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Indetto lutto nazionale in Grecia. L’Unhcr: “Si poteva evitare creando corridoi sicuri”

Si continua a morire in mare. Questa volta però nel Peloponneso. "Fin che la barca va lasciala andare", ricorda la celebre canzone di Orietta Berti. E fino a quando il riferimento è alla canzone può andar bene, cosa ben diversa, invece, e troppo spesso accade, è quando la “nave” in questione è un barcone o un peschereccio arrangiato e stracolmo di persone disperate che migrano, scappano da terre colpite da crisi, guerre e, a volte, epidemie. E a "guardare" la barca sono i Paesi che dovrebbero intervenire: l'Italia, la Grecia, Malta. Più in generale, l'Europa. Ed è quanto accaduto ieri al largo della Grecia quando un peschereccio con a bordo circa 400 persone è naufragato a sud del Peloponneso dopo esser salpato da Tobruch, in Libia. L’imbarcazione era diretta in Italia e, probabilmente, era in difficoltà da quando è salpata. Stando alle informazioni raccolte finora dalla Guardia costiera sarebbero circa 80 i cadaveri recuperati, ma il numero, probabilmente, è destinato a crescere. "Ho chiesto a un paziente e mi ha parlato di un gran numero di bambini, circa 100 nella stiva”, ha riferito questa mattina ai media greci il direttore della Clinica Cardiologica dell'Ospedale di Kalamata dove sono ricoverati alcuni sopravvissuti al Naufragio del peschereccio. "Si teme per la vita di centinaia di rifugiati e migranti dispersi in mare”, ha scritto in un comunicato l’Unhcr e l'Organizzazione internazionale per i migranti (Oim), dopo il tragico evento, chiedendo corridoi sicuri per chi scappa da conflitti e persecuzioni. “Le autorità greche hanno lanciato una vasta operazione di soccorso, portando in salvo 104 persone”, si legge. Per Maria Clara Martin, rappresentante dell'Unhcr in Grecia, “queste morti possono essere evitate attraverso la creazione di più corridoi sicuri per le persone costrette a fuggire dai conflitti e dalle persecuzioni. Nessuno dovrebbe essere obbligato a intraprendere viaggi così pericolosi quando fugge per salvare la propria vita''.

L'imbarcazione è stata avvistata per la prima volta martedì pomeriggio da un aereo di Frontex, l'agenzia europea per la sorveglianza delle frontiere, ma da quanto si apprende i migranti a bordo avrebbero "rifiutato ogni aiuto", secondo una precedente dichiarazione delle autorità portuali greche. Oltre alle motovedette della polizia portuale, hanno partecipato all'operazione di salvataggio una fregata della marina greca, un aereo e un elicottero dell'aeronautica militare e sei imbarcazioni che operavano nella zona. Ai confini esterni dell'Unione Europea nel Mediterraneo, la Grecia è un passaggio regolare per i migranti che cercano di raggiungere l'Unione Europea dalla vicina Turchia. Non è la prima volta che accadono naufragi in quell’area. Nel Mar Egeo, infatti, si sono verificati numerosi naufragi, molti dei quali mortali, mentre la Grecia è regolarmente accusata da ong e media, in particolare nei video, di respingere dal suo territorio i migranti che chiedono asilo nell'Ue. Ecco, “fin che la barca va”, per tornare alla Berti, i migranti vengono respinti lasciandoli in balia del destino. E al posto di parole di cordoglio la Politica dribbla le proprie responsabilità richiamando accordi politici. Come ha fatto questa mattina il ministro Piantedosi affermando di essere “ancora di più motivato sulla strada intrapresa: bloccare i trafficanti di essere umani, lavorare a sconfiggere ciò. Lo possiamo fare insieme all'Europa. Le norme nel patto approvate nei giorni scorsi vanno nella strada auspicata". E cioè? Rafforzare l’accordo con la Libia, “che è stato prorogato”, con il quale “c’è una collaborazione per fermare il lavoro dei trafficanti”. “Non c'è nulla di nuovo sul piatto - ha aggiunto il ministro -. Esiste una possibilità di collaborazione per controllare molto di più" le coste con i Paesi di partenza. Con quest’ultimi, "soprattutto con quelli dell'Africa settentrionale, la collaborazione deve andare oltre i temi securitari. Noi comprendiamo l'immigrazione in un tema molto più ampio", ha aggiunto. Nel frattempo, “le attività di ricerca e salvataggio sono ancora in corso e l'assoluta priorità di tutti è fare tutto ciò che possono vista la situazione”, fa sapere il portavoce della Commissione Ue, Eric Mamer, aggiungendo che “non è tempo per eventuali indagini, è molto importante concentrarsi sulle operazioni". "Le attività di ricerca e salvataggio sono ancora in corso, siamo in contatto con le autorità greche e anche il direttore esecutivo di Frontex è arrivato in Grecia", ha aggiunto la portavoce Anitta Hipper.

Di fronte a “una delle più grandi tragedie del Mediterraneo - come l’ha definita Gianluca Rocco, capo missione dell'Oim Grecia -, va rafforzata l'urgenza di un'azione ampia ed esaustiva da parte degli Stati per salvare le vite in mare e ridurre i viaggi pericolosi, aumentando i corridoi sicuri e regolari per le migrazioni’’. Dall’altro lato, inoltre, va avviato un processo di sensibilizzazione collettiva che faccia comprendere la gravità di quanto accaduto. A questo proposito, molto apprezzata è stata l’iniziativa del primo ministro ad interim della Grecia, Ioannis Sarmas, il quale ha annunciato un periodo di tre giorni di lutto nazionale per le vittime della tragedia dei migranti al largo di Pylos. Un lutto iniziato alle 21 di mercoledì che terminerà a mezzanotte di venerdì. Un modo per bloccare un Paese e lanciare un appello forte alla comunità internazionale: “la barca” non va più, è affondata. Prendiamone atto.

Foto © Imagoeconomica

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