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Cresce la bufera, non solo politica ma anche giudiziaria, sui componenti finora anonimi del gruppo musicale P38, band che rievoca le Brigate Rosse con riferimenti non poco espliciti nei brani e negli allestimenti sul palco, dopo le esibizioni delle scorse settimane. In corso gli accertamenti della Digos a Reggio Emilia, dove ora è indagato il presidente del circolo Arci che ha ospitato il concerto, esposti in Procura a Pescara per apologia di reato e all'orizzonte una denuncia dalla primogenita di Aldo Moro. Nello specifico a Reggio il presidente del circolo, Marco Vicini, ha ricevuto un avviso per istigazione a delinquere e martedì sarà interrogato. Ancora da identificare i membri del gruppo, che si esibiscono a volto coperto e ne risponderebbero in concorso con lui. "Intendo agire per vie legali. Qui non si tratta di libertà di pensiero, ma è istigazione al terrorismo. Mio padre, Aldo Moro, era il contrario di tutto ciò che c'è in quei testi, altrimenti sarebbe stato comprato come altri. Invece è stato ucciso" ha detto Maria Fida Moro, figlia primogenita dello statista democristiano ucciso dalle Br.

In un'intervista alla Gazzetta di Reggio, l'ex senatrice annuncia l'intenzione di affidarsi al suo legale per valutare gli estremi di una denuncia nei confronti dei P38. "Solo chi è passato per un dolore del genere può davvero capire cosa si prova e può capire che anche una canzone può avere esiti volgari e pericolosi - aggiunge Maria Fida Moro - Mio padre era una persona ad esempio che non era assolutamente attaccata al denaro, che non ha mai accettato regali e usava l'indennità parlamentare per far studiare i bambini poveri del sud. Di tutto questo ci si dimentica, spesso si dimenticano anche le persone aiutate, ora diventate adulte. Se fosse stato attaccato al denaro non sarebbe mai morto ammazzato. Invece era attaccato a solidi principi giuridici del fare il bene e non il male, sapendo che, ahimè, proprio facendo il bene sarebbe stato ammazzato. Purtroppo lo ha sempre saputo".

Foto © Imagoeconomica

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