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A ritenerlo è il Tribunale del Riesame di Palermo che ha confermato la custodia cautelare all’ex massone

Alfonso Tumbarello avrebbe “messo le sue competenze nel settore sanitario al servizio di Cosa Nostra”. A sostenerlo è il Tribunale del Riesame di Palermo che per tale ragione ha deciso di confermare la custodia cautelare in carcere per il professionista che curava Matteo Messina Denaro.
Secondo il Tribunale del Riesame di Palermo, il medico Alfonso Tumbarello avrebbe "messo l'esercizio della professione sanitaria al servizio del più ricercato latitante dell'associazione mafiosa, dimostrando la permeabilità all'agevolazione dell'interesse dell'intera Cosa Nostra e dei suoi esponenti più rappresentativi, così da perpetuarne l'operatività". Il Riesame ha depositato nella giornata di ieri, lunedì 3 aprile, le motivazioni del provvedimento col quale è stato confermato il carcere per il dottore che negli anni ha curato Matteo Messina Denaro, arrestato lo scorso 16 gennaio nei pressi della clinica privata La Maddalena di Palermo.
Tumbarello, ex massone del Goi, è accusato di falso e associazione mafiosa per aver curato per almeno due anni il boss che si nascondeva dietro il falso nome di Andrea Bonafede. Il medico prescriveva al capo di Cosa Nostra centinaia di ricette per esami e farmaci. Secondo le autorità, inoltre, il professionista conosceva il volto del vero Andrea Bonafede, l'uomo che aveva prestato l'identità a Matteo Messina Denaro permettendogli di vivere una vita quasi normale in Sicilia.
Secondo i giudici, Tumbarello era al centro di una rete di relazioni territoriali e sanitarie che avrebbero permesso al boss di continuare la sua latitanza per anni fino al 16 gennaio, quando Messina Denaro è stato fermato con un blitz dei Ros nei pressi della clinica privata nella quale continuava a seguire le terapie oncologiche. "In definitiva - si legge nella motivazione - Tumbarello si trova al centro di quel crogiuolo di relazioni territoriali e sanitarie, tutte da accertare, che hanno garantito le mistificazioni necessarie per assicurare nel tempo la latitanza del boss e che al contempo valgono a radicare il pericolo della ripetibilità di condotte simili in favore dell'associazione mafiosa". Per i magistrati, Tumbarello potrebbe "aver messo a disposizione di Cosa Nostra le sue conoscenze e competenze nell'ambito sanitario". Il boss avrebbe inoltre chiesto che il suo fascicolo sanitario elettronico venisse secretato.

Restano in cella vivandieri Messina Denaro
Intanto restano in carcere Lorena Lanceri e il marito Emanuele Bonafede, la coppia di "vivandieri" di Campobello di Mazara che, per mesi, ha ospitato a pranzo e cena nella propria abitazione il boss mafioso Matteo Messina Denaro. Entrambi sono accusati di favoreggiamento aggravato alla mafia e procurata inosservanza di pena. Il tribunale del riesame di Palermo ha rigettato l'istanza di scarcerazione presentata dai legali dei due indagati. Regge, dunque, davanti ai giudici, l'impianto accusatorio della procura di Palermo. Emanuele Bonafede è il fratello di Andrea, il cosiddetto postino di Matteo Messina Denaro, l'uomo che consegnava al boss le ricette mediche necessarie alle terapie a cui doveva sottoporsi ed è il cugino di un altro Andrea Bonafede, il geometra di Campobello che ha prestato l'identità all'ex primula rossa di cosa nostra. Il nonno di Andrea Bonafede inoltre era il padrino di Campobello, Leonardo, storico alleato dei Messina Denaro. Una famiglia al servizio dell'ex latitante, dunque, secondo gli investigatori. A incastrare i coniugi tra l'altro sono state le immagini delle telecamere di sorveglianza di un negozio che li immortalano mentre controllano la strada per dare il via libera al latitante e consentirgli di lasciare la loro abitazione indisturbato. I pm hanno scoperto inoltre che Messina Denaro, padrino di cresima del figlio della coppia, ha regalato al ragazzo un Rolex da oltre 6mila euro, gesto che proverebbe l'esistenza di un rapporto storico con i due. Secondo le indagini poi Lanceri sarebbe stata legata al boss da un rapporto sentimentale. Lo dimostrano i pizzini scoperti nei quali la donna, che dichiarava il suo amore al capomafia, usava il nome di Diletta per nascondere la sua identità. Lanceri, infine, veniva usata da Messina Denaro come tramite per le comunicazioni con altre persone: ad esempio con Laura Bonafede, la maestra, figlia del boss Leonardo Bonafede, che ha incontrato il padrino fino a pochi giorni prima del suo arresto. Lo provano le foto che li ritraggono insieme alla Coop del paese scoperte dai carabinieri.

Foto © Imagoeconomica

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