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d-ambrogio-2di Miriam Cuccu - 30 luglio 2014
Per la confraternita della Madonna del Carmelo era “un uomo così sensibile” tanto che “non poteva essere un mafioso”. Ma in realtà Alessandro D’Ambrogio, che della confraternita ne ha vestito anche la casacca, a Ballarò, quartiere palermitano del mandamento di Porta Nuova, faceva il bello e il cattivo tempo. E a distanza di un anno dal suo arresto continua a godere del rispetto e dell’ammirazione di molti. Così domenica pomeriggio, durante la processione - la notizia è stata diffusa da Repubblica - la statua della Madonna si inchina davanti all’agenzia di pompe funebri di proprietà del capomafia, ora detenuto al carcere di Novara al 41bis. Secondo gli inquirenti, era proprio qui che D’Ambrogio organizzava i suoi summit con l’entourage di Cosa nostra per riorganizzare i clan.

Immediata la risposta della Procura di Palermo e del sindaco: “Non ci sono al momento evidenze di reato specifiche – ha spiegato il procuratore Messineo - ma è certamente un fatto che merita un approfondimento. Ho già parlato con gli aggiunti e nelle prossime ore delegheremo alla Polizia giudiziaria delle verifiche". Al di là dei profili penali, ha continuato, si tratta di “un episodio inquietante”, che getta “una luce negativa sulla vita” dei quartieri del capoluogo siciliano. La dimostrazione secondo Messineo che "la subcultura mafiosa, nonostante le operazioni di polizia e carabinieri e i colpi inferti a Cosa nostra, sopravvive”.

Il sindaco Leoluca Orlando è ad ogni modo convinto di come “la mafia oggi non sia più al potere come lo era negli anni Ottanta". Il timore è però quello “che si crei un blocco sociale che mette insieme mafiosità, leggerezza, indifferenza e disagio sociale”, “del quale potrebbe servirsi per tentare di tornare al comando". L’aspetto più grave, ha proseguito, “è che permane una certa mafiosità di comportamento”. La mafiosità, ha spiegato il primo cittadino, “è la Zisa che si ferma per i funerali di un boss”, “è la Madonna che si inchina davanti alle pompe funebri della famiglia D'Ambrogio. Ma è anche la movida senza regole con gli abusivi che invadono le piazze del centro storico”, e lo sono anche “i posteggiatori abusivi”. Si tratta in sostanza di “arroganza, prepotenza, strafottenza. Un atteggiamento persistente di disprezzo delle regole, un terreno fertile che consente alla mafia di poter operare”.

E’ ancora fresco il ricordo di Oppido Mamertina, comune calabrese in cui a giugno la Vara con la statua della Madonna delle Grazie durante la processione si è inchinata vicino all'abitazione di Peppe Mazzagatti, il boss di 82 anni condannato all'ergastolo e ai domiciliari per motivi di salute. A testimoniare il fatto che, nonostante la presa di posizione di Papa Francesco a Cassano allo Jonio, dove ha lanciato un vero e proprio anatema (“La Chiesa deve dire di no alla ‘Ndrangheta. I mafiosi sono scomunicati”) certi legami tra mafia e religione sono duri a morire. “Non basta condannare il gesto ma occorre interrogarsi sul vuoto che permette, oggi, di far sì che la mafia sia riconosciuta tra le strade e tra la gente con un senso di sottomissione che dobbiamo contrastare con ogni forza”, ha detto il segretario Nazionale di Italia dei Valori Ignazio Messina.

Una vicenda, questa, che ha luogo proprio a ridosso del 31° anniversario della strage in cui fu ucciso il giudice Rocco Chinnici con i due carabinieri Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta e il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi. Secondo Claudio Fava, vicepresidente della Commissione antimafia, “il peggior modo per ricordarlo”. “Se si tratta di una sfida – ha commentato – è bene che la risposta dello Stato sia chiara e immediata nei confronti dei troppi silenziosi complici che Cosa Nostra ha arruolato in questi anni, anche tra chi veste i paramenti sacri”.

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Foto © La Repubblica

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