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Scarpinato: “Componenti dei Servizi hanno operato anche dopo la fine del pericolo di un'invasione sovietica”

L'organizzazione Gladio "Stay Behind", formalmente creata per contrastare una possibile invasione Sovietica, avrebbe dovuto cessare la sua attività nel 1990, cioè quando l'allora presidente del consiglio Giulio Andreotti, il 3 agosto dello stesso anno, ne aveva rivelato l'esistenza davanti al Parlamento.
Operazioni sotto copertura, costruzione di magazzini di munizioni e armi (detti Nasco) e addestramento di unità: tutto questo faceva parte della 'dottrina' della "Operazione Gladio", posta sotto diretta dipendenza dei Servizi Segreti Militari, prima dal Sifar, poi dal Sid e infine dal Sismi nel 1956 grazie ad un accordo con la Cia statunitense.
La sua esistenza, oltre ad Andreotti, era conosciuta solo da pochissimi componenti dei governi italiani del dopoguerra: Francesco Cossiga, Luigi Lui, Arnaldo Forlani, Vito Lattanzio, Attilio Ruffini e Lelio Logorio. Nessun altro.
Questo ombrello protettivo di segretezza ha coperto negli anni numerosi interessi dei Servizi segreti, come dimostrano alcuni fascicoli ora divenuti pubblici.
Ma non tutti i segreti sono stati portati alla luce.
L'ultimo di questi è stato rivelato nei giorni scorsi dalla rivista "TPI" in un lungo articolo di otto pagine firmato da Andrea Palladino: in realtà l'organizzazione Gladio, sotto altra forma, avrebbe continuato le operazioni anche dopo il 1990 grazie all'utilizzo di 'agenti a perdere'.
Ma andiamo per ordine.
Da documenti visionati da "TPI" si apprende che il 13 luglio del 1990, negli uffici di Forte Braschi - attualmente è la sede dell'AISE e del Raggruppamento unità difesa - un direttore di divisione (il cui nome è coperto da omissis) aveva inviato un appunto al direttore del Sismi: "Proposta per la costituzione di una nuova struttura nell'ambito della settima divisione". Ovvero il settore del servizio di sicurezza militare a capo di Gladio.
Nell'appunto l'anonimo ufficiale aveva ricordato alcune operazioni svolte insieme ai Servizi britannici nel periodo del 1988 - 1989: "Suscitò notevole interesse - si legge - il fatto che gli operatori erano tutti agenti ESTERNI NON RICONOSCIUTI COME APPARTENENTI AL SERVIZIO E CONSIDERATI ALL’OCCORRENZA 'A PERDERE' (in maiuscolo nel testo originale, ndr).
Ovvero contractor.


documento sismi 1

Prima pagina del documento del Sismi


Ecco quello che servirebbe secondo l'anonimo ufficiale: "un organizzazione in grado di condurre TUTTE QUELLE OPERAZIONI CHE NON POSSONO ESSERE EFFETTUATE DA PERSONALE EFFETTIVO IN QUANTO COMPORTANTI, IN CASO DI SVILUPPI NEGATIVI, IL COINVOLGIMENTO DELLA NAZIONE".
Tali operazioni non erano una novità in quanto già ampiamente in uso in Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia.
"È allucinante, praticamente si chiede di avere una specie di licenza di uccidere, in senso lato, sullo stile dei Servizi segreti americani e dei peggiori servizi mondiali" ha detto il magistrato Felice Casson commentando i documenti. "Questo viene chiesto sostanzialmente, cioè di andare contro le norme, di avere delle persone da poter 'bruciare' nel caso in cui succedano fatti gravi che uno Stato non può rivendicare".
"Che io sappia - ha continuato - questo documento fino ad oggi non è mai uscito. Ho fatto una verifica e non c'è negli archivi delle commissioni parlamentari sulle stragi, per quello che ho potuto vedere".
Di questa nuova formazione segreta ne avrebbero fatto parte ex membri di Gladio, "ex appartenenti alle forze speciali", come il nono battaglione Col Moschin e il Comsubin, il commando incursori della Marina Militare. Due corpi che erano già stati utilizzati da Gladio almeno dal 1980 in poi.
Ma a parte questo piccolo spiraglio di luce non si è riusciti ad andare oltre.
La struttura creata dopo lo scioglimento di Gladio rimane ancora un mistero non rientrante nel perimetro della declassificazione voluta da Mario Draghi.
I documenti sono stati mostrati anche all'ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, oggi senatore del Mov5Stelle. Leggendo le carte Scarpinato ha detto che "gli ultimi documenti ritrovati confermano che componenti nevralgiche dei Servizi hanno operato continuativamente nel tempo, anche dopo la fine del pericolo di un'invasione sovietica, non come istituzioni dello Stato legalitario, soggette al controllo democratico e al principio di responsabilità, ma come apparati del cosiddetto 'Deep State', ponendo in essere attività fuori controllo che, non essendo riconducibili allo Stato legale, non potevano avere la copertura del Segreto di Stato. Quel che sino ad oggi è venuto alla luce è, a mio parere, solo la punta dell'iceberg di un continente sommerso".

