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Il fondatore di Libera, Don Ciotti: “Serve cambiamento anagrafico per le donne che si ribellano ai clan”

Violenza, soprusi, botte, ricatti e minacce. E’ questo l’incubo vissuto da moltissime donne, soprattutto mamme, fuggite dai loro mariti e compagni mafiosi coi propri figli per entrare nel Programma “Liberi di scegliere” di Libera Don Luigi Ciotti. La giornalista Maria Grazia Mazzola le ha incontrate e ha raccontato la loro storia nell’ultimo speciale di TV7, andato in onda su RaiUno. Queste donne - dal proprio rifugio segreto - a volto coperto perché braccate dai loro vecchi compagni e gregari, si sono raccontate alla giornalista e hanno raccontato l’orrore di una vita vissuta tra le catene del patriarcato e della mafia. Catene che solo grazie al proprio coraggio e a programmi audaci come quello di Libera, sono riuscite a spezzare mettendo in salvo le loro vite e quelle dei loro bambini e bambine. Ma non basta. Ora chiedono una nuova identità che permetta loro di vivere più serenamente senza doversi rinchiudere per paura di incontrare la morte fuori casa. “Hanno bisogno di avere un cambiamento anagrafico, per andare a scuola, a lavoro, alcune si devono spostare continuamente”, afferma Don Ciotti.
Inizio a ribellarmi quando capisco che volevano risucchiarmi nel loro mondo, gestire me e i miei figli. Mi picchiava, e porto ancora dei segni. Dovevo scrivergli per chiedergli il permesso di andare al bagno, arrivò a dire a mia figlia: Tu sei più p… di tua madre. Ammazzo anche te”. Sono i ricordi della violenza e ferocia subita da una giovane moglie di un boss mafioso intervistata da Maria Grazia Mazzola.
Un’altra racconta: “Mia figlia doveva essere la congiunzione con un’altra famiglia” ed è per questo che queste mamme trovano il coraggio di fuggire: “Per essere d’esempio ai propri figli, per dare loro un futuro di legalità, per salvarli, per l’amore viscerale che hanno per loro”.
Un pioniere di questa battaglia ai clan è stato il presidente del Tribunale per i minorenni di Catania, Roberto Di Bella: sulla proposta “togliamo la patria potestà ai mafiosi”. “Molti giovani accolti nel programma lavorano, molti sono andati all’università. Abbiamo avuto un bimbo di dieci anni testimone oculare di un duplice omicidio: aveva incubi, temeva di essere ucciso”.
In 11 anni - ricorda il presidente del Tribunale per i minorenni di Catania - il programma ha accolto 30 donne e 150 minori. Finanziato completamente dalla Conferenza Episcopale italiana con l’8xmille, ora ci sono interlocuzioni con il ministero di Giustizia”.

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