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Un appello per “il futuro di tutti”

Sono passati nove anni da quel 16 ottobre 2014 quando la tragedia ci ha convocato in terra paraguaiana. Quel giorno l'indignazione, il dolore e la rabbia ci hanno inondato, di fronte al brutale assassinio del nostro amico e collega di redazione Pablo Medina e della sua giovane assistente Antonia Almada. Abbiamo organizzato subito quel primo viaggio messo su in poco meno di un mese. Con decine di giornalisti e attivisti sociali e per i diritti umani di vari paesi, ci siamo uniti ai suoi familiari e amici intimi per chiedere giustizia, in questo difficile e complesso pellegrinaggio.
Oggi la lotta ci chiama attraverso i giovani del movimento Our Voice che, con grande impegno, sono riusciti a riunire numerose organizzazioni sociali e politiche come la Gioventù Comunista Paraguaiana, l'Organizzazione delle Donne Contadine e Indigene Conamuri, la Piattaforma Sociale per i Diritti Umani, Memoria e Democrazia, OPAMA, Alternativa Socialista, Articulación de Ollas Populares Pykui e la Coordinatrice Contro la Terza Guerra Mondiale. Inoltre, hanno partecipato gli artisti di Casa Fem Re-Existir, il quadro folkloristico Enlazarte al Paraguay, il performer Omar Mareco, il corpo di ballo Poty Jera Crew e il rapper Mathias Trac. Tutti uniti sotto una parola d'ordine comune: “In marcia contro la disuguaglianza e la corruzione”.
Gli anni sono passati e ci siamo ritrovati più e più volte rafforzati dalla vittoria morale di aver resistito. Gli anni sono passati e in questo viaggio per la giustizia, per la vita, abbiamo riso e pianto. Abbiamo visto la madre di Pablo spegnersi per il dolore di dover seppellire per la terza volta un figlio nato dal suo grembo. Abbiamo visto suo padre subire ingiustizie fino all'ultimo giorno di vita. Abbiamo visto i suoi fratelli cadere e rialzarsi più volte di fronte ai colpi dell'indifferenza e dell'ipocrisia. Abbiamo visto i suoi figli, ancora  bambini, affrontare con dignità e determinazione il burattinaio che fino ad oggi rimane anonimo. Oggi vediamo sua nipote alzare la voce non solo per chiedere giustizia per il crimine contro suo nonno ma anche per i valori democratici e umanistici che in vita, Pablo Medina ha sostenuto.

Nove anni da un crimine narcopolitico
L'evento è iniziato in Piazza Italia verso le 17:00, in un pomeriggio molto caldo. A poco a poco i manifestanti si sono raggruppati. La conduzione dell'evento è stata affidata alla giovane Nathalia Pereira di Our Voice che, durante la settimana, aveva accompagnato il nostro direttore Georges Almendras dai media radiofonici e televisivi per annunciare la convocazione.
Il primo intervento è stato quello di Dyrsen Medina, la figlia maggiore di Pablo, che dal primo giorno ha portato sulle sue spalle il peso della richiesta di giustizia.Ringrazio tutti i presenti che hanno detto sì a questa convocazione. Sono passati nove anni dall'assassinio di mio padre, Pablo Medina. Oggi siamo qui presenti per onorare soprattutto la memoria del nostro martire paraguaiano che ha dato la vita per la verità e la giustizia. È una data molto simbolica”.
È importante ricordare che per il duplice crimine è stato condannato Wilmar Neneco Acosta che, oltre ad essere il capo del Clan Acosta, era, al momento del delitto, sindaco di Ypejhú per il  Partito Colorado. Uno dei tanti emblemi innegabili della narcopolitica in Paraguay.
È stato proprio questo il punto di partenza dell'intervento dell''avvocato ed ex pm Jorge Figueredo, che rappresenta Antimafia Dos Mil in Paraguay: “Questo crimine ci ha dimostrato il legame dei politici con la corruzione nel nostro paese”. Figueredo, sempre preciso nelle sue definizioni, ha ripercorso in poche parole il percorso del paese dopo lo stronissmo (governo Stroessner): “Non viviamo un processo di democratizzazione ma un processo di transizione verso una dittatura mafiosa, ha detto. E ha aggiunto: non solo sono stati uccisi 21 giornalisti ma anche oltre 100 contadini. Ciò significa che la dittatura che stiamo vivendo è molto peggio. Perché prima sapevamo chi era il nemico, ma ora la mafia non mostra la faccia.
Figueredo ha avvertito: il crimine organizzato si è infiltrato nei tre poteri dello Stato e in tutta la società paraguaiana”. E di fronte a questa situazione, ha invitato ad agire: “La grande sfida che dobbiamo affrontare è quella di trasformare la lotta contro la mafia in una lotta sociale. Che sia parte del movimento sociale. Tutti i problemi che abbiamo come società, la mancanza di trasporti, di accesso alla sanità pubblica, di un lavoro dignitoso, fanno parte di una causa sola. La criminalità si è impadronita del nostro paese e condiziona la politica, il processo elettorale e tutta la nostra vita. Se non combattiamo il sistema economico, il sistema sociale continuerà così.
“Gli stessi personaggi che sono dietro la morte di Pablo Medina sono anche dietro la morte di Rodrigo Quintana, di Humberto Coronel, di Marcelo Pecci. Non sono omicidi isolati”. E questo modo di agire è tangibile “nei mandanti, che hanno nome e cognome e sono nel sistema di governo”.
Il modo migliore per ricordare Pablo Medina e Antonia Almada è seguire le loro orme, è seguire il loro lascito. Fino alla vittoria!! È stato il grido finale con cui Figueredo ha travolto la piazza.