L'ombra del centro Gladio 'Scorpione' sull'attentato all'Addaura
C'è un capitolo della storia di Gladio che rimane ancora oggi oscuro: il centro 'Scorpione' (la Gladio siciliana), stanziato a Trapani, potrebbe aver avuto un ruolo, marginale o diretto, nel fallito attentato all'Addaura del 21 giugno 1989, consumato quando erano presenti Giovanni Falcone e i colleghi elvetici Carla Del Ponte e Claudio Lehmann, giunti a Palermo per una rogatoria sul riciclaggio dell’inchiesta “Pizza connection".
I giudici hanno individuato Salvatore Riina come mandante; Salvatore Biondino (suo braccio destro e sostituto del capo mandamento di San Lorenzo, all'epoca detenuto, Giacomo Giuseppe Gambino), Antonino Madonia (uomo d'onore della famiglia di Resuttana, in cui è ubicata l'Addaura, e figlio del capo dell'omonimo mandamento Francesco), Francesco Onorato (reggente della famiglia mafiosa di Partanna Mondello), Vincenzo Galatolo (rappresentate della famiglia dell'Acquasanta, rientrante nel mandamento di Resuttana) e Angelo Galatolo (figlio di Giuseppe e nipote di Vincenzo), quali esecutori del delitto di strage; Giovan Battista Ferrante (uomo d’onore di San Lorenzo) quale responsabile della detenzione e del porto dell’esplosivo.
Non è la prima volta che il nome di Trapani viene associato, nei processi, a massonerie deviate, servizi segreti (infedeli) e mafie. Basti pensare alla sentenza di condanna per i boss che nel 1988 avevano ucciso il giornalista Mauro Rostagno, in cui era emerso un rapporto riservatissimo del Sisde del 1991, nel quale si dice che i dirigenti del centro Scorpione incontravano elementi di spicco di alcune famiglie mafiose.


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Seconda pagina del documento del Sismi


Inoltre sempre in quella provincia nel 1993 era stato scoperto nella villa di un carabiniere un deposito enorme di armi da guerra e di esplosivo di cui non si è mai capito l’origine e che molti ritengono essere uno degli arsenali utilizzati dalla struttura Gladio o da una struttura similare.
Ricordiamo che lo stesso Falcone stava indagando su Gladio nel 1989, cioè ben prima che ne fosse stata rivelata l'esistenza al grande pubblico.
Falcone dopo l'attentato all'Addaura aveva parlato per la prima volta di 'menti raffinatissime'. Su questo punto Scarpinato ha aggiunto un ulteriore elemento: "A proposito dell'attentato all'Addaura del 21 giugno 1989 nel corso del processo per l'omicidio Rostagno è stato acquisito un documento segretissimo del 10 giugno 1989 destinato ad essere distrutto, ma di cui qualcuno aveva conservato significativamente una copia per sé, nel quale si davano istruzioni per una operazione riconducibile a Gladio con l'utilizzo di mezzi del Centro Scorpione che doveva svolgersi proprio nell'area ove era ubicato il villino abitato da Falcone".
Oltre al documento del 10 giugno 1989 ne era stato visionato un secondo, datato 24 giugno 1989. Nel primo (a distruzione immediata) si autorizzava l’inizio di un’esercitazione denominata “Domus Aurea”, la quale doveva svolgersi nella località di Torre del Rotolo, un luogo vicino all’Addaura e vicino alla villa di Giovanni Falcone.
L'attentato all'Addaura ci sarà appena tre giorni dopo.
Il secondo documento, invece, si colloca tre giorni dopo il fallito attentato, e indica nella stessa area il recupero del materiale utilizzato nell’esercitazione “Demage Prince”, nello specifico si parla di tute da sub e “relativo materiale esplodente eventualmente in avanzo da esercitazione”.
Sul quotidiano “Il Giornale” era stato specificato che tra il primo ed il secondo documento il nome dell’esercitazione cambia: prima è "Domus Aurea", poi "Demage Prince".
Dagli archivi declassificati di Gladio spunta oggi un'ulteriore informazione che sembrerebbe confermare ulteriormente la genuinità del messaggio sull'operazione Gladio davanti alla casa dell'Addaura di Giovanni Falcone: esattamente quel punto, Torre del Rotolo, era considerato una 'zona clandestina di sbarco' da utilizzare per operazioni riservate.
Falcone aveva intuito già come dietro a "Stay Behind" potesse celarsi altro, soprattutto per un curioso centro creato nel 1978 a Trapani, di certo non un punto nevralgico per una eventuale invasione sovietica.
"Giovanni Falcone - ha detto Scarpinato - negli ultimi anni della sua vita focalizzò la sua attenzione sul ruolo di Gladio e del Centro Scorpione di Trapani. Aveva maturato la convinzione che in alcuni delitti politici eccellenti si fosse realizzata una convergenza di interessi tra il sistema di potere mafioso ed entità esterne".
"Entità composte da 'menti raffinatissime' che, non a caso, erano entrate in campo contro di lui, affiancandosi alla mafia, con gli esposti anonimi del cosiddetto 'corvo' prodromici all'attentato all'Addaura, dopo che aveva imboccato la pista nera per l'omicidio Mattarella, che aveva significative proiezioni anche sulla strage di Bologna. Come risulta da brani dei suoi diari pubblicati, sulla base di ciò che io stesso vidi come diretto testimone le sue indagini su Gladio e sui delitti politici furono ostacolate dal procuratore capo del tempo, tanto che questo fu uno dei motivi determinanti che lo indussero a lasciare la Procura di Palermo accettando la proposta di Martelli, all'epoca ministro di Giustizia, di trasferirsi al ministero della Giustizia a Roma come direttore degli Affari penali". "Poco prima di essere ucciso, Falcone puntava a riprendere i fili di quella pista investigativa. L'ultima volta che lo vidi a Roma, nel confidarmi che era quasi certo di essere nominato Procuratore nazionale Antimafia, mi propose di tornare a lavorare con lui dicendomi che finalmente avremmo potuto svolgere le indagini che sino ad allora ci avevano impedito".

Fonte: TPI

Foto di copertina © Archivio Letizia Battaglia

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