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L’Italia è la patria del diritto, le leggi italiane reggono un sistema penale che qualche stato ci invidia, qualche altro pensa che i nostri codici siano ancora siano intrisi di fascismo. Il problema nel nostro caso riguarda sempre lei, la “zza Silvana”, quella che una volta il Procuratore Caselli definì “la donna più potente di Palermo. Altro che Totò Reina!
Ieri era stata diffusa sui social la notizia che la Corte di Cassazione, alla quale la Saguto aveva fatto ricorso nei confronti della sentenza che l’aveva condannato a otto anni e spiccioli, aveva disposto una riduzione di pena, e aveva rinviato tutto al tribunale di Caltanissetta per un appello bis. Tutti hanno scritto, anche noi, che nell’attesa della nuova sentenza la Saguto e la sua banda avrebbero continuato a vivere da liberi cittadini. Oggi il Procuratore generale di Caltanissetta, Gaetano Bono, ha rimesso tutto in discussione, disponendo l’arresto immediato della Saguto e di altri tre componenti della sua banda, tra i quali Cappellano Seminara. La motivazione è semplice e stupisce come nessuno ci aveva pensato, neanche i magistrati della Cassazione, che avrebbero potuto scriverla in sentenza: la Saguto viene assicurata alle patrie galere perché la Corte di Cassazione il 19 ottobre ha disposto l’annullamento di alcuni reati, ma ha confermato l’irrevocabilità della sentenza in ordine ai reati per i quali è stata condannata. La sentenza del giudice, con l’ordine di esecuzione per la carcerazione riporta i reati per i quali la corte non ha richiesto lo sconto e valuta in sette anni, dieci mesi e 15 giorni la pena da scontare.
Però nessuno creda che nel frattempo la zza Slvana, difesa dall’avvocato Nino Reina, se ne sia stata con le mani in mano: la sua mente è diabolica: si pensi che, in attesa del sequestro dei suoi conti correnti, li ha svuotasti facendovi trovare solo tredici euro. Questa volta, quindici giorni fa, in attesa della sentenza, per precauzione si è fatta ricoverare, e ha presentato una documentazione medica nella quale si asserisce l’incompatibilità con il regime carcerario. Capito? La malattia di cui è affetta non le consente di stare in prigione. Considerato che a Bernardo Provenzano e a Matteo Messina Denaro, malgrado le loro malattie gravi questo privilegio non è stato concesso, si deve pensare che la povera zza Silvana è talmente ammalata che, se va in carcere si ammalerà di più. Che tipo di malattia abbia cercheremo di saperlo nei prossimi giorni.
Il Procuratore Bono, che ha masticato la foglia, ha disposto che tutta la documentazione medica sarà trasmessa senza ritardo alla Magistratura di Sorveglianza competente, che verificherà le valutazioni del caso. La sentenza ha una nota finale nella quale si scrive che, considerato che la signora Saguto nel corso della sua carriera professionale si è occupata di numerosi procedimenti di mafia, si chiede di assegnare la predetta a un istituto di detenzione che garantisca idonee misure di sicurezza. Come dire, togliamola dalle grinfie di chi vorrebbe farle pagare le sue carognate e mettiamola in un posto sicuro, magari dotato di un frigobar, televisione e computer. E, per evitare problemi di possibili ritorsioni in carcere, Cappellano Seminara si è consegnato in un carcere lontano dalla Sicilia. Tutto sommato l’attesa di giustizia che Bertold Brecht metteva in bocca a un oscuro mugnaio, “Ci sarà pure un giudice a Berlino”, si può dire soddisfatta: c’è un giudice a Caltanissetta!

Tratto da: ilcompagno.it

Foto © Imagoeconomica

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