Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

L'ex Presidente della Corte Costituzionale intervistato su La Stampa

"Siamo in un mondo dove c’è il 'muro di pietra' di cui Dostoevskij scrive: ci si para davanti e ti sputa in faccia. E rompere il muro sarebbe necessario per affrontare temi terrificanti come l’abitabilità del pianeta, le guerre, le centinaia di migliaia di bambini che nascono e muoiono nella prima settimana di vita, mentre noi, osservando le foto di Aylan Kurdi o di Marie, che a sei anni perde la vita nel deserto tunisino accanto alla madre, allarghiamo le braccia. Non solo per assuefazione a queste immagini, ma soprattutto per impotenza di fronte all’orrore".
E' questo uno dei passaggi dell'intervista di Andrea Malaguti all'ex Presidente della Corte Costituzionale, Gustavo Zagrebelsky, pubblicata oggi su La Stampa
Una lunga chiacchierata dove il Professore, ad ottant'anni, ha voluto parlare di come vede il Mondo, ovvero "seduto su un vulcano". 
Parla di "catastrofe", ma lo fa senza perdere la speranza in una rinascita. 
"Le grandi questioni e le grandi idee assumono un significato diverso se chi le valuta vive una condizione di privilegio e di benessere oppure non ha nulla, a parte la sofferenza e la paura - dice - Se passi le tue vacanze a Cortina è un conto, se sei una profuga a Sfax, o fuggi dalla Siria, è un altro. Il punto teorico al quale tengo molto è questo: da Aristotele a oggi siamo dominati concettualmente dal principio di non contraddizione e da almeno due secoli e mezzo la vita sul pianeta si svolge cercando di eliminare tutto ciò che non è coerente, sterminando le culture particolari e spingendo tutti verso uno stesso modello di vita. Egualizzazione, omologazione. La non contraddizione è un principio dispotico".
Ad un certo punto arriva anche a chiedersi: "Non pensa che il nostro modo di concepire l’esistenza su questo pianeta abbia mostrato tutti i suoi limiti?".
La risposta è semplice. "Sono, o cerco di essere semplicemente realista. E mi pare che il mondo sia ammalato, gravemente" ma al contempo "non sono dalla parte di chi, come i “negazionisti” d’ogni genere, sostiene alternativamente che tutto va bene o che tanto non c’è niente da fare. Per dare un significato al tempo residuo a mia disposizione, io mi appoggio a due pilastri. Il primo: lo spirito di chi si sente libero di dire quello che crede senza pensare a chi giova o a chi nuoce. Il secondo è Albert Camus. C’è un suo motto a me caro: a una certa età non si ha più tempo ed energia per le nuove imprese - non mi rimetterei a scrivere un trattato di diritto costituzionale - però si hanno il tempo e l’energia per guardare le cose vecchie con occhi nuovi".
Alla domanda su cosa significhi la frase risponde con semplicità: "Che posso ripercorrere e riconsiderare le cose che ho conosciuto e che ho studiato in passato, cercando di vederne lati nuovi, immaginando alternative".
Zagrebelsky quindi guarda all'impegno che ha sempre cercato di condurre a difesa della democrazia. "C’è stato un tempo, dopo la seconda guerra mondiale, in cui sembrava che la democrazia fosse l’approdo finale e universale dell’umanità. Ma la democrazia è libertà e differenziazione, difesa delle minoranze, cioè delle differenze. Stili di vita e culture. Se no, c’è asfissia. Ora pare che non ci possa che essere un solo modo uniforme di vivere e se vai ad Hong Kong ti trovi in un luogo che sembra Manhattan. La nostra, sottolineo nostra, democrazia ha prodotto questo risultato?". Zagrebelsky dunque si chiede se questo può essere un "modello sostenibile". 
Magari succede perché Manhattan è un modello attraente.
"La globalizzazione - prosegue - ha definito le nuove regole dell’economia: accumulazione illimitata che chiamiamo sviluppo, dissipazione delle risorse e rottura degli equilibri naturali, impoverimento e sfruttamento di categorie sociali e di popoli interi. E come si cerca di tenere insieme tutto questo? Con la forza e con la sublimazione della forza, cioè le guerre che ci fanno fare".