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Al centro la figlia di Pablo Medina, Dyrsen e a destra il direttore di Antimafia Dos Mil Georges Almendras ©  Antimafia Dos Mil


Un'antimafia popolare
Un'altra giornata di lotta ha visto il direttore di Antimafia Dos Mil, Georges Almendras, con il microfono in mano. Da anni unisce fermamente questo richiamo alla dignità della sua professione, nel ricordo del suo collega e della gioventù e infanzia paraguaiane che tanto dolore patiscono nell'anonimato e nella disillusione di un paese corrotto.
Almendras ha ricordato Santiago Leguizamón, Humberto Coronel e Pablo Medina, tre dei 21 giornalisti uccisi dalla narcopolitica dall'inizio del processo verso la democrazia. Una democrazia che non arriva perché se ci fosse, questa piazza sarebbe  piena, questo popolo sarebbe nelle strade, ha reclamato il nostro giornalista uruguaiano. “In meno di una settimana questo paese è stato scosso da una immane crisi carceraria, ha detto riferendosi agli incidenti accaduti nel carcere di Tacumbú, uno dei più pericolosi del continente, sotto il dominio completo delle organizzazioni narcocriminali “che lo gestiscono e sono co-governo con il governo istituzionale, come lo sono stati i governi di Abdo Benitez e di Horacio Cartes”.
Tutto il popolo del Paraguay dovrebbe essere alle porte di Tacumbú”, ha proseguito Almendras “per esigere dalle autorità che un istituto penitenziario non sia martirio, o scuola del crimine. Gli uomini non sono lì per essere in connubio con il crimine”. In numerose occasioni, durante i suoi 40 anni di carriera giornalistica, Almendras ha dovuto gestire diverse rivolte, arrivando persino a intervenire nella presa del carcere minorile di La Tablada, a Montevideo. Queste esperienze gli hanno dato gli strumenti per  analizzare le caratteristiche dell'ammutinamento di Tacumbú, che si è risolto rapidamente e senza feriti, a parte una morte estranea alla rivolta stessa.  Se la prigione è esplosa è perché è esplosa un'accusa internazionale contro l'ex presidente Horacio Cartes”, ha affermato riferendosi alle motivazioni politiche che hanno determinato le gravi accuse che legano l'ex presidente all’assassinio del procuratore Marcelo Pecci. Un crimine per il quale ogni giorno si dovrebbe protestare affinché non rimanga impunito. Ma ci sono impunità e torbidità nella Procura e nello Stato. Il popolo viene saccheggiato e violato”.
“Il paese si è fatto conoscere per la sua narcopolitica”, ha detto Almendras con rammarico: Perché dalla fine della dittatura dobbiamo rendere omaggio a 21 giornalisti assassinati. Questo atto che dovrebbe essere di massa, è la prova della complicità con la mafia, complicità infiltrata nella nostra società”. E ha sottolineato: Ci sono persone oneste all'interno del sistema fiscale e giudiziario, all'interno del sistema politico, ma ci sono anche persone disoneste. Questo sta accadendo in tutta l'America Latina”.
Il direttore ha colto l'occasione per ricordare le numerose lotte tra oppressori e oppressi che assumono forme diverse in tutto il mondo.  Come quello che sta succedendo tra Palestina e Israele, o tra Ucraina e NATO. Sta succedendo qualcosa, ha detto Almendras per sottolineare il carattere globale di quella che è già una crisi umanitaria. Ed è stato incisivo nell’insistere sulla necessità che i popoli si uniscano e combattano. E per questo ha sottolineato il grande Incontro Plurinazionale di Donne e Dissidenti, convocato quest'anno nei territori mapuche della Patagonia argentina.  Sono i giovani che devono segnare urgentemente la loro presenza in questi territori”.
Dopo gli interventi in Piazza Italia i manifestanti hanno marciato verso l'edificio del Ministero Pubblico, sede della procura generale dello Stato. Sorvegliati dalla polizia, un centinaio di persone hanno richiamato l'attenzione dei vicini rinchiusi nelle loro case al grido di “Signore, signora, non sia indifferente, i giornalisti vengono uccisi davanti alla gente. Si è sentito anche un grido che attraversa il continente: Allerta. Allerta. L’allerta cammina, la lotta femminista per l'America Latina. E tremano, e tremano i maschilisti, l'America Latina sarà tutta femminista”. Gli slogan si riferivano a Lichita Villalba, la ragazza scomparsa dal novembre 2020, nel quadro di una feroce repressione da parte delle Forze de Tareas Conjuntos (forze militari) contro i popoli contadini e che giorni prima era costata la vita alle sorelle Lilian e Carmen. Un crimine di Stato ancora impunito. Le grida dei manifestanti hanno anche chiesto un ricambio istituzionale al grido “Che vadano via tutti, che non ne rimanga nemmeno uno.
All'arrivo in Procura, prima della performance artistica sulla pubblica strada, è stato letto il manifesto firmato dai convocanti.
Oggi alziamo la voce per esigere terra e radici per le comunità indigene e contadine che hanno condotto una lotta storica contro un sistema estrattivo, che anno dopo anno ha generato un terricidio attraverso la deforestazione e l'uso di agrotossici che ci avvelenano; difendiamo il salvataggio, la promozione e la difesa dei nostri semi nativi e creoli, promuoviamo politiche produttive che garantiscano alimenti sani, senza tossicità per chi produce e consuma. Allo stesso tempo bisogna fornire tutto il necessario e di ottima qualità alle mense popolari, rispettando la Legge delle Mense e dei Centri Comunitari, perché l'alimentazione di qualità non deve essere il privilegio di pochi.
Manifestiamo contro la violenza strutturale che opprime costantemente donne, dissidenti e popoli originari (indigeni), privandoci del godimento di una vita dignitosa.
“Pretendiamo che siano
condotte indagini indipendenti e approfondite su tutti i crimini della dittatura e sulla violazione dei diritti umani nella transizione verso la democrazia, nonché su quelli commessi oggi, quali: l'uccisione di giornalisti martiri, le cugine di Lichita e tutte le vittime del narcotraffico. Chiediamo che i responsabili militari e civili di queste atrocità siano processati e puniti nonché l'annullamento della legge Zavala-Riera, che criminalizza le proteste e le occupazioni, legittime, delle nostre terre. L'attuale apparato delle forze repressive dello Stato deve essere smantellato e costruito su basi solide e intensivamente formate sui diritti umani e sulla prospettiva di genere affinché il Paraguay sia un vero garante dei diritti.
Ci mobilitiamo contro una guerra nucleare mondiale, perché non possiamo rimanere in silenzio ed essere complici di una disputa per interessi economici che aggravano la situazione di ogni paese in diversi ambiti, tra cui quello ambientale, perché per questi interessi il nostro pianeta sarà assolutamente inabitabile”.

