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Smentite le accuse del vice presidente del Consiglio superiore della magistratura

Il Csm è stato “molte volte negli ultimi anni, il cane da guardia a tutela della magistratura, e quindi del principio di legalità in Italia. E ciò ha acceso sacrosanti dibattiti consiliari su questioni di fondamentale importanza anche costituzionale. Io voglio sperare che questa strada segnata dalla Costituzione e dalle leggi continui a essere percorsa senza alcun cedimento a pericolose tentazioni di collateralismo con i governi e le maggioranze di turno”.
Così in una lunga intervista rilasciata a 'Repubblica' il sostituto procuratore nazionale antimafia e già componente togato al consiglio superiore della magistratura Nino Di Matteo commentando le accuse pesanti e ingiuriose dell’attuale vice presidente del Csm Fabio Pinelli nei confronti della precedente consiliatura dell’organo di autogoverno della magistratura, dette in occasione di una conferenza convocata a Palazzo dei Marescialli per celebrare quanto fatto in un anno di attività.
Riferendosi al periodo dello scandalo legato all’inchiesta su Luca Palamara, quando ci furono le dimissioni di 5 consiglieri, Pinelli ha sostenuto che “nell’ultima parte della scorsa consiliatura, il Csm aveva perso l’orientamento” e che c’era stato “un deragliamento dalla funzione sua propria” assegnatagli dalla Costituzione. Pinelli, che è stato scelto in quota leghista, ha infine affermato che l’organo di autogoverno non “è una terza Camera” e che deve attenersi al suo ruolo “dell’amministrazione della giurisdizione”. Secondo Pinelli il precedente consiglio superiore della magistratura aveva svolto una 'funzione politica', bocciando o mostrando i pericoli delle leggi varate dal governo, come la Riforma Cartabia. Per Di Matteo, invece, “il Csm non è affatto una terza Camera, ma ha il dovere istituzionale, quando esprime il proprio parere, di segnalare ogni aspetto di possibile disfunzione per l’amministrazione della giustizia e di lesione dell’indipendenza e autonomia della magistratura nel suo complesso e nei confronti del singolo magistrato”.
Di Matteo ha successivamente affermato che “sull’accusa di politicità del vecchio Csm il vice presidente Pinelli avrebbe potuto essere più esplicito. Anche se avesse inteso riferirsi all’espressione di pareri, anche molto critici, nei confronti delle riforme varate negli ultimi anni da governo e Parlamento, sbaglierebbe bersaglio”.


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Plenum del Csm


Inoltre chi pronuncia accuse così pesanti, avrebbe dovuto “avere il coraggio e la sensibilità istituzionale di specificare chiaramente a chi e a quali occasioni si riferisse. Altrimenti, proprio nella loro genericità, quelle parole finiscono per diventare dichiarazioni infamanti. E l’esternazione rischia di risultare altrettanto infamante anche nei confronti della stessa istituzione e di chi ha tentato di servirla con dignità e onore”.
I giornalisti presenti alla conferenza hanno fatto notare a Pinelli che parlare di 'deragliamento del Csm' significava attaccare direttamente il capo dello Stato Sergio Mattarella essendo Presidente di diritto del Csm. “Non c’è nulla assolutamente da rimproverare al presidente della Repubblica”, si è giustificato subito Pinelli.
Tutti noi consiglieri - ha continuato Di Matteo - abbiamo sempre avuto piena consapevolezza di quanto il presidente Mattarella sia stato – anche nei momenti più difficili – punto di riferimento e garante della legittimità dell’attività consiliare” ha sottolineato, specificando come, dopo lo scandalo Palamara, “il Csm di cui ho fatto parte ha dimostrato di voler reagire alle degenerazioni del correntismo, del malcostume e alla caduta di etica e di indipendenza della magistratura. Questo è avvenuto sia con la celebrazione di complessi procedimenti disciplinari, sia con l’apertura e la definizione in prima commissione di tante pratiche di incompatibilità ambientale”. Il magistrato palermitano ha ricordato anche che “la scorsa consiliatura, prima scossa dallo scandalo dell’Hotel Champagne e poi dalla squallida vicenda del dossieraggio sulle false accuse di Piero Amara al consigliere Sebastiano Ardita, ha vissuto momenti drammatici”. Sul punto occorre ricordare alcune testimonianze dello stesso Nino Di Matteo e dello stesso Ardita al processo di Brescia: Di Matteo spiegò ai giudici che nelle dichiarazioni di Amara sulla “Loggia Ungheria” vi era “un tentativo di condizionare l’attività del Consiglio, di delegittimazione del dottor Ardita ma anche un tentativo di condizionamento della sua attività e, indirettamente, anche della mia”.
Ma, nonostante ciò, ha ribadito il magistrato palermitano a 'Repubblica', con “difficoltà e molte resistenze, sia interne che esterne, è stato intrapreso un percorso di pulizia e trasparenza che non merita adesso di essere mortificato, con accuse generiche e magari ricorrendo all’argomento dell’arretrato accumulato su altre pratiche”.
Il riferimento è all’affermazione di Pinelli secondo cui l’attuale Csm avrebbe ereditato un 'pesante arretrato' di lavoro: “Il buon funzionamento di un organo di rilevanza costituzionale - ha detto Di Matteo - non si misura soltanto in un’ottica manageriale, in base ai numeri e alla velocità di definizione delle questioni. Il Csm di cui ho fatto parte ha tentato di approfondire e ha pubblicamente dibattuto sulla questione morale che tante volte il presidente Mattarella ha ricordato come essenziale per il recupero di credibilità e prestigio della magistratura”.

Fonte: repubblica.it

Foto © Imagoeconomica

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