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Accusa di voto di scambio politico-mafioso derubricata a corruzione elettorale

A poco di una settimana dalla decisone del gip di Palermo Lirio Conti di tenere in carcere il candidato di Fratelli d'Italia, Francesco Lombardo (arrestato il 10 giugno durante la corsa per le Comunali) e il boss di “Corso dei Mille” Vincenzo Vella con l'accusa di scambio elettorale politico-mafioso, è arrivata la decisone del Tribunale del Riesame: scarcerati entrambi. I giudici, accogliendo i motivi subordinati proposti dagli avvocati Tommaso De Lisi (legale di Vella), Giovanni Rizzuti e Pasquale Contorno, hanno ritenuto che l'accusa contestata di voto di scambio politico - mafioso si potesse derubricare in corruzione elettorale. Nello specifico i difensori hanno obiettato alle tesi del pool coordinato dal procuratore aggiunto Paolo Guido, sostenendo l'insussistenza del voto di scambio politico-mafioso: il tribunale ha concordato sul fatto che l'offerta di voti non fosse stata fatta da Vella a favore di Lombardo, ma che fosse stato il candidato al Consiglio comunale a rivolgersi alla famiglia di sangue del boss ("Voialtri siete una sassulata", nel senso di numerosi) per ottenere consensi. Da qui la derubricazione del reato. Dopo essere tornato in libertà, per Vella è stato ripristinato l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, mentre l'ex candidato è stato scarcerato senza limitazioni.

Le intercettazioni
La stessa sorte di Lombardo era toccata anche a Pietro Polizzi, candidato di Forza Italia alle amministrative di Palermo 2022, anche lui arrestato a poche ore dal voto sempre con l'accusa di scambio elettorale politico-mafioso.
Con lui era stato arrestato anche il costruttore mafioso Agostino Sansone. Per lui il riesame, invece, accogliendo la richiesta della procura, ha rigettato l'istanza di scarcerazione presentata dai suoi legali, decretando che il boss doveva rimanere in carcere. Polizzi avrebbe chiesto aiuto elettorale a Sansone e in cambio si sarebbe messo a sua disposizione. Agli atti dell'inchiesta sono finite le intercettazioni delle conversazioni tra l'aspirante consigliere e il costruttore mafioso.
Anche Lombardo e Vella erano stati intercettati dagli inquirenti.
Era il 28 maggio quando in una bancarella di frutta e verdura in corso dei Mille il geometra Francesco Lombardo aveva incontrato Vincenzo Vella, boss di Brancaccio, scarcerato per una questione procedurale. “Me li raccogliete una ventina di voti?”, aveva chiesto al suo interlocutore senza mezzi termini. “Penso di sì”, aveva risposto il boss Vella senza esitazione. “Non mi sono messo sempre a disposizione con voialtri a prescindere della politica?”, aveva detto il candidato di Fratelli d’Italia con riverenza.
E il candidato, ignaro di essere intercettato, aveva interloquito con Vella in maniera spontanea. I poliziotti della squadra mobile stavano tenendo sotto osservazione il boss da quando, l’anno scorso, era tornato libero nonostante una condanna a 20 anni in primo grado.

I dialoghi col boss
Qualche voto qua lo prendiamo?”; “Tu personalmente sì”. Era iniziata così. “A me non interessa”, aveva risposto Lombardo. “Sale, prima sale e poi vediamo”, aveva detto il boss alludendo ad un ulteriore candidato (o più) che si era fatto avanti. Cercando di tranquillizzarlo Vella: “Quelli nostri tutti li prendi”, aveva detto a Lombardo confermando la sua futura disponibilità per eventuali bisogni: “Se salgo io…io sono in commissione urbanistica, all’urbanistica...Sono all’edilizia privata, hai capito che appena qua c’è un problema io…e tu mi chiami”. Ed ecco il primo sigillo: “Sì, il suolo pubblico te lo puoi sbrigare?”, rispose il boss parlando del suo chiosco.
Il candidato continuava: “Un voto, Enzo. E poi non vi disturbo più. Un voto è importante perché con un voto s’acchiana (si viene eletti, ndr), con un voto si scinni (si perde, ndr)... raccogliere venti voti significa cento voti... perché si contano ad uno ad uno. Si contano”. I voti erano il tema cruciale dell’incontro. “Ce ne vogliono da mille e trecento a mille e quattro... stiamo lavorando al mercato”, aveva spiegato Lombardo. Ma per il boss non c’erano dubbi: “Li prendi”. La conversazione tra i due proseguì ancora un po’ analizzando l’andamento della campagna elettorale di Lombardo. “Mi stanno aiutando in tutte le zone di Palermo, tu lo sai... Ovunque, allo Zen”. E ancora: “Se non me lo merito non mi aiutate... che poi è interesse pure vostro”. L’ultima conversazione è del boss Vincenzo Vella che lo aveva rasserenato: “Problemi non ce ne sono”. Ma si sbagliava. Perché dopo quasi due settimane, i problemi hanno bussato alla porta del candidato di Fdi con l’arresto eseguito dagli agenti della sezione criminalizzata della Mobile. E la sua corsa alle elezioni per le Comunali del 2022 era finita.

Le richieste al Gip
Secondo il procuratore aggiunto Paolo Guido e i sostituti Bruno Brucoli e Francesca Mazzocco, i contenuti dei dialoghi erano evidenti: “Sussistono urgentissime esigenze di tutela di beni primari in ragione della prossima competizione elettorale del 12 giugno: in assenza di adeguate misure cautelari l’esercizio del diritto-dovere di voto di una estesa parte dell’elettorato diverrebbe merce di scambio da assoggettare al condizionamento e all’intimidazione del potere mafioso e dunque sottratto al principio democratico”, aveva detto la Procura di Palermo motivando al gip la richiesta di arresto di Francesco Lombardo e di Vincenzo Vella.
Ormai è chiaro a tutti che a Palermo c’è una certa politica. E anche se il reato è stato derubricato ciò che é stato detto, rimane.

Foto © Pietro Calligaris

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