convincono i politici a destinare lauti sussidi pubblici a multinazionali che distruggono il pianeta. Dobbiamo chiedere ai nostri leader di finanziare politiche in favore dell'ambiente e di smettere di destinare le nostre tasse a queste industrie inquinanti. Senza i nostri soldi non sopravviveranno e tutto il mondo ne beneficerà”.

Un anonimo mercoledì: cinema pieno. Sullo schermo Giulia Innocenzi guarda dritto nella telecamera. E’ il docufilm che ha realizzato assieme a Pablo D’Ambrosi. Food for profit è il titolo. Ma si potrebbe aggiungere la dicitura: sulla nostra pelle. Perché è esattamente quello a cui si assiste per 90 minuti: un accordo tra sistemi di potere nel nome del dio denaro, in totale spregio della salute pubblica, degli animali e dell’ambiente. Un imponente lavoro d’inchiesta durato cinque anni nel quale gli autori mostrano quel filo nero che lega indissolubilmente l’industria della carne, le lobby e il potere politico. Un filo nero che ritroviamo nelle parole del comunicato della Lega anti vivisezione (che ha fornito un importantissimo supporto alle inchieste in alcuni allevamenti in Italia, Germania, Polonia e Spagna) che definisce il film “un lavoro approfondito, che ha scoperchiato il vaso di pandora degli interessi di affaristi ed alcuni europarlamentari. Lo stretto legame tra lobby zootecniche e politica emerge dalle immagini realizzate con telecamera nascosta da un lobbista che ha registrato diversi incontri con alcuni europarlamentari di diversi gruppi politici e diverse nazionalità, tra cui alcuni italiani”. Ed è il passaggio successivo di questo comunicato che non da spazio alle interpretazioni: “il docufilm pone i cittadini italiani ed europei di fronte ad una scelta: continuare ad avere eurodeputati corruttibili che operano scelte basate sul profitto di alcuni, oppure invertire la rotta e scegliere persone che si impegnano, grazie alla campagna ‘Vote for animals’ da noi copromossa, a prendere decisioni politiche basate sulla tutela ambientale, la tutela della salute pubblica e quella degli animali. Un manifesto in 10 punti proposti a partiti e futuri/e candidati/e alle elezioni europee del prossimo 8 e 9 giugno per chiedere più tutela e diritti per gli animali nell'UE”.


food for profit mucca

Il film

L’immagine dall’alto di un suino che muore da solo in una piccola stalla si contrappone alle parole pompose e retoriche della presidente della Commissione Europea. Sono i primi giorni di dicembre del 2019 e Ursula von der Leyen annuncia il primo atto formale del collegio dei commissari che riguarda il tema ambientale e la lotta ai cambiamenti climatici: il Green Deal. “Il nostro obiettivo è riconciliare l’economia con il nostro pianeta”, dichiara convinta. Ma la verità è tutt’altra. E si rivela attraverso la più becera ipocrisia dell’Unione europea. Che, spiega la Innocenzi, dietro al millantato Green Deal “in realtà finanzia gli allevamenti intensivi con quasi il 20% del suo budget in modo diretto, e indirettamente attraverso i sussidi alle coltivazioni che non finiscono a noi umani, ma agli animali rinchiusi negli allevamenti”. Miliardi di euro di fondi pubblici – 387 per essere precisi – che l’Europa “destina agli allevamenti intensivi attraverso la Politica agricola comune perpetuando così un sistema insostenibile”.

Il tour dell’orrore

Nel film un drone sorvola dall’alto il Polesine, sul delta del Po. Poi l’inquadratura scende, ad altezza uomo. In questa zona del Veneto negli ultimi decenni gli allevamenti intensivi di polli si sono moltiplicati. Ma se gli animali non crescono abbastanza per lo standard di mercato, diventano solamente “scarti” da uccidere a bastonate o contro tubi di ferro. Nella maggior parte dei casi le povere bestie restano agonizzanti a terra prima di essere finite. Mentre gli autori del film – con il supporto di due guardie del corpo – si apprestano a filmare di notte le manovre violente degli operai di quell’allevamento, si odono degli spari, non è del tutto chiaro se siano rivolti a loro, ma è alquanto plausibile. Una volta ripartiti frettolosamente, dopo un brusco contatto con il titolare, gli autori e i loro bodyguard si accorgono di essere inseguiti dalle auto di alcuni personaggi chiamati dal proprietario. E non è finita.