fiera armi dep 43310534


"Fanno fare?", chiede Malaguti. E la risposta è diretta: "Certo, questa è la definizione esatta. Putin o Biden non fanno la guerra, ma la fanno fare a centinaia di migliaia di altri esseri umani che vanno incontro alla morte. Di sicuro non per libera scelta. Perfino la guerra si è disumanizzata (seppure si potesse pensare a una guerra 'umana'), trasformandosi al punto da distruggere vite, città e paesi senza che si sentano esplosioni, puzzo di cadaveri o si vedano macerie o nemici negli occhi. I missili e i droni si comandano con precisione millimetrica a migliaia di chilometri di distanza e gli strateghi maneggiano non uomini e vite, ma tecnologie".
Alla constatazione che l'uomo fa da sempre la guerra Zagrebelsky replica in maniera netta: "La guerra - dicono in molti - è una cosa bella perché prepara una pace migliore. Ma a quale prezzo! Montesquieu, con tanti altri, sosteneva il contrario: che la violenza, l’aggressività e il sopruso non fanno parete della natura umana. Questa differente visione dimostra che siamo nel campo delle ideologie. Anzi, la supposta naturale aggressività degli esseri umani in quanto tali, è l’ideologia massima, cioè il più importante intervento di manipolazione delle coscienze. E, se è una ideologia, non la si potrebbe sostituire con quella opposta? Siamo noi, non la 'natura', che ci facciamo amici o nemici l’un l’altro. Dove sta scritto che siamo obbligati a fabbricare, vendere e inviare continuamente armi?".
Automatico pensare all'Ucraina, "ma io sto cercando di alzare un poco lo sguardo e insisto a dirle che l’idea secondo la quale gli esseri umani sono per natura nemici e mossi da istinti aggressivi ed espansionistici di sé è un’idea di cui noi stessi siamo autori".
Zagrebelsky distingue la reazione a un sopruso come per esempio l'aggressione ai propri cari) con la "propensione degli esseri umani a un sopruso specifico che si chiama guerra". "Io - sostiene il professore - credo che iniziare la guerra sia una decisione imposta da pochi potenti. Nelle capitali degli Stati non dovrebbe esserci il monumento al milite ignoto, ma alla vittima ignota". E poi ancora: "La grande sfida del tempo attuale, da cui dipende il futuro, è quella di uscire dai meccanismi immensamente pervasivi dell’ideologia guerresca. Dobbiamo abbassare il livello della violenza - che è grande - nei rapporti individuali, in quelli collettivi e con tutti gli esseri viventi sulla terra. Che è anch’essa un grande essere vivente, 'un animale', dicevano gli antichi".
La soluzione? C'è, secondo Zagrebelsky, "anche se qui entriamo nel campo delle virtù reciproche, le più difficili da realizzare. Si potrebbe fare ricorso al principio della morale kantiana: trattare gli esseri umani sempre come fini e mai solo come mezzi. Dove la parola “solo”, spesso trascurata, è importantissima. Ricominciamo dai singoli rapporti, andiamo a vedere dove prendono piede la violenza e il sopruso, guardiamo le cause e cerchiamo di disinnescarle, ragioniamo per i nostri figli e i nostri nipoti. Non facciamoci ingannare. Vediamo che la violenza è il prodotto delle prepotenze e dunque combattiamole, a incominciare da quelle piccole e quotidiane, fino a quelle grandi ed epocali. Guardiamo le cose vecchie con occhi nuovi - appunto - e si accorgerà che ripartire non è impossibile. E comunque è necessario".

Foto di copertina © Imagoeconomica

ARTICOLI CORRELATI

''Armi all'Ucraina rubate dalle mafie''. La conferma del Dipartimento della Difesa Americana

L'Ucraina si arma, la mafia pure

Traffico internazionale di droga ed armi da guerra, 30 arresti

Gratteri e la 'Ndrangheta fuori dai confini: ''In Europa sta arrivando una nuova cocaina''

Gratteri: ''Europa market della droga mentre l'Ucraina rischia di diventare outlet delle armi''

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos