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È del 7 febbraio scorso la notizia dell’arresto in Ecuador di 15 persone, nel contesto di un’operazione antidroga congiunta con le autorità spagnole, componenti di un’organizzazione guidata da un albanese che dal 2021 avrebbe trasferito dal porto di Guayaquil grandi quantitativi di cocaina a vari paesi europei tra cui Belgio, Paesi Bassi e Spagna.
Due giorni prima, 68 albanesi e due italiani arrestati al termine di una indagine coordinata dalla DDA di Firenze per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (una stima di 50kg smerciati ogni mese) ed il sequestro preventivo di 5 milioni di euro per il riciclaggio dei proventi illeciti.
A distanza di poco più di un mese, agenti della Polizia di Stato di Sondrio, eseguono 12 misure cautelari a Livigno, Torino e Rimini nei confronti di un gruppo criminale che, composto in prevalenza da albanesi residenti a Livigno ed in contatto con un latitante della mafia di Scutari, gestiva un fiorente commercio di cocaina.
Due giorni prima, i poliziotti di Milano arrestavano un corriere albanese che, a bordo del suo Suv, trasportava un sacco di plastica con circa 8kg di eroina mentre altri 2kg venivano sequestrati nella sua abitazione.
Sono soltanto alcuni degli episodi più recenti che confermano ancora una volta come i gruppi criminali albanesi “costituiscono una vera e propria realtà criminale, sia quali fornitori di materia prima, sia nella veste di corrieri e spacciatori, essendosi radicati in diversi paesi dell’Europa e avendo instaurato rapporti stabili con i trafficanti di droga in ogni parte del globo” (rel. DIA 2023).
Nel 2022, nelle operazioni per contrastare il mercato della cocaina (relazione annuale DCSA), sul totale di 4.394 stranieri denunciati all’autorità giudiziaria le nazionalità maggiormente ricorrenti nel traffico di questa sostanza sono state quella albanese (1.200), marocchina (1.146), tunisina (629) e nel 2023, secondo dati ufficosi e non consolidati, gli albanesi sono sempre in testa come trafficanti di cocaina.
Già 25 anni fa la DCSA sottolineava con preoccupazione la pericolosità della criminalità albanese “destinata ad acquisire un peso sempre maggiore non solo nel traffico degli stupefacenti, ma anche in quello di armi e dello sfruttamento della prostituzione” aggiungendo che “i gruppi criminali albanesi tenteranno, in un futuro prossimo, di spodestare i gruppi criminali operanti in Italia e pervenire ad un assetto di dominio del territorio” (DCSA, “Traffico internazionale di stupefacenti ad opera di gruppi albanesi presenti in Italia”, 9 aprile 1999).
È un dato di fatto che oggi “i sodalizi albanesi sono quelli che, più di altri, hanno saputo radicarsi nel territorio, ramificarsi in diverse Regioni e interagire, più di ogni altra organizzazione con quelle autoctone nel traffico di stupefacenti” (rel.DIA, cit.).
I componenti dei gruppi criminali albanesi, come noto, appartengono, di norma, allo stesso nucleo familiare e ciò rende l’organizzazione albanese simile alla mafia calabrese. L’antico codice del Kanun che disciplinava i rapporti tra i clan familiari, l’onore e la vendetta, matrimoni, casa e lavoro, ha sempre una funzione insostituibile e “fornisce la copertura morale, giustifica azioni altrimenti difficilmente giustificabili” (cfr. Mafie straniere in Italia di Enzo Ciconte, Edizioni Commercio, 2003).
I rapporti della criminalità albanese con quella italiana si sono rafforzati e diversificati nel tempo anche se il traffico della droga, in particolare della marijuana, è sempre il settore privilegiato (in Albania ci sono almeno una cinquantina di zone dove si coltiva la cannabis).
Compagini, quelle albanesi, “molto pericolose e agguerrite” (rel. DIA, cit.) contro le quali in Albania è stata istituita una struttura speciale (SPAK) contro il crimine organizzato che comprende anche la Procura Speciale.

Tratto da: liberainformazione.org

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