Il futuro di tutti
Una menzione a parte merita il commovente intervento artistico degli Our Voice, realizzato prima in piazza Italia da Yamila, la nipote di Pablo Medina, che ha interpretato un testo in nome della Costituzione. Lo riportiamo a continuazione:

"Io sono la Costituzione. Si sono dimenticati di me.

Io sono la Costituzione, la legge, la Magna Carta,

punto di appoggio per una nazione libera e sovrana.

Attraverso me si arriva al rispetto, alla libertà,

alla giustizia sociale e alla democrazia.

Io dico dove iniziano

e dove finiscono i diritti di un cittadino.

Io non posso essere sospesa, ascoltate bene, né annullata.

Ascoltate bene, da nessun potere o autorità.

Detto io le leggi di una nazione e la sua sovranità,

e governo la nazionalità, la sua giustizia,

il territorio e i diritti dei cittadini.

In me riposa il futuro di tutti.

Mi fa male nel profondo del cuore quando si viola la vita.

In me riposa il futuro di tutti,

È per questo che vengo a chiedervi ancora una volta la libertà di pensiero,

di opinione, di coscienza, di culto,

del lavoro e del diritto all'istruzione.

Sono la vostra più grande speranza.

In me riposa il futuro di tutti,

Per questo sono venuta a chiedervi ancora una volta di prendervi cura di me.

Di proteggermi, di difendermi, 

che nessuno mi umili e mi maltratti,

e non permettete mai che vogliano sopraffarmi.

Ascoltate bene, ascoltate bene, io sono la Costituzione.

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