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Si sono chiuse definitivamente le porte dell'associazione Corda Fratres, circolo dalla storia lunga e controversa e con alcuni soci davvero imbarazzanti, fondata a Barcellona Pozzo di Gotto il 23 giugno del 1944, nel quale si sono incontrati rappresentanti del mondo politico, massonico deviato e anche mafioso.Della Fédération Internazionale des Etudiants Corda Fratres Consulat de Barcellona (questo il nome ufficiale).
È giusto premettere fin da subito che la maggior parte delle persone iscritte all’associazione non avevano nulla a che fare con determinati soggetti e con le loro condotte. Tuttavia nessuno può negare che tra i soci vi era, per esempio, Giuseppe Gullotti, boss di Cosa nostra arrestato nel 1995 e condannato per l’omicidio del giornalista Beppe Alfano, nonché fornitore, secondo Giovanni Brusca, del telecomando che servì all’“attentatuni” del 23 maggio 1992 in cui morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della sua scorta.
Altro socio dei Corda Fratres è stato Rosario Pio Cattafi, condannato in via definitiva il 17 maggio 2023 per concorso esterno in associazione mafiosa a 6 anni di reclusione, come anche sollecitato in udienza dal sostituto pg della Suprema Corte Assunta Cocomello.
Cattafi era stato arrestato nel 2012 nell'ambito dell'operazione 'Gotha 3' condotta dalla Dda di Messina e dai Carabinieri del Ros, con l'accusa di essere a capo della cosca di Barcellona Pozzo di Gotto.
Condannato a dodici anni di reclusione, per effetto della diminuzione del rito abbreviato, dal gup di Messina il 16 dicembre 2013, aveva ottenuto la riduzione della condanna a sette anni e l'esclusione dell'aggravante di capoclan dalla Corte d'Appello di Messina il 24 novembre 2015. L'uno marzo 2017 la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, accogliendo il ricorso del difensore di Cattafi, l'avvocato Salvatore Silvestro, aveva annullato la sentenza con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d'Appello di Reggio Calabria. La Corte reggina il 6 novembre 2021 aveva confermato la condanna di Cattafi con una motivazione che aveva sottolineato il suo importante ruolo di cerniera fra Cosa Nostra e il potere legale, rideterminando la pena in sei anni di reclusione.


cattafi pio rosario int iene


Socio onorario del circolo è stato anche Giuseppe Siracusano, generale dei carabinieri con il nome nelle liste della P2 e notoriamente legato al generale dell'Arma Mario Mori fin dal marzo 1978, allorché l’allora capitano Mori fu destinato, nell’immediatezza del sequestro di Aldo Moro, alla sezione antiterrorismo dell’Arma a Roma, trovandosi così subordinato all’allora colonnello Siracusano.
Siracusano, (tessera n. 1607 della P2), era stato indicato dalla relazione di minoranza dell’on. Massimo Teodori sulla superloggia atlantica come “fedelissimo di Gelli da antica data”. Tra i cordafratrini “onorari” pure il generale dell’Arma Sergio Siracusa (già direttore del Sismi ed ex comandante dell’Arma).
Stelle di prima grandezza del panorama politico-culturale nazionale i partecipanti ai convegni della Corda. Compreso il vicecapo Dap Francesco Di Maggio, relatore all’incontro su Principio di legalità e carcerazione preventiva, anno 1994. 

In lista compariva anche l'ex sostituto procuratore generale di Messina, Antonio Franco Cassata: nel 2013 Cassata si era dimesso anticipatamente dalla magistratura dopo essere stato condannato per il falso dossier contro il docente all’Università di Messina e dirigente locale dei Ds Adolfo Parmaliana, suicidatosi il 2 ottobre del 2008 dopo aver scritto che “la magistratura barcellonese/messinese vorrebbe mettermi alla gogna, vorrebbe umiliarmi, delegittimarmi, mi sta dando la caccia perché ho osato fare il mio dovere di cittadino denunciando il malaffare, la mafia, le connivenze, le coperture e le complicità di rappresentanti dello Stato corrotti e deviati. Non posso consentire a questi soggetti di offendere la mia dignità di uomo, di padre, di marito, di servitore dello Stato e docente”.

