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Il procuratore aggiunto alla presentazione del libro di Attilio Bolzoni a Catania

Nel cuore di Catania, nel suggestivo scenario della libreria Cavallotto, al secondo piano, il pensiero è incisivo: delegare alla magistratura la lotta al sistema mafioso e la risoluzione dei problemi sociali è la strada più facile per non concludere nulla. Questa riflessione, seppur ovvia, trova spazio e risonanza in un contesto che evoca la cultura e la storia di una città che affronta - e affronterà - sfide profonde.

Per chi fa il mestiere del giornalista da molti anni come Attilio Bolzoni queste parole non sono certamente nuove. È il secondo incontro per la presentazione del suo libro "Controvento. Racconti di frontiera" (ed. Zolfo); accanto a lui il procuratore aggiunto di Catania Sebastiano Ardita, a moderare invece il presidente dell’Ass. “Memoria e Futuro”, Adriana Laudani, e il giornalista Antonio Ortoleva.

A Palermo si era parlato di libertà dell'informazione, a Catania di quanto l'informazione dia libertà.


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Sebastiano Ardita, procuratore aggiunto di Catania



Un pensiero forte è stato rivolto ai giovani, i primi ad essere chiamati alla vita sociale senza delegare totalmente ai pubblici poteri la realizzazione delle loro aspettative: “Non condivido è la richiesta di aiuto fatta da chi è ancora giovane ad altri affinché risolvano” i problemi, ha detto Ardita. "Credo che ci sia veramente in questa città una prateria di impegno personale, di impegno sociale, di impegno politico, per la civis, per la società, per la polis, nel quale dobbiamo sentirci coinvolti tutti", soprattutto i giovani, i quali dovrebbero "svolgere qui l'esperienza professionale" e rifiutare ad inseguire "bassi e piccoli bisogni".

Un fattore decisivo lo gioca la comunicazione: "I cittadini devono essere informati su quello che è lo stato della criminalità e degli sforzi che vengono fatti per contrastarla" ha detto il magistrato aggiungendo che "esiste una narrazione analitica di quello che accade" ed "esiste un bisogno di comprensione di quello che accade. La comunicazione, al di là degli eccessi, sappiamo bene quanto peso può avere in una società in cui vengono meno i valori e gli ideali di attivismo da parte dei pubblici poteri". "Ma - ha continuato - questa comunicazione diventa ancora più importante quando si raccontano fatti complessi. C'è bisogno di una narrazione su un piano orizzontale. Le persone devono capire in semplicità ciò che è accaduto" perché "se vogliamo capire il rapporto che c'è tra l'élite della criminalità ed il potere, non è null'altro che questo è la mafia, dobbiamo comprendere anche come si articola questo rapporto e quali condizionamenti può avere avuto".


controvento zolfo vert

È da questa esigenza di capire che nasce la necessità di raccontare i fatti per come sono accaduti, senza ideologie o condizionamenti.

Bolzoni, "un giornalista scomodo al potere", ha raccontato nel suo libro un pezzo importante della storia italiana, del Medioriente, del Messico, soprattutto nei luoghi dove si spara e dove la convivenza civile è a rischio. Al centro del suo racconto vi è anche la Sicilia e le sue grandi contraddizioni, come il caso del Sistema Montante (di cui oggi molte delle accuse sono a rischio prescrizione), l'arresto "miracoloso" di Salvatore Riina o di Matteo Messina Denaro (molto più "soft"). Tra le righe del libro emergono gli aspetti più adombrati della Trinacria e non solo. Si tratta di verità scomode, che non piacciono ai grandi baroni di palazzo. Temi, come ha ribadito Ardita "che ci fanno soffrire ma che devono essere affrontati, perché se non lo facciamo noi non lo fa nessuno, e questo serve alla collettività".

Ma come questa collettività guarda lo Stato? Cosa pensano le persone non agiate dei rappresentanti delle istituzioni?

Sono domande che solo in apparenza non c'entrano con la lotta alle organizzazioni mafiose e ai loro 'compagnon' della politica, ma invero ne rappresentano una parte fondamentale. Noi, ha ribadito il magistrato catanese, "abbiamo il dovere, essendo la parte fortunata della città, di ragionare su quella che è la condizione di queste persone: prima ancora di ragionare su quello che la politica deve fare. Perché altrimenti si finisce per suonare una musica che non viene ascoltata. Cosa ci sta nella testa delle persone che vivono la realtà del disagio? E che magari sono cresciute avendo il papà in carcere, la mamma che tirava a campare e con nove fratelli che poi venivano arrestati?


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Il giornalista Attilio Bolzoni


Queste domande dobbiamo porci, altrimenti la soluzione non verrà. Noi parliamo giustamente di diritti, ma i diritti, prima ancora di essere esercitati, devono essere conosciuti", ha detto Ardita sottolineando che "bisogna partire dai bisogni, trovando una soluzione per i più urgenti. Altrimenti noi parliamo una lingua che non viene compresa".

E poi ancora: "Quando interrogo qualcuno che ha commesso decine di delitti e quindi ha un'altra prospettiva che è capovolta rispetto a quella che può essere la nostra, di persona pubblica, mi devo chiedere nella mia testa, ma questo che pensa di me? Come guarda, con gli occhi di chi sta dall'altra parte, chi rappresenta lo Stato? Questa è la domanda che dobbiamo porci, altrimenti noi non riusciremo a sfondarlo questo muro".

Un muro che ormai è alto a Catania ma che qualcuno cerca ancora di sfondare: come ad esempio l'Associazione Antiracket, 'Città Insieme' o lo storico giornale fondato da Giuseppe Fava 'I Siciliani'. Realtà che mai dovranno passare in secondo piano.

Occorre riprendere un "rapporto con la città": questo compito "c'è lo abbiamo noi più degli altri, noi che abbiamo studiato, che abbiamo una migliore condizione di benessere economico", che abbiamo avuto l'opportunità di "avere quello che altri non hanno avuto".

Foto © ACFB

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