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L’intervista del presidente Calleri sulle conclusioni della Commissione Antimafia sull’attentato: “Occorre indagare in ogni direzione”

Il coinvolgimento di fattori esterni alla mafia nell’attentato dei Georgofili è una pista che resta aperta”, a dirlo è Salvatore Calleri, presidente della Fondazione Caponnetto. Calleri ha rilasciato un’intervista a Il Tirreno riguardo la relazione finale della Commissione antimafia pubblicata circa una settimana fa nella quale si ipotizza il coinvolgimento di personaggi esterni a Cosa nostra nella strage dei Georgofili di Firenze. Secondo Calleri bisogna continuare a indagare rispetto al passaggio riportato dalla commissione che parla di un’organizzazione terroristica parallela a Cosa nostra coinvolta nell’attentato. “Quando si fanno determinati attentati solitamente ci troviamo di fronte a delle convergenze tra gruppi diversi”, ha sottolineato. “Quello è stato un periodo molto brutto, un periodo che si può definire terroristico-mafioso. Lo dico perché ci sono state varie stragi, prima in Sicilia e poi in Italia tra cui Firenze, e non dobbiamo dimenticare che quello è stato un momento molto buio, anche di sconvolgimenti politici. Sta finendo la prima Repubblica, inizia la seconda”, ha ricordato Calleri. “E’ un periodo complicato da un punto di vista anche strettamente politico. E quando avvengono attentati di questo tipo è difficile che sia un solo gruppo che li vuole fare. Solitamente c’è un consenso attorno a questo tipo di attentati, anche di altri gruppi”. Alla domanda se a “interagire” con Cosa nostra siano stati gruppi come la Falange Armata o Gladio, il presidente dell’associazione ha risposto “che occorre indagare in ogni direzione, a 360 gradi”.
Nella relazione si ricorda una testimonianza che parla di una donna con capelli a caschetto neri sul luogo della strage, nei momenti precedenti alla deflagrazione, la notte del 26 maggio 1993. Secondo Calleri “le convergenze possono essere sia nella fase decisionale che nella fase operativa finale, quindi da un punto di vista teorico è possibile. Tutto deve essere approfondito, ogni spunto interessante, perché siamo in un campo minato. Poi sta a chi indaga valutare, dopo aver approfondito, se si tratta di una pista che porta da qualche parte oppure no”.
Sempre riguardo alle conclusioni della Commissione Antimafia si parla di una “superstruttura criminale eterodiretta” che avrebbe per così dire “sigillato” certe operazioni della mafia.
Se c’è la convergenza è ovvio che c’è qualcos’altro oltre alla convergenza, qualcuno che prendeva delle decisioni”, ha risposto. “È una logica conseguenza. Se c’è una convergenza deve esserci anche un accordo preventivo tra i gruppi. E come abbiamo detto la Dia è stata la prima a dire che c’era una convergenza. Le stragi del 1993 sono molto strane. Non dobbiamo scordarci che è il periodo storico della trattativa, e non dobbiamo dimenticarci che è il periodo della mancata strage dell’Olimpico, dove doveva saltare in aria un pullman dei carabinieri”.
L’intervista si chiude trattando il tema della situazione dell’infiltrazione mafiosa in Toscana.
Il territorio toscano fiorentino purtroppo ha mostrato di non avere gli anticorpi contro la mafia”, ha affermato Calleri. “È una regione complessivamente sana ma senza anticorpi. Lo abbiamo visto nel recente caso Keu. Noi abbiamo la necessità di formare la classe dirigente italiana, europea e toscana, che non sa neppure riconoscere i mafiosi. Il caso Keu dimostra questo. Ci sono soggetti contigui a Camorra e ’Ndrangheta che la politica non legge, non è in grado di riconoscere, e questo è un problema. E la mia domanda è, non è che qualcuno non li vuole riconoscere? Se così fosse sarebbe più grave”, ha concluso.

Foto © Imagoeconomica

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