Le parole del collaboratore di giustizia Carmelo D'Amico e l’omicidio di Attilio Manca
Il nome del circolo dei Corda Fratres è entrato anche nei verbali riguardanti le deposizioni del collaboratore di giustizia Carmelo D'Amico che il 13 ottobre 2015 aveva completato la sua narrazione di quanto a lui noto in merito alla morte di Attilio Manca, aggiungendo anche alcuni fatti appresi da Salvatore Rugolo, cognato dell’attuale capomafia di Barcellona Pozzo di Gotto, Giuseppe Gullotti, e figlio dell’ex capomafia barcellonese, Francesco 'Ciccio' Rugolo.
D’Amico spiegava come Rugolo avesse accusato Rosario Cattafi di aver avuto un ruolo nella vicenda dell’omicidio dell’urologo Attilio Manca, avendo indicato il medico al latitante Bernardo Provenzano, che necessitava di cure alla prostata: "Rugolo mi disse che ce l’aveva a morte con l’avvocato Saro Cattafi perché 'aveva fatto ammazzare' Attilio Manca, suo caro amico. In quell’occasione Rugolo mi disse che un soggetto non meglio precisato, un Generale dei Carabinieri, amico del Cattafi, vicino e collegato agli ambienti della 'Corda Fratres', aveva chiesto a Cattafi di mettere in contatto Provenzano, che aveva bisogno urgente di cure mediche alla prostata, con l’urologo Attilio Manca, cosa che Cattafi aveva fatto". Inoltre il 28 aprile 2015, davanti ai pm messinesi Angelo Cavallo e Vito Di Giorgio, aveva riferito ciò che aveva saputo da "Antonino Rotolo, noto esponente di Cosa Nostra palermitana, in un periodo di comune detenzione presso il carcere di Milano Opera.


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Attilio Manca


D'Amico spiegava come il Rotolo gli avesse confidato che Attilio Manca era stato ucciso dai Servizi segreti per coprire la latitanza di Bernardo Provenzano, della cui operazione alla prostata si era 'interessato' il Manca”: "Rotolo Antonino mi confidò che erano stati i 'Servizi segreti' ad individuare Attilio Manca come il medico che avrebbe dovuto curare il latitante Provenzano" aveva detto D'Amico. "Rotolo non mi disse chi fosse questo soggetto appartenente ai servizi ma io capii che si trattava della stessa persona indicatami dal Rugolo, ossia quel Generale dei Carabinieri che ho prima indicato; sicuramente era un soggetto delle istituzioni". "In quella circostanza Rotolo mi aggiunse che di quell'omicidio si era occupato, in particolare, un soggetto che egli definì 'u calabrisi'; costui, per come mi disse Rotolo, era un militare appartenente ai servizi segreti, effettivamente di origine calabrese, che era bravo a far apparire come suicidi quelli che erano a tutti gli effetti degli omicidi. Rotolo Antonino mi fece anche un altro nome coinvolto nell’omicidio di Attilio Manca, in particolare mi parlò del ‘Direttore del SISDE’, che egli chiamava 'U Diretturi'".
D'Amico, il 27 gennaio del 2016 nell’ambito delle indagini della Procura di Roma sulla morte di Attilio Manca, era stato interrogato dai pubblici ministeri romani e anche in quella occasione aveva parlato del circolo: "Avevo paura e specialmente a parlare della Corda Fratres perché la Corda Fratres per me... la Corda Fratres è una loggia massonica dalla facciata pulita, ci sono anche personaggi che non c’entrano assolutissimamente niente e ci sono persone che praticamente, invece, sanno tanto e hanno fatto parte di associazioni, hanno fatto parte, diciamo, attorno a questa loggia massonica girano tante figure molto potenti fra cui generali di carabinieri e tante altre e tante altre persone". E poi ancora: "C’entra la loggia massonica perché per quanto riguarda l’omicidio Manca c’è... fattore ricollegato".
Gli elementi raccolti dalla commissione parlamentare antimafia in merito all’omicidio di Attilio Manca, tra cui le dichiarazioni di Carmelo D’Amico, sono stati portati all’attenzione della Procura di Roma alla quale il legale della famiglia Manca, Fabio Repici, ha chiesto la riapertura delle indagini.
Indagini che se riaperte dovranno molto probabilmente vagliare chi frequentava quel circolo ora chiuso definitivamente.
Come ha ricordato in questi giorni Angela Manca, madre di Attilio, “nella vita tutto ha un inizio ed una fine”.

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