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Insulti, sproloqui e miserie umane di un rappresentante della Repubblica

Salvini. Basterebbe il suo cognome per evitare di sprecare tempo dietro alle sue esternazioni. Ma il problema è oggettivo: è un ministro della Repubblica (sic!) e tra i suoi ultimi deliri ha insultato e denigrato un uomo come don Luigi Ciotti, il cui esempio di vita parla da solo, a cui va tutta la nostra solidarietà.
“Mi ha fatto specie leggere sui giornali – ha dichiarato Salvini – le parole di un signore in tonaca che ha detto che il Ponte più che unire due coste unirà due cosche, queste parole sono di una volgarità, ignoranza e superficialità senza confini”. Ricapitolando: volgarità, ignoranza e superficialità senza confini. Della serie: parlo di me, ma punto il dito sul mio prossimo bersaglio così fa più scena. Come è noto Salvini non è nuovo a queste esternazioni nei confronti di uomini e donne impegnati a salvare vite umane. Le gravi offese e gli attacchi volgari alla capitana della Sea Watch, Carola Rackete, per i quali è stato “salvato” dal Senato, che lo scorso 28 giugno ha negato l’autorizzazione a procedere nei confronti del ministro, sono solo la punta di un Iceberg. Che è costellato di attacchi mirati a personaggi che il ministro ritiene ostili nei suoi confronti, a partire da Roberto Saviano, la cui repentina esclusione dalla Rai appare quanto meno un “favore” fatto allo stesso Salvini.
Detto questo, non serve più ripetere quanto è già stato scritto in importanti dossier sull’inutilità e la pericolosità del Ponte sullo Stretto tanto caro a Salvini. Uno su tutti quello di Legambiente che ha evidenziato come l’opera faraonica sia solo “una cattedrale nel deserto utile solo a sperperare altri soldi pubblici” - con le mafie che ringraziano - e soprattutto “ha distolto l’attenzione dalle vere priorità su cui si dovrebbe lavorare”.
In questi tragici giorni nei quali il nord è flagellato dal maltempo, il sud, e in special modo la Sicilia, brucia in un inferno di roghi, Salvini non trova di meglio che difendere il “suo” ponte, fregarsene delle infrastrutture basilari che mancano in Sicilia e in Calabria, e attaccare volgarmente don Ciotti. Ora, l’opera umanitaria del fondatore del Gruppo Abele e di Libera parla da sè. E non serve certamente un articolo per ricordare quante vite ha salvato, e sta salvando, don Luigi e tutto il suo gruppo; per non parlare della forte e pregnante azione antimafia di Libera, che tra l’altro ha sortito l’effetto di far mettere sotto scorta lo stesso don Ciotti minacciato di morte dalla mafia. Ma di tutto questo il ministro Salvini preferisce evitare di parlarne. Forte di una maggioranza di Governo che – fino quando lo riterrà utile a determinate logiche di potere – continuerà a difenderlo. Ma anche forte del silenzio connivente di una parte del Paese.
In questo mondo al contrario, dove c’è anche un docente universitario come Costantino Visconti che si arroga il diritto di denigrare un magistrato come Nino Di Matteo e un giornalista come Saverio Lodato, non stupisce certo la squallida presa di posizione di Salvini che difende un ponte dietro il quale si intravedono financo gli interessi della Nato. Vale la pena però riflettere su chi gli ha conferito il potere di parlare come un ministro della Repubblica. Ed è esattamente la responsabilità del popolo quella che va focalizzata per l’ennesima volta. Non può bastare la rabbia delle persone che in queste ore, tra Catania e Palermo – così come nel nord Italia, seppur in maniera opposta – stanno vivendo l’Apocalisse in terra, con situazioni da Terzo mondo (per non parlare dei criminali piromani). Una ragione ci sarà se siamo governati da incompetenti malati di tweet, da pseudo politicanti che a costo di vite umane continuano i loro sporchi affari incuranti che il Titanic sta affondando. E’ quanto mai banale ricordarci che questi personaggi sono stati votati. Più o meno democraticamente, si potrà obiettare, ma sono stati votati. E allora riconosciamola questa grave responsabilità. Per evitare che si possa ripetere. Ma gli esseri umani sembrano piuttosto una razza che non vuole imparare dagli errori della storia – il ripetersi delle guerre nei secoli lo conferma. Non stupisce quindi ritrovare al potere certe facce del nostro passato, gente che ha cambiato casacca due o tre volte, così come alcuni personaggi indagati, e via via sempre più scavando il fondo. Se crediamo davvero che la politica debba fare la sua parte nell’evoluzione di una società, è fondamentale distinguere tra chi è impegnato per il bene comune e chi per i beni personali. Lo scorso 28 febbraio a Fondi (LT) don Ciotti ha citato Paolo VI che aveva definito la politica così: “La più alta ed esigente forma di carità, perché la politica è il servizio per il bene comune”. Don Ciotti aveva aggiunto che quando “la politica non risponde ai bisogni delle persone non è politica, è un’altra cosa”.
Un Governo come quello attuale è, molto più sfacciatamente degli altri, portavoce degli interessi di una politica che è a dir poco “un’altra cosa”. Eccolo il Governo che minimizza gli sconvolgimenti climatici in atto e irride gli ecologisti. Che non attua politiche per prevenire i disastri a cui stiamo assistendo. Che infierisce sulle fasce più deboli alimentando le tensioni sociali. Che rema contro la giustizia e la lotta alla mafia. E soprattutto che ipoteca il futuro delle nuove generazioni a cui ormai sa solo elargire menzogne e slogan. Salvini è solo l’esempio plastico di una simile classe dirigente. A cui si ha il dovere di opporre una ferrea resistenza attraverso una reale presa di coscienza. Che getti le basi per ricostruire dal basso, che impedisca una nuova emorragia di voti nei confronti di simili personaggi. Loro sì volgari, ignoranti e superficiali. E soprattutto complici di questa deriva.

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