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La Procura generale di Milano archivia il procedimento

C'è un punto ancora non chiarito nell'omicidio di Bruno Caccia (in foto), procuratore capo a Torino ucciso nel 1983 in un agguato sotto la sua abitazione per mano della ‘Ndrangheta con la partecipazione di più aggregati criminali in una convergenza di interessi. Si tratta dell'esistenza - e dell'identità - dell'“uomo col binocolo”, un individuo misterioso che, per conto della banda criminale, si occupò dei “servizi di osservazione” della casa del magistrato. La procura generale di Milano ha indagato sul conto di Tommaso De Pace, cognato di Domenico Belfiore (già condannato all'ergastolo in via definitiva come mandante), ma nei giorni scorsi ha chiesto l'archiviazione del procedimento. Nel 2019 un vicino di casa di Caccia ha ricordato agli inquirenti che, all'epoca, aveva notato due persone che, dal parapetto della strada che porta al Monte dei Cappuccini, guardavano verso l'abitazione del magistrato. Disse di avere scattato delle fotografie e di avere consegnato i negativi a un carabiniere della scorta. Il militare, però, è deceduto nel 2018, e i colleghi che svolgevano il servizio con lui testimoniarono già nel 1983 di non avere mai ricevuto rullini fotografici. Gli approfondimenti su De Pace sono stati svolti dopo l'intervento di un pentito, il quale riferì che una volta l'uomo si vantò così: "Io quando voglio scopro tutto. Chi guardava quello con il cagnolino?" (Caccia fu assassinato mentre portava il cane a passeggio - ndr) e nello stesso tempo "mimò un soggetto che guarda con il binocolo". Però "le dichiarazioni rese dal collaboratore - hanno concluso il procuratore generale Francesca Nanni e il sostituto pg Maria Pia Gualtieri - non hanno trovato riscontro nelle ulteriori indagini tecniche". La procura generale ha chiesto l'archiviazione anche di un altro procedimento, che riguardava Francesco D'Onofrio, sospettato di essere uno dei killer.

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