food for profit ginn

Giulia Innocenzi


Spostandoci in Germania si viene a conoscenza di un allevamento di mucche da latte nel quale – per curare mastiti provocate dalla scarsissima igiene – vengono somministrati antibiotici illegalmente. Le immagini successive di Zuromin, in Polonia, sono a dir poco impressionanti. La vita della comunità che abita il territorio vicino agli allevamenti di polli è stata letteralmente distrutta. Le ingenti emissioni di ammoniaca di questi allevamenti – aumentati numericamente in maniera esponenziale – ha reso l’aria irrespirabile e ha svalutato drasticamente i prezzi delle case. Qui le multinazionali estere hanno occupato tutti i pascoli ottenendo il risultato di spopolare intere regioni. E questo anche perché la Polonia esporta i polli all’Africa. Con tutti gli annessi e connessi del caso.
Lo sguardo sconfitto di un proprietario terriero davanti alla sua casa (poco distante dall’allevamento), si fonde lentamente nelle parole asciutte della sindaca della cittadina polacca. Che spiega amaramente come le industrie locali finanziano le campagne elettorali di destra e sinistra.
Cambio scena. Rischio ambientale altissimo in Spagna, nella Murcia: cumuli di letame degli allevamenti di maiali che inquinano il suolo e le falde con nitrati provocando morie di pesci fino al Mar Menor. Un’ecatombe.
Scorrono poi altre immagini crude, difficili da sostenere con lo sguardo. Mucche prese a bastonate sulla schiena e sulla testa, polli costretti a convivere con le carcasse. Ma ci sono anche gli operai ripresi mentre giocano con i polli morti che poi vengono destinati al consumo umano. Gli occhi sofferenti di un maiale agonizzante sembra che implorino pietà. E ancora, cumuli di migliaia di cadaveri di polli che rimangono sul piazzale esterno di un'azienda per giorni senza alcun controllo. E stalle gigantesche, dove da anni il pavimento non viene pulito e si presenta in condizioni igienico-sanitarie agghiaccianti, coperto di escrementi.


food for profit all int


A un centinaio di chilometri da Roma assistiamo a uno stillicidio di tacchini, mezzi morti o feriti, spinti con violenza nel maggior numero possibile e in minor tempo possibile sul camion diretto al macello perché in questo modo tutto “è veloce ed economico”. E poi ci sono loro: i lavoratori sfruttati e frustrati, migranti che lavorano in nero. Guai ad ammalarsi, impensabile chiedere assistenza per malattia e infortuni: se ti ammali perdi il lavoro. “Non abbiamo scovato le mele marce – chiarisce Giulia Innocenzila situazione è uguale in tutti gli allevamenti perché è proprio questo sistema produttivo che genera questi orrori”.

L’allarme sanitario

Nel docufilm si parla approfonditamente del pericolo oggettivo dell’antibiotico-resistenza: un vero e proprio allarme sanitario. All’interno degli allevamenti intensivi si vengono a creare batteri ultra resistenti agli antibiotici. Che vengono usati in maniera massiccia per permettere agli animali di sopravvivere in condizioni igieniche a dir poco precarie. E quando questi batteri colpiscono l’uomo, anche se ci si cura con gli antibiotici questi non funzionano più.

Certo è che i grandi produttori di carne non si assumono minimamente la responsabilità di quello che accade negli allevamenti da cui si riforniscono. Il mero profitto è il loro unico interesse. Che si traduce attraverso spietate operazioni di lobbisti dell’agroalimentare. Tutti pronti a esercitare una sorta di influenza – ormai accettata e normalizzata a Bruxelles – in uno squallido do-ut-des: politici che perseguono gli interessi delle lobby in cambio di sostegno elettorale e di soldi. Passando da quella che dovrebbe essere una democrazia a una lobbycrazia.


food for profit foto

Il lobbista infiltrato

A un certo punto entra in scena un lobbista infiltrato (Lorenzo Mineo, coordinatore ufficio europeo di Eumans e Responsabile investigazioni a Bruxelles). Che, munito di telecamera nascosta, muovendosi tra giornalisti compiacenti – servi sciocchi, ma anche complici, di quella lobbycrazia – entra a contatto con alcuni eurodeputati. Ed è a loro che propone finti progetti transgenici a dir poco mostruosi: un maiale a 6 zampe così da produrre ogni volta 6 prosciutti; ma anche una mucca con due organi riproduttivi (per realizzare maggiori quantitativi di latte) che, attraverso un tubo inserito nel retto, possa anche convertire le sue feci in mangime così da ottimizzare i costi. Di fronte a simili aberrazioni le reazioni dei politici sono ancora più aberranti: i progetti possono andare bene, è solo una questione di renderli accettabili all’opinione pubblica, e poi li si infila in qualche emendamento.
La differenza lampante tra le dichiarazioni raccolte dalla telecamera nascosta e quelle rilasciate durante le interviste ufficiali è a dir poco imbarazzante. Uno dopo l’altro sfilano davanti ai nostri occhi europarlamentari pagati coi nostri soldi.

Interviste double-face

Per l’eurodeputato del Pd Paolo De Castro, tra l’altro ex ministro delle politiche agricole durante il governo D’Alema, la proposta del lobbista infiltrato è inizialmente un po’ pesante, a suo dire ci vorrà un po’ di tempo per farla digerire; poi però si sbilancia dicendo di non avere pregiudizi in tal senso, aggiungendo che prima o poi sarà una battaglia che si vincerà. Successivamente, davanti alla telecamera di Giulia Innocenzi, De Castro non chiarisce affatto il suo conflitto di interesse tra il suo ruolo di eurodeputato e gli altri suoi incarichi. La domanda che resta intatta è alquanto ovvia: come presidente di Filiera Italia (che comprende anche molte note industrie della carne) come può De Castro essere super partes nella sua attività di deputato europeo? Evidentemente è meglio per lui chiudere l’intervista, evitando così di commentare quanto ripreso precedentemente dalla telecamera nascosta. Di seguito è Pekka Pesonen a non manifestare alcuno sdegno di fronte alle proposte che riceve dal lobbista infiltrato. Soprannominato Mr. Ogm, Pesonen è a capo di Copa-Cogeca, il sindacato degli agricoltori europei, ma anche la più potente lobby dell’agroalimentare europeo. Arriva al punto di negare a Giulia Innocenzi l’esistenza di allevamenti intensivi in Europa. Certo è, ammettono gli stessi autori del film, che la mancanza di una precisa definizione di “allevamento intensivo” nella legislazione europea non aiuta affatto questa inchiesta. E questo diventa uno comodo alibi a cui in molti si aggrappano.


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Lorenzo Mineo


Dal canto suo l’eurodeputata spagnola Clara Aguilera nelle riprese con la telecamera nascosta afferma impunemente che non le importa nulla di come stia un animale nell’allevamento (testuale: “Non mi interessa la felicità del pollo, del coniglio o del gatto. Io li mangio comunque”). Poi però nell’intervista ufficiale dichiara invece di non essere d’accordo “con nessuna attività che maltratti gli animali” e che modelli di allevamento simili (dove gli animali soffrono) non vengono finanziati dalla Politica agricola comune (Pac). Infine aggiunge molto tranquillamente che alcuni membri della Commissione agricoltura prendono soldi della Pac in quanto proprietari terrieri.
Una dopo l’altra le dichiarazioni di questi europarlamentari lasciano basiti. Dichiarazioni che si commentano da sole. Per il loro lucido cinismo. Perchè sono lo specchio di una classe politica che a sua volta si commenta da sola. Una classe politica mandata al potere da elettori che se non invertono la tendenza sono responsabili quanto i loro leader. Un corto circuito che è possibile fermare in un solo modo: con un voto consapevole.

Oltre l’accusa: una call to action

Al di là della denuncia documentatissima, Food for profit vuole essere soprattutto una call to action, una chiamata ad agire, affinchè tutto questo venga fermato. Quelle che scaturiscono dal film sono vere e proprie “istanze di contrasto” e si traducono in una presa di posizione concreta (in seguito promossa da Eumans, associazione per i diritti che ha come presidente Marco Cappato e segretario Lorenzo Mineo), che è diventata poi una proposta di legge d’iniziativa trasversale dei deputati per la “Istituzione delle assemblee dei cittadini, per la partecipazione diretta alla decisione su temi di interesse pubblico generale, e dell’Assemblea dei cittadini sul clima, sull’ambiente e sulla transizione energetica”; così come la richiesta di uno stop ai sussidi pubblici agli allevamenti intensivi, e soprattutto una moratoria contro nuovi allevamenti intensivi.


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Ma quello che urge sempre di più è una presa di coscienza civile. Che inizi dalla scelta del cibo da mangiare ogni giorno: per la nostra salute in primis, per quella degli animali e per l’ambiente. Per evitare di essere complici di questa lobbycrazia. Alle prossime elezioni europee dell’8 e  9 giugno i cittadini di tutta Europa possono spazzare via con un voto politici corruttibili e i loro lobbisti di fiducia. Ed è proprio questo “rischio” che probabilmente spiega le ragioni del diniego di grandi piattaforme in streaming che non hanno voluto Food for profit in quanto ritenuto “un film politico”.

“Sì, è un film politico – ribadisce la Innocenzi a chi glielo ha chiesto –, con le nostre scelte tutti i giorni noi facciamo politica”. Per poi sottolineare che si tratta di un film uscito senza produttore. “Io e Pablo – evidenzia – ci siamo dovuti creare la nostra società che abbiamo ribattezzato ‘Pueblo Unido’ proprio perché avevamo bisogno di farci forza tra di noi”. E quel “Pueblo Unido” ha dimostrato in poco tempo di aver mobilitato buona parte della società civile: cinema pieni in tutta Italia, un passaparola che moltiplica le proiezioni, e che racchiude un messaggio implicito. Quello di una forza dirompente. Che può realizzarsi attraverso azioni consapevoli di una collettività informata.

Guarda il trailer del film: foodforprofit.com

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