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Durante l’evento dedicato a tutte le donne vittime di violenza, è stata ricordata anche Rosanna Lisa Siciliano

Il 23 settembre del 1983, nel quartiere dell'Arenella a Palermo, moriva Lia Pipitone: non solo una vittima di femminicidio, ma anche di mafia. Figlia del boss dell'Arenella, Antonino Pipitone, la giovane venne uccisa perché ritenuta troppo ribelle per le rigide regole di Cosa nostra. Un temperamento forte e poco incline ai compromessi ha sempre spinto la giovane figlia del boss ad essere libera nelle sue scelte; dalla scuola alle amicizie, Pipitone ha sempre tracciato da sola la sua vita. Anche quando decise di scappare via con Gero Cordaro, un suo compagno di scuola, con il quale ha avuto un figlio, il piccolo Alessio. Purtroppo, è quando la storia d’amore con il suo compagno finisce che la vita della giovane viene interrotta dalla violenza sanguinaria di Cosa nostra. Dopo aver preso la decisione di andare a vivere da sola, la giovane viene vista per le strade di Palermo accompagnata da un altro ragazzo: una scelta troppo audace che le costò la vita. Così, durante una rapina inscenata per depistare le indagini, il 23 settembre 1983, Lia Pipitone viene uccisa all’uscita da una cabina telefonica a gettoni con diversi colpi di arma da fuoco. Alcuni pentiti hanno accusato suo padre, Antonino Pipitone, di aver dato l’ordine di procedere all’eliminazione di quella giovane mamma: troppo ribelle per essere la figlia di un boss di Cosa nostra vicino a Totò Riina e Bernardo Provenzano. Per il suo omicidio sono stati condannati a 30 anni di reclusione i boss Vincenzo Galatolo e Antonio Madonia, mentre il padre di Lia Pipitone è stato processato e assolto in via definitiva, prima di morire. Nelle motivazioni della sentenza di primo grado i giudici che hanno ricostruito il contesto di quel delitto hanno spiegato: “La presunta relazione extraconiugale della figlia del mafioso Pipitone, l’offesa all’onore ed al prestigio del padre si era tradotta, inevitabilmente, in una offesa all’onore ed al prestigio dell’intera articolazione mafiosa cui egli apparteneva. Da qui - hanno scritto i giudici - la decisione di uccidere Lia per lavare con il sangue l’affronto che, secondo le regole del codice mafioso, non poteva essere tollerato. Trattavasi, nella cultura mafiosa, di un fatto gravissimo, tra quelli che non potevano restare impuniti e che richiedevano una soluzione estrema”. 

Una panchina per Lia
Oggi, la città di Palermo ha deciso di riunirsi per installare una panchina rossa e piantare due alberi di “Jacaranda Mimosifolia”, simbolo di rinascita, per commemorare Pipitone a quarant’anni dalla sua tragica morte. L'evento, che si è svolto il 23 settembre alle 10, nella piazza di via Ammiraglio Rizzo angolo via Fileti, è stato organizzato dal Consiglio comunale insieme all’associazione Millecolori Onlus - Centro antiviolenza Lia Pipitone. Inoltre, l’evento è stato dedicato anche a Rosanna Lisa Siciliano, un'altra vittima di femminicidio a Palermo, uccisa il 7 febbraio 2012 dal marito carabiniere, in un alloggio di servizio della Caserma Le Falde dell'Arma dei Carabinieri. All’evento hanno partecipato anche i familiari delle due vittime: Alessio e Gero Cordaro, familiari di Lia Pipitone, e Noemi e Lussianna D'Alba, figlie di Rosanna Lisa Siciliano. “Attraverso le storie di Lia e di Rosanna Lisa - hanno sottolineato gli organizzatori dell’evento - si intendono scardinare gli stereotipi di una cultura patriarcale ancora oggi presente, per coltivare una cultura dell'antimafia e della non violenza, la cultura dell'ascolto e l'importanza ad accogliere sempre, in qualsiasi circostanza, il grido di tutte quelle donne che chiedono aiuto: da una parte la storia di Pipitone ci porta a riflettere su alcuni principi della cultura siciliana patriarcale dove la figura di un uomo, padre-padrone, decide sulle sorti di una donna, la propria figlia; dall'altra, la storia di Siciliano che, nonostante le violenze subite, trova la forza di denunciare, ma non viene ascoltata. La piazza, dove si svolgerà l'iniziativa, diventa il ‘simbolo’ di quel diritto alla parola e all'ascolto dovuto alle donne”. Diversi giorni fa, dopo gli ultimi casi di stupro e di femminicidio avvenuti in Italia, è intervenuto anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “La violenza contro le donne in Italia, in questi ultimi mesi, ha continuato a manifestarsi con numerosi casi di assassinio e di stupro. Questa intollerabile barbarie sociale - ha rimarcato il presidente della Repubblica - richiede un'azione più consapevole di severa prevenzione, concreta e costante. A questa si deve affiancare, nell'intera società, un impegno educativo e culturale contro mentalità distorte e una miserabile concezione dei rapporti tra donna e uomo”. 

Fonte: Ansa

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