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Pietro Orlandi: “Vaticano ha paura della commissione parlamentare e scarica le responsabilità. Molte carogne vicino al Papa”

Non esiste stupro. Si tratta di un fatto che risale al ‘78 quando io lavoravo con mio zio. Mi fece delle semplici avances verbali, ma quando ha capito che non ero corrisposta, è finito tutto. I primi giorni mi sono sentita scossa e, dopo aver raccontato l’episodio al mio fidanzato, il mio attuale marito, mi sono confidata anche con il sacerdote e padre spirituale”. Lo ha ribadito Natalina Orlandi durante la conferenza stampa che si è tenuta ieri presso la sede dell’Associazione della Stampa Estera in Italia, per spiegare come una vicenda personale avvenuta più di 40 anni fa, diventata di pubblico dominio con il servizio trasmesso dal Tg La7, in realtà non rappresenti la chiave che potrebbe decifrare i misteri relativi al caso di sua sorella Emanuela Orlandi, scomparsa all’età di 15 anni il 22 giugno 1983. Infatti, il servizio trasmesso dal Tg diretto dal giornalista Enrico Mentana, il quale ha parlato di una “pista” che potrebbe risolvere il caso Orlandi, in realtà riguarderebbe una corrispondenza avvenuta tra l’allora segretario di Stato Vaticano, il cardinale Agostino Casaroli, e il sacerdote a cui Natalina Orlandi avrebbe confessato il disagio provato a causa delle avances ricevute da suo zio, Mario Meneguzzi, il marito ormai deceduto di Lucia Orlandi, zia paterna della ragazza scomparsa. “Io questa cosa la tenni per me - ha sottolineato la sorella della 15enne scomparsa 40 anni fa - poi nel 1983 mi hanno chiamata per rispondere alle domande del prefetto Domenico Sica, un interrogatorio dove sono stata trattata come se fossi colpevole perché reticente. Mi hanno chiesto se questo episodio avvenuto nel ‘78 era vero e io ho confermato. Con il passare del tempo ho ritenuto quell’episodio uno scivolone commesso da un 50enne. Ad ogni modo - ha ribadito la sorella di Emanuela - mi fa ridere che parlino di scoop, visto che erano cose che sapevano tutti, anche in procura. Hanno investigato e la faccenda è finita lì perché non hanno riscontrato nulla. Adesso sento dire che questo è lo scoop del momento, la storia eclatante che risolverà il caso. Vi sfido: risolvete il caso.” - prosegue - “Dopo questo episodio, tutto è finito lì e le nostre famiglie hanno continuato a convivere come se nulla fosse. Non sapevano nulla. Questa faccenda uscita ieri sera me la ero tenuta per me, infatti, ha turbato una moglie 90enne e i suoi figli, nonché miei cugini a cui sono molto legata”.

Le considerazioni di Pietro Orlandi
Durante la conferenza stampa è intervenuto anche Pietro Orlandi: “Quando ho ascoltato Mentana e le falsità che sono state raccontate e presentate come scoop, ho pensato subito: ‘ma che carogne’. Ho visto immediatamente il tentativo del Vaticano di scaricare ogni responsabilità, addirittura sulla famiglia”. Orlandi ha proseguito spiegando come la direzione intrapresa dal Vaticano sia sbagliata in partenza. “Un sacerdote che riceve un pensiero durante la confessione è tenuto al segreto e non può comunicarlo”. Invece, questo pensiero non solo è stato comunicato alla segreteria di Stato del Vaticano, ma anche alla procura di Roma. "Nel servizio del Tg hanno fatto vedere la foto di mio zio confrontata con il famoso identikit della persona che avrebbe fermato mia sorella Emanuela. Ma questa stessa comparazione smonta l’intera ipotesi. E’ stato già confermato all’epoca dei fatti che il giorno in cui è sparita mia sorella, mio zio era in vacanza con la sua famiglia in un posto lontanissimo da Roma. Un fatto già noto anche in Procura”. Inoltre, il fratello maggiore di Emanuela ha precisato anche che l’avvocato Gennaro Egidio è stato presentato alla famiglia Orlandi dai servizi segreti, “non da mio zio, com’è stato raccontato”. E ancora: “Il Vaticano ha detto di non conoscere l’avvocato Egidio, ma abbiamo scoperto che lavorava per loro e ha seguito anche la vicenda di Roberto Calvi a Londra”. In relazione all’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, suo fratello Pietro ha riconosciuto anche il coraggio e la volontà che Papa Francesco ha dimostrato nel voler andare avanti. “Il Santo Padre non si è reso conto delle carogne che ha intorno. Adesso ho capito che il procuratore Diddi lavora per arrivare ad una verità di comodo: quella uscita ieri sera. Qualcuno all’interno del Vaticano - ha proseguito - sta facendo di tutto per spostare l’attenzione sul caso di mia sorella dall’interno del Vaticano verso l’esterno”. Riguardo alla commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, votata all’unanimità alla Camera, il fratello di Emanuela ha sottolineato la necessità di andare avanti ad ogni costo. “Perché in Vaticano non vogliono questa commissione parlamentare? Si tratta di una commissione composta da quaranta persone tra deputati e senatori, i quali - ha spiegato - possono audire pubblicamente chiunque come fossero dei magistrati. Una circostanza difficile da ‘gestire’. Ecco perché in Vaticano non vogliono una commissione parlamentare. Io non mi sarei mai aspettato che potessero scendere così in basso”